Recensione da

"IL MATTINO DI PADOVA"

articolo a cura di ALDO COMELLO

giovedì 10 novembre 2011

L’Arca del Santo la mappa del suo splendore

Lucio Pertoldi legge e racconta in un libro le meraviglie dell’opera e dei suoi autori

Il libro di Lucio Pertoldi: «La Cappella dell'Arca del Santo. Marmi antichi, storia e restauro», è nato da due anni di esperienza sul campo. Nel corso dei lavori che si sono svolti nel 2008 e nel 2009, realizzando una vera e propria resurrezione dell'opera estremamente complessa, estremamente ricca, un compendio dell'arte nuova rinascimentale, il giovane autore ha vissuto quotidianamente a contatto con il capolavoro, impegnato, in una situazione quasi di clausura, nel restauro.

Pertoldi incrocia lo studio storico, documentale, l'immersione nell'archivio Sartori e in quello dell'Arca con quello materico, di ciò che si vede e si tocca, componendo un'inedita mappatura dei marmi e delle pietre.

La lettura del libro consente la lettura del capolavoro, frutto di più saperi, di grandi artisti di diversa cultura: il primo dei nove miracoli marmorei è di Pietro Lombardo, datato 1505, l'ultimo di Girolamo Campagnola è del 1577, più di settant'anni dopo, tanto dura la gestazione del monumento. La realizzazione del progetto generale che lega insieme le diverse ispirazioni e la differente formazione degli artisti è attribuibile a Tullio Lombardo.

Quando Sansovino riceve la seconda commissione ha 50 anni e Tullio Lombardo è già morto da 6. I Lombardo sono di scuola veneziana, la formazione di Sansovino è tosco-romana.

L'altare è la ribalta di una scena teatrale, visibile anche nei dettagli dal loggiato a cinque campate affacciato sul transetto della basilica, quarta parete ideale, aperta platea da cui contemplare l'opera.

I nove miracoli sono il trionfo del marmo, marmo bianco di Carrara, simbolo di eternità e purezza, l'equivalente del giglio antoniano, un marmo chiamato bianco-gioia; ma altre pietre e altri marmi si incastonano tra archi, cornici e pennacchi: il marmo venato, il grigio, il pavonazzetto che vira dal viola al giallo, l'effetto coloristico è di estrema eleganza, una pittura di pietra. Nel Trecento la cappella che ora ospita il sepolcro di Antonio era interamente affrescata, dipinti di Stefano da Ferrara, di cui non resta traccia.

L'umidità ha resettato la pittura per via di un'ubicazione maledetta che ha, pian piano,intaccato anche il teatro di marmo dei 9 miracoli.

Al degrado della pietra ha contribuito il clamoroso successo della devozione antoniana: milioni di mani di pellegrini hanno accarezzato il sepolcro e le statue, milioni di candele si sono consumate spargendo fumo e fumo è uscito dai turiboli e la polvere si è impastata sulle superfici annerendole: macchie brune e gialle erano apparse sui corpi e sui panneggi, lo spettacolo era ingrigito, opacizzato dall'entropia.

Il restauro, durato due anni, ha fatto riscoprire il fulgore dell'arca e ha reso possibile la percezione di tre livelli di prospettiva in una profondità reale molto esigua, meno di 30 centimetri.

Il prodigioso «trompe l'oeil» è costituito dall'architettura del loggiato che ci porta all'altorilievo illusionistico dei miracoli in cui teste e corpi in primo piano aggettano e si dilatano come attraverso una lente di ingrandimento, mentre le figuree sullo sfondo sono appena segnate, quasi incisioni fatte a bulino. Il nuovo impianto di illuminazione a led riesce a creare ombre marcate e mobili come prodotte dalla luce delle candele.

Le scene dei miracoli emergono dalle architetture rappresentate sulle lunette bianche e niellate (scorci di città, il Salone, il Santo, una piazza con un cielo verde in marmo cipollino che sembra alludere ai Colli), le porte timpanate e più in alto le volte cassettonate collaborano allo sfondamento prospettico.

Poi c'è il gusto per l'ornamento, cesello, ricamo di pietra: due fregi, inferiore e superiore corrono per 90 metri: motivi floreali, racemi, leoni contrapposti, tritoni, uccelli, il montone alato che getta rami e foglie, putti, un'arpia che tiene due cavalli che spande fogliami.

Questi nastri ornamentali corrispondono ai capilettera, agli arabeschi di un codice miniato, splendidi complementi alla lettura del grande libro dei miracoli. Affascina, poi, la sfilata trionfale delle pietre: grandi specchiature in porfido rosso, il verde antico del marmo di Tessaglia, la pietra spartana o Serpentino; l'arca è di marmo verde africano, sontuoso e rarissimo.

L'altare di Tiziano Aspetti ospita anche i bronzi, ombre nere che circondano l'arca su un fondale di candido marmo: santi, angeli cerofori, ai due lati della scalinata che porta all'altare, imponenti come corazzieri, i due candelabri d'argento. Il soffitto è d'oro, opera del Falconetto, un pezzo di Paradiso.