Alla Marchesa di Barolo è legato anche l’aneddoto che spiega come la fama del vino sia giunta sino a Casa reale: Re Carlo Alberto avrebbe chiesto alla Marchesa perché “non gli avesse mai fatto gustare quel suo fa-moso vino del quale tanto aveva sentito parlare”, prodotto nelle tenute del Castello di Barolo, eletto a residenza di campagna per la villeggiatura della nobile famiglia. “Presto, molto presto” rispose Giulia, quasi sfidando il sovrano. Qualche giorno d opo i torinesi assistettero a una strana processione: videro passare per via Nizza a Torino e sfilare per le vie delle città una lunga fila di carri, ciascuno con la sua carrà di vino. I carri erano diretti a Palazzo Reale, sede della Corte, e furono fatti sfilare attraverso le vie centrali della città, attirandosi la curiosità di tutta la popolazione: forse il primo esempio di pubblicità del vino Barolo. I carri e le relative carrà erano trecentoventicinque, uno per ogni giorno dell’anno, sottratti i quaranta giorni di quaresima. Fu tanto l'entusiasmo del re che desiderò anch'egli possedere vigneti in terre così generose. E infatti la frequentazione della corte dei marchesi Falletti e la loro amicizia con le famiglie più nobili fu di enorme giovamento anche al vino che veniva prodotto sulle loro terre di Barolo. I Falletti lo regalavano ai Savoia, lo offrivano ai loro invitati, ne rifornivano gli amici. Fu la stessa marchesa Giulia a chiedere l'aiuto al Conte di Cavour, per poter approfittare della preziosa consulenza dell'enologo francese Oudart, che dal 1843 collaborava con il conte Camillo nella produzione del vino Barolo nelle cantine del castello di Grinzane. Infatti era stato proprio lui a tenere a battesimo quello che sarebbe diventato il futuro Barolo, vinificato secondo la metodologia alla francese, e cioè secco e pronto per essere invecchiato.
Il Castello di Barolo.
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