Massimo ha dato il meglio di sé in questo unico racconto, che condensa molte delle esperienze passate al mio fianco come "prode navigatore". Con tratto brioso ed accattivante ha saputo condensare in poche righe anni di episodi buffi ed agro-dolci. La speranza é che prenda ancora in mano la penna (o la tastiera) e prosegua con questo spirito la narrazione. In effetti in fondo alla pagina ha scritto "continua"....
Ne valeva le pena.
Ne valeva la pena?
E’ necessario porsi questa domanda dopo 4 lustri abbondanti dal primo rally? Dopo giorni (o meglio notti) interi trascorsi a consumare strade, unico compagno il pilota, uniche amiche le “pattas”, le arance, le “xama”, il rally-bag, niente cellulari, qualche vomitino quà e là e bile secreta non solo per il mal d’auto?
No, non è necessario porsi nessuna domanda.E’ ovvio che la risposta sia “sì, ne valeva, ECCOME, la pena”. Perché, se di pena si trattava, le gioie e le soddisfazioni sono state di gran lunga superiori.
Il problema, come sempre accade nel corso delle umane vicende, è che certe situazioni non si riescono a vivere con il sufficiente distacco necessario per potersele godere appieno. O per lo meno non sempre. Ecco il motivo per cui il rally si gode nelle sue pause. Prima o dopo ma difficilmente durante la competizione stessa.
Cadiamo pure nei luoghi comuni. Certe cose si possono fare ad una certa età. E forse, per quel che mi riguarda, è vero.
Ma stabilito che si tratta di una fantastica avventura (accidenti…. mi sono tradito…. non ho declinato il verbo al passato…) posso anche io cimentarmi in alcuni aneddoti in ordine sparso, giusto per non lasciare il mio “collega” alle prese con un cimento di memoria che, con il prosieguo della senescenza, potrebbe tragicamente arenarsi.
E allora, allacciamo le cinture, e partiamo.
ALLACCIARSI LE CINTURE.
Iniziamo proprio da questo.
Calde e protettive come l’abbraccio della mamma.
Un luogo comune anche questo, certo. MA E’ PROPRIO VERO !! E più crescono i punti d’attacco delle cinture e più aumentano i cromosomi da pilota, ci si sente sempre più “veri” alla guida di bolidi spaventosamente potenti. E più le stringi e più sembra di andare forte. E la prima volta che le indossi ….. è come l’ultima…. In un gesto così banale è racchiusa buona parte dell’essenza del Rally.
Diventare tutt’uno con la macchina, con l’altro pilota, due marziani buffamente vestiti che difficilmente si sottraggono al rito della vestizione. Suono di olifanti, armature leggere e coloratissime, cinture con il velcro, calze bianche morbide, stivaletti che calzano come guanti e guanti che, per fortuna, non calzano come stivaletti.
Ed una volta in macchina, il moderno elmo che trasmette, tramite mirabile meraviglia tecnologica, la tua voce, il tuo fiato, la tua partecipazione rendendo unico ed indissolubile lo magico strumento di trasporto dal niveo color che condotto con perizia illumina con fari nella notte lo percorso, annunciando vobis lo nero pipistrello (mi sembra finisse con “yè yè evviva noi supereroi….”).
I SUPEREROI.
Superlanarice era sicuramente il più forte di tutti.
Nell’ascensore che conduceva il mitico duo alla partenza dell’Oltrepò Pavese era lui che, dominando l’ilare scena, contribuiva a spezzare la tensione del debutto con un mostro d’auto quale poteva essere (allora) la Skoda Kit Car.
Pochi metri di speciale ed apparve chiaro nella mente dei “nostri” un concetto difficile da digerire per i loro “ego”.
“Cazzo…. Che mi piglia? Non riesco a leggere le note…. Sbarbella tutto in questa macchina, il quaderno, la lucina …. O santo cielo che gli dico ora a Francesco?”…..
”Cazzo…. che mi piglia? Non riesco a guidare…. Sbarbella tutto in questa macchina, anche i miei occhiali e pure la dentiera…. O santo cielo che gli dico ora a Massimo?”
I nostri navigati piloti non avevano ancora capito che erano semplicemente le irregolarità dell’asfalto a procurare questo tragicomico inconveniente e che di lì a poco la questione si sarebbe magicamente appianata così come la ruvidità del nastro stradale.
E sia ben chiaro…. era la prima gara ufficiale della Skoda Kit. Un po’ di pressione addosso ce l’avevamo! Era di poche ore prima il mega-ricevimento ufficiale del team DeStefanis in quel castello-ristorante piemontese, ove il magico duo si era dovuto esibire in interviste e in genuflessioni ad ogni applauso…. eravamo in ritardo ed aspettavano solo noi…. avevamo pure una mezza influenza.. sniff… sniff…. non ricordiamo neppure il sapore di quel favoloso Barolo che veniva servito ai tavoli! Per fortuna le nostre gitarelle a LaMorra prevedevano anche gustose tappe enogastronomiche.
L’ENOGASTRONOMIA
Anche gli eroi hanno fame.
La maggior parte delle volte si trattava comunque di spuntini onde non interferire troppo sulle prove della gara. Anche perché viceversa, tra una nota e l’altra, rischiavo di sputacchiare contro il finestrino residui di cibo appena manducato.
Ecco perché la dieta era scarsamente ricca di carboidrati e proteine. Era più una dieta da bimbo capriccioso che mangia solo porcate.
E allora vai con le patatine (che non so per quale motivo avevo deciso che mi aiutavano a non stare male), chewing-gum, morositas, fruit-joy, prosciutto crudo, se poi era serata ok per la pizza a Vestone o a Gargnano e, giusto perché il Dottore prescrive anche le vitamine, qualche cassetta di arance.
Però funzionava. Almeno negli ultimi tempi… perché all’inizio…
L’INIZIO
Non è stato proprio così semplice. Non è stato molto bello rischiare di rovinare un sogno perché alla prima uscita con una macchina da rally “vera” (mitica Opel Corsa 1300 PREPARATA Gregorini…. (che ridete?????..... aveva anche la farfalla modificata per lo sgancio rapido della ruota di scorta… vera libidine) ti viene il mal di mare.
Da una corrispondenza (molto virile e non d’amorosi sensi) intercorsa tra Brixen e Brescia nasce l’idea di fare il primo rally. D’altra parte lucignolo-Davide si era già cimentato con successo nella motoristica tenzone (capottone sulla Vobarno-Eno) e non si poteva essere da meno.
Il prode pilota recupera una favolosa vettura (la suddetta Opel Corsa soprannominata poi “La Finnika”) che viene amorevolmente coccolata nel cortile di Via Solferino nell’attesa del collaudo ufficiale sulle strade (ovviamente ghiacciate) delle valli bresciane. Sono sicuro che accendere il motore della Opel nel cortile di casa non poteva fare lo stesso effetto di quando Triboldi, lì nei pressi, accendeva la sua Stratos, ma per il rallysta innamorato della propria vettura non esiste voce più leggiadra di quella della propria amata.
Il viaggio in treno da Brixen a Brescia è veloce, ma sembra duri un eternità quando l’amico ti attende con la prima, vera, vettura da rally.
Era praticamente notte, ma è stato bello vederla nel cortile con il mitico roll-bar, con una VERA lucina da navigatore, con le cinture di sicurezza (e sedili di serie) ed infine il vero elemento distintivo della macchina da rally per eccellenza: i fari da fondo e gli adesivi (dei vecchi sponsor).
Ok. Si parte. Dove siamo andati? Boh, non ricordo bene…. Azzardo Barghe o Pertiche, la mia memoria si perde nello scintillio del fondo stradale che riverbera, ghiacciato, i tenui raggi della luna ed i potenti lumi dei fari. E dopo qualche tratto su e giù anche qualcos’altro, nel profondo del mio stomaco, decide di dedicarsi a questo strano yo-yo. “Quando trovi uno spiazzo ti fermi un secondino?”. Questa era la tipica frase che interrompeva il ritmo delle note. E, a volte, anche le prove.
LE PROVE.
Miiiii se erano dure le prime volte che imparavamo a “prendere le note”! Ma avete presente farsi le note di Pertiche o di Capovalle?? Giovani di belle speranze che ripassano metro per metro 25 e passa km di singole speciali, con retromarce infinite perché non si capisce se abbiamo appena percorso una “4=K poco” o una “4=K”. Ed i nervi di quando il pilota confonde la destra con la sinistra e bisogna cancellare la nota appena presa? E se il naviga non se ne accorge e si impazzisce subito dopo nel ricontrollare le note?
E hai voglia a spiegare al navigatore che “queste due note devi leggerle assieme” quando il poveraccio del sedile di destra ancora non riesce ad immaginare ciò che quello del sedile di sinistra ha già intuito…. cioè che se non si legge bene si va per campi?
Con l’esperienza poi per fortuna si migliora. E’ stato probabilmente meno faticoso prendere le note della Monte Ceppo in Liguria (mitico Sanremo) che non la prima volta che abbiamo preso le note a Muratello.
Quando, ovviamente, non avevamo neppure idea di correre veramente, un giorno.
Essere su una Kadett 1.3 bianca che raggiunge sulla discesa di Muratello una Ritmo 105 (chiaramente rallystica dicevamo noi) ed abbassare il finestrino al momento del “sorpasso” per chiedere “Avete bisogno di qualcosa? Tutto bene?” fa molto figo. Probabilmente non avevo neppure la patente ed il mitico pilota, sicuramente fresco patentato, forse non ascoltava neppure le note… ma lo spirito di Alen-Kivimaki aleggiava su di noi ed il Grande Attack era inevitabile.
Gli “insetti” del giorno erano stati sistemati. Li mettiamo nella categoria dei “tipi da rally”.
I TIPI DA RALLY.
Orca….. da dove iniziamo?
Al primo posto assoluto ritengo sia giusto posizionare, per motivi affettivi, il mitico fan: “io, in me qui dentro, non conosco il pericolo”.
Ricordo ancora le risate folli al pensiero del buffo villico che si vantava di scendere lungo la speciale di Gargnano con un “apecar”. E che sperava di ottenere la licenza per correre in macchina malgrado qualche piccolo handicap fisico al cuore o a qualche altro accessorio umano che non ricordo. Eh si, non era facile farsi capire al volo, le cose andavano ripetute un paio di volte almeno… “scusate,…potete ripetere? Sono ANCHE un po’ sordo…” diceva.
Al secondo posto mi piace ricordare il simpatico nonnino al due valli di Verona. Posizionato ad inizio prova speciale e nel cuore della notte… con un bel cartello di cartone… “Mi ricordate Nuvolari”…. E ancora oggi, scrivendolo, sento un brivido lungo la schiena. Veramente commovente. Grande vècio!!!! Salutato dopo lo start a colpi di clacson e gesti delle mani… mitico.
Terzo posto per i matti del lanterna.. che volevano da noi? Rubarci le gomme? Ma erano fatti e gay? “E c’è modo e modo” diceva uno dei lord all’altro dopo essersi spinti e pestati nei pressi di una fontanella…. Boh…e poi parlavano di andare…. ma andare dove ci chiedevamo noi?
E noi andiamo in ordine sparso:
La simpatica signora con bimbi al seguito che, su uno degli ultimi tornanti delle Pertiche (si vabbeh abbiamo stretto il tornante, ma si sarebbe fermato anche un tir…) decide di speronarci in fiancata perché presa dal panico. Non contenta tiene pigiato l’acceleratore e, approfittando del fatto che la sua macchina era retrocessa per via della discesa, molla la frizione e riparte con impeto per un nuovo impatto ! “Basta, pietà signora, abbiamo capito…. non infierisca la prego, spenga il motore!!”
Il prete di Livemmo che, in maniera del tutto autonoma, si elegge a pilota di primo grado ed impedisce il sorpasso lungo le prove…. e comunque aveva un bel piedino!
Il simpatico signore che ci ha ospitato nella sua casa in quel di Cremona permettendoci di utilizzare il telefono per chiamare un meccanico per il recupero del veicolo incidentato….. Peccato che era una specie di “osteggiatore dei Rally” per via del fatto che deturpavamo le strade sterrate che lui, e il suo Comitato Locale, dovevano risanare per permettere alla comunità di poterle utilizzare.
Il cane “Lady”. Simpatico bassotto di 140 centimetri al garrese. Particolarità della bestiola in questione…. ci attendeva a mo’ di antifurto al rientro dalle ricognizioni notturne dell’Oltrepò Pavese, “ma non preoccupatevi” diceva il locandiere “..però ricordatevi di farvi chiaramente sentire quando arrivate… non tentate di entrare silenziosamente….ah… se cerca di entrare in cucina cacciatelo fuori!”…
Eh certo… che problema c’è? Uno di noi gli mette le mani sul muso mentre l’altro lo spinge, o la trascina se preferisce, fuori dalla cucina. Zero problemi. BAU-BAU !!!
Il ragazzo che ci ha chiesto, allora si provava con la Opel Corsa da gara, un passaggio!!! “Volentieri, ma guarda che dietro c’è il roll-bar” diciamo noi. Il “nostro” ribadisce spavaldo “sè, sè, ghe mia problemi”.
La commozione cerebrale del giovane in questione non ci preoccupò più di tanto. La piega del roll-bar in corrispondenza dell’urto con la sua fronte ci lasciò decisamente più perplessi.
L’accattone che con la risibile scusa del motorino senza benzina ci abbordò ad un semaforo della Triumplina per scroccare 1000 lire. Francesco è troppo buono. 1000 lire non le aveva e, credo, gliene avesse date 5000.
“ORGANO FEMMINILE!!!” esclamò gridando dalla felicità il tossico “appena ti rivedo prometto che te li ridò”. Che problema c’è? Siamo solo 60 milioni in Italia. Vuoi non riconoscere al volo una persona che hai incontrato di notte per un minuto scarso dopo dieci-quindici anni? Devo ricordarmi di chiedere a Francesco se ha recuperato i suoi soldini…..
A nostra difesa sosteniamo la tesi che la beneficenza consente di godere di un occhio di riguardo dal cielo. Sempre utile in caso di malaugurati incidenti.
GLI INCIDENTI
Scriviamolo piccolino.
Trascuro chiaramente Barghe 1999. Andiamo a vedere quelli che, DOPO, ricordiamo sorridendo.
Il più stupido che non-ricordo (stavo sonnecchiando sul sedile) è stato quello che è occorso con la Opel Corsa mentre, durante le ricognizioni pre-1000 Miglia 1987, percorriamo la strada che ci avvicina alle pertiche.
Perché la macchina sbanda e picchia contro il muretto a destra???? Perché questo accade a poche ore dalla gara mettendo in ansia i poveri pilotini? Le abbiamo pensate tutte, olio sulla strada, dischi volanti, le cavallette ecc. ecc. Comunque il magico “Gregorio” ci rimette in sesto la benna e la nostra prima gara potrà durare per tutta la prima prova speciale e per quasi metà della seconda.
Molto più figo il primo urto in gara.
E che diamine, abbiamo quasi dominato il Lanterna vuoi che non si trionfi in casa al “Tre Laghi”? E allora viaaaaa dopo la prima p.s. corsa nei piazzali della fiera di Montichiari (asfalto-terra con gomme di serie per non saper né leggere né scrivere) si sale nelle valli pronti a dimostrare il nostro valore.
La livrea completamente nuova della macchina (mitico Sponsor grande osteggiatore di Rally recuperato tramite gancio scolastico) soddisfa appieno le ambizioni del magico duo che comincia a dare spettacolo sulle prove speciali con un favoloso acuto sulla speciale che passa vicino a Livemmo: miglior tempo con distacchi pesanti inflitti agli avversari (che subito malignano sulla non-conformità della nostra “finnika”).
Ma a riportarci con i piedi a terra ci pensa la successiva prova di Lodrino. Una maledetta sinistra abbordata con troppa grazia ci consegna al muretto esterno che, colpito frontalmente, contorce il muso della macchina con conseguente ripercussione sulle nostre spalle (cinture), caschi (striscia nera da sfregamento contro rollbar), e persino gambe del navigatore che, lasse, si feriscono contro quella “ghigliottina” rappresentata dal portaoggetti sotto il cruscotto.
Ovviamente la colpa di tutto ciò è rappresentata dall’umidità notturna che ha gonfiato il muretto ad un punto tale da costringerlo ad invadere la sede stradale.
Per motivi solo a noi noti tralasciamo la descrizione della procedura che ha poi permesso di riparare i considerevoli danni del veicolo senza incidere sul portafoglio di papà Baldo.
Nelle ricognizioni abbiamo sicuramente dato il meglio di noi stessi in quel di Vestone. E’ un tratto di strada che non ha segreti per noi. Sia in salita che in discesa. Tutta la speciale di Capovalle (vecchio stile) sarà lunga più di 25 chilometri, ma noi riusciamo a concentrare il tutto in 100 metri e due o tre curve al massimo!
La prima curva a noi ben nota è una simpatica destra in salita, ovviamente senza protezioni artificiali all’esterno, che ha, intrinseca, la caratteristica di attrarre a sé i veicoli che la percorrono tangenzialmente alla corda (specie se il fondo è chiazzato di nevischio).
Fu proprio un bel capottone.
Ora: non avete mai provato a trovarvi a testa in giù, nel buio più totale, senza sapere dove cavolo si è finiti? Rallegratevi.... se la macchina non prende fuoco potete prendervela comoda…. viceversa…. sappiate che i tempi d’uscita dal veicolo non sono proprio rapidissimi.
Consci del fatto di essere a testa in giù sperimentiamo subito con interesse che anche le cinture di sicurezza stradali sanno fare il loro dovere. Siamo infatti ben ancorati al sedile. Sapendolo tutto risulta più semplice, infatti per contrastare le scoperte del caro vecchio Newton basta puntellarsi con una mano al tetto e con l’altra pigiare il tastino rosso che libera le cinture.
Ok. Stiamo attenti. Pronti? Via !
Bonk… bonk….
Due craniate sulla cervice sono pronte a ricordarci che Isaac non lo frega nessuno. Neanche la forza bruta dei nostri avambracci.
Sarà passato a questo punto un minutino.
Comunque ora è fatta.
Dobbiamo solo girarci all’interno dell’abitacolo ed uscire.
Ma ora che ci siamo girati mi spiegate cosa ci fa il volante all’altezza della bocca di Francesco? E quella roba che sto pestando? Ah si….. lo specchietto retrovisore.
Apriamo le portiere!
Dov’è la maniglia?
Saremo a due minuti a questo punto.
Eccola! Apriamo….. no….. non si apre qualcosa fuori la blocca…. Cazz… che facciamo? Semplice abbassiamo il finestrino!
Non da quella parte.
Devi girare la manopola al contrario. Siamo a testa in giù…..
Ora, strisciando sull’interno del tetto (!!!!!) Francesco guadagna dopo un’eternità l’uscita. “Esci pure…. non preoccuparti… siamo sopra una pianta” mi dice mentre passeggia sulla marmitta rovente.
Esco anche io…. e giudicando instabile la posizione (complice i cigolii della pianta) balziamo sulla carreggiata.
Per nostra buona sorte questo tenace alberello aveva deciso di frenare la caduta a valle giusto un metro sotto il ciglio della strada (il Chiese brilla sul fondo tra le frasche).
Il Kadett Gsi viene recuperato con parecchia fatica grazie all’intervento del mitico, e scomparso, Macrino (ex-pilota di grido…di paura) che abbiamo raggiunto viaggiando come passeggeri di un Porsche (molto più preoccupante dell’uscita di strada). Tutto questo anche se alcuni concorrenti in ricognizione, scocciati dal fatto che abbiamo interrotto il loro peregrinare, vorrebbero sopprimere il veicolo sul posto. Un colpo di grazia e via, in fondo alla scarpata senza neppure rendere gli onori.
Ma con il Peggy è tutta un’altra storia. Stavolta il tratto di strada è in discesa, la curva è a sinistra ed è 100 metri prima di quella già memorabile.
E poi non capottiamo neppure.
Malgrado le mie ostreghe, nel tentativo di rallentare il buon Francesco, non c’è stato verso di evitare l’uscita. Il pilota era troppo eccitato quella sera, neppure una dose di bromuro poteva calare gli ormoni corsaioli che impazzavano nell’organismo liberamente come mustangs selvaggi alle prese con l’umore di una puledra di facili costumi.
Il gemito infernale del motore, deliberatamente portato al limite, coniugato con il rumore delle pinze dei freni (ritengo incandescenti) e lo stridio delle gomme sull’asfalto trova la sua apoteosi con l’incredibile botto che deve aver scosso la Valsabbia quando il Peggy ha deciso di porre fine a quella tortura gettandosi, volontariamente, contro una pianta fuori strada.
E poi fu silenzio.
E improvvisamente, mentre il pubblico attonito e muto disperava di vedere riapparire gli acrobati, un rullo di tamburi !!! uno squillare di trombe !!! l’occhio di bue cerca e trova il mitico duo!!! che, in un apoteosi di applausi, grida e svolazzare di copricapi, si concede prono e riconoscente, avvolto in scarlatti manti, al giubilare dei fans.
Questo fu, per sdrammatizzare il momento, l’atteggiamento del duo Baldo-Barbieri, amici sinceri, dopo il feroce impatto.
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