Sono trascorsi due mesi dalla chiusura delle scuole. La didattica a distanza, partita immediatamente dopo, sta dando i suoi frutti tra prevedibili contraddizioni e piacevoli sorprese. Nei prossimi giorni faremo un grande questionario rivolto agli studenti per avere un primo feedback sugli effetti da essa generati. Pubblicheremo i risultati e poi ne discuteremo su questo sito. Un primo bilancio però possiamo farlo subito e riguarda noi insegnanti. Paradossalmente, nel momento in cui ci siamo allontanati e le distanze fisiche tra noi sono apparse incolmabili, ci siamo riavvicinati l’uno con l’altro: la collaborazione, spesso rimandata, è diventata prassi abituale. Ci siamo tutti conosciuti meglio e molti di noi hanno scoperto cose di altri colleghi che magari nemmeno ipotizzavano. In parole semplici e senza retorica: il virus, fermandoci, ci ha reso tutti più umani. La scuola è salva, è stato detto. Bene. Ora però bisogna salvare gli studenti.
Siamo a maggio ed è venuto il tempo di guardare alla riapertura delle scuole. Sappiamo già che questo non sarà possibile prima di settembre, nonostante che alcuni Paesi europei stiano riaprendo in questi giorni. Quando ciò avverrà anche per noi, la riapertura dovrà essere fatta in maniera lucida e intelligente e per questo dobbiamo prepararci fin d’ora. Teniamo presente che la chiusura della scuole rappresenta un costo umano altissimo in termini sociali, culturali ed economici sia per gli studenti che per le famiglie.
Da un punto di vista sociale, la chiusura delle scuole rappresenta un ampliamento delle disuguaglianze. La diversa disponibilità di strumenti, connessioni e livelli culturali in questa situazione spingono per un aggravamento delle differenze. Questo non possiamo permettercelo in un momento in cui la riduzione della crescita economica sarà semplicemente unprecedented, dicono gli inglesi, senza precedenti nella storia.
Da un punto di vista dell’apprendimento, lo studio fatto a casa è infinitamente meno produttivo di quello fatto in classe. Quante volte noi docenti ripetiamo ai ragazzi che la partecipazione attenta ad una lezione e il rapporto diretto con l’insegnante rende molto più facile e semplice (se non superfluo, ma questo lo diciamo per motivi retorici) lo studio a casa.
Da un punto di vista delle prospettive di mobilità sociale, conseguente ai livelli di studio raggiunti, anche una breve chiusura delle scuole danneggia gli studenti. Per i più piccoli delle elementari, la cosa è semplicemente devastante. Senza un intervento diretto in tal senso, i danni potranno durare una vita intera.
Dicevamo della riapertura. Essa sarà molto probabilmente graduale, con un calendario a giorni alterni secondo modalità da stabilire. Tutto ciò in uno scenario in cui il virus, con molta probabilità, tornerà a manifestarsi (sperando con meno virulenza). Sarà allora il momento di agire con polso fermo e con tutta la razionalità possibile. Non possiamo permetterci un altro lockdown. Non possiamo permetterci di dire “non si sa mai” e bloccare tutto di nuovo. In che modo agire dunque?
In primo luogo allenarsi al cosiddetto quanto orribile distanziamento sociale per ridurre le occasioni di trasmissione e diffusione del virus: corretta tenuta delle mascherine, igiene, nuove tempistiche che rispettino le precauzioni da mettere in atto.
In secondo luogo agire tenendo ben presente la dinamica del contagio, così come appare dalle osservazioni condotte fino a questo momento. Esse dimostrano che il virus si diffonde con molta difficoltà tra i ragazzi (essi hanno una probabilità di contrarre il virus di duemila volte inferiore rispetto ad una persona con oltre 60 anni). Ricercatori islandesi e olandesi non hanno trovato un singolo caso in cui i ragazzi abbiamo trasmesso il virus nelle loro famiglie. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo della malattie infettive ha scritto che la trasmissione bambino-adulto di covid-19 appare del tutto non comune (Fonte: The Economist). Il terzo aspetto sarà quello di preparare un adeguato controllo e monitoraggio in modo da far fronte in modo rapido al segnale di una nuova crisi. Per questo sarà necessaria la stretta collaborazione con le autorità sanitarie ma le prime indicazioni sono già state emesse.
Per questo, come dicevo, dobbiamo prepararci fin d’ora. I prossimi mesi, soprattutto quelli estivi (facciamocene una ragione, soprattutto noi umbri che non abbiamo nemmeno l'accesso al mare: quest’anno le vacanze ce le facciamo nel giardino di casa o poco più) saranno cruciali: dopo le bandiere tricolori e la facile retorica, vedremo davvero di che pasta siamo fatti noi italiani, noi docenti. È il momento di pensare agli studenti, la risorsa più preziosa della scuola, affinché la nostra società abbia un futuro.
*Docente collaboratore del DS per le Scuole superiori