Dal 15 al 17 aprile, la 4B LSU è stata a Napoli in uscita didattica coi prof. Bernacchia e Fernandez. Nonostante il poco tempo disponibile per l’organizzazione, abbiamo potuto apprezzare meraviglie come Napoli sotterranea, i Quartieri spagnoli e il Castello di Sant’Elmo col Museo di arte contemporanea, reso omaggio ai murales di Maradona e visitato Pompei. E che dire della gastronomia?
Ci siamo chiesti se la nostra compagna Giulia, studentessa con disabilità, avrebbe potuto partecipare all’uscita, lei alla fine non aveva partecipato, in accordo con la famiglia e il consiglio di classe, e col senno di poi la scelta si è dimostrata corretta.
Napoli, infatti, non è apparsa una città molto inclusiva per quanto riguarda il superamento delle barriere architettoniche. Le strade dei Quartieri Spagnoli, per esempio, sono faticose da percorrere per tutti, a causa della loro pendenza. A Pompei sarebbe stato impossibile far camminare Giulia su un terreno così discontinuo e con un alto rischio di cadere o inciampare (come succedeva a noi). Il Castello di Sant’Elmo, benché sia raggiungibile anche con la funicolare, prevede comunque una serie di scalini.
Abbiamo notato inoltre che ad alcuni semafori pedonali mancava un segnalatore acustico (come quello in Piazza Municipio, in prossimità della “Venere di stracci” di Pistoletto).
Per questo crediamo che dovrebbero essere costruiti percorsi facilitati nelle zone più critiche della Città, in modo tale da permettere a tutti, turisti e persone del posto, di poterla visitare. Ne trarrebbero vantaggio non solo i disabili con carrozzina o altri supporti, ma anche le famiglie con bambini piccoli, che non vogliono rinunciare a fare un'esperienza culturalmente arricchente.
La sociologia (lo studio scientifico della società) prevede diverse scuole e correnti. L’etnometodologia, in particolare, fondata da Harold Garfinkel, studia le abitudini quotidiane che danno ordine alla nostra vita e creano aspettative. Per analizzare queste abitudini, gli etnometodologi approntano situazioni in cui queste aspettative vengono infrante (“esperimenti di destabilizzazione”).
È quello che ha fatto la 3A LSU, all’interno dell’insegnamento di Scienze Umane. L’esperimento si è svolto dal 6 all’8 febbraio, in 22 classi di indirizzi diversi dalle Scienze Umane.
Gli studenti, divisi a coppie, si sono presentati nelle classi selezionate per l’esperimento per tre giorni. Nei primi due giorni, la consegna era di dire una frase apparentemente senza senso e uscire senza dare spiegazioni. La frase era “Oggi il sole sorge alle… e tramonta alle…”.
Il terzo giorno, era spiegato l’obiettivo della ricerca: studiare le reazioni delle persone a un comportamento inconsueto rispetto alle abitudini quotidiane.
Anche un’azione così semplice, ripetuta per un paio di giorni, è stata sufficiente per indurre aspettative: qualche classe si attendeva la stessa frase, qualche altra una frase diversa. Non è mancato chi si è chiesto se la frase fosse vera, e qualcuno ha pensato a uno scherzo. Abbiamo notato anche che le prime e le seconde tendevano ad essere un po’ più “intimorite” e sorprese rispetto alle classi superiori.
La spiegazione finale (debriefing) ha consentito alle classi di riflettere, pur brevemente, sull’insieme di aspettative e abitudini con le quali affrontiamo la vita quotidiana. L’intera esperienza, inoltre, è stata per la 3A LSU un’occasione per mettersi in gioco nella ricerca sociale, che richiede chiarezza e rigore, ma anche creatività e disponibilità a impegnarsi, se necessario, in comportamenti apparentemente strani.
Il programma di scienze umane del quarto anno prevede lo studio del fenomeno religioso, in un’ottica sociologica e antropologica. Ci è sembrato interessante rivolgere alcune domande agli insegnanti di religione del “Newton-Pertini” (che ringraziamo per la disponibilità) sulla loro materia e su alcuni problemi particolari che possono dover affrontare. Le interviste sono state realizzate dalla classe 4A LSU.
Raccolti alcuni dati sull’esperienza professionale (che varia da ca. 5 anni per il prof. Rossi agli oltre 30 del prof. Casarin), abbiamo chiesto come si diventa insegnanti di religione: se prima occorreva un diploma in scienze religiose o una laurea in teologia, ora serve la laurea magistrale. Inoltre, è necessaria un’autorizzazione dell’ordinario della Diocesi (revocabile), che certifichi non solo l’abilità all’insegnamento, ma anche la coerenza della vita coi principi della Chiesa (Casarin: “Abbiamo il dovere della testimonianza”).
I contenuti della materia riguardano l’insegnamento del Testo Sacro, la discussione di tematiche bioetiche, la crescita personale anche in visione spirituale e l’insegnamento di altre religioni. All’interno di queste linee guida generali, i docenti costruiscono percorsi tematici che possono toccare per es. l’adolescenza o la dottrina sociale della Chiesa. Ampio spazio è dedicato anche all’ascolto degli alunni, specie in un periodo come il nostro, segnato dal Covid.
Ciascun insegnante, di qualunque materia, ha argomenti che vorrebbe poter approfondire maggiormente. Nel caso dei colleghi di religione, è emerso fra gli altri il desiderio di approfondire maggiormente il rapporto tra i contenuti del Vangelo e della Bibbia e gli eventi attuali (Fregolent), in particolare riguardo l’etica del lavoro (De Marchi).
I temi affrontati si prestano a discussioni riguardo l’attualità, in un’ottica di collaborazione con le altre discipline, in particolare con le materie umanistiche, benché questo non avvenga sempre, per motivi di tempo. Alcuni colleghi sottolineano la necessità di una formazione personale che dia allo studente una visione più completa dei problemi da affrontare, evitando trattazioni superficiali e en passant (Gallo).
Due questioni di particolare importanza negli ultimi anni sono state l’aumento degli studenti che non seguono l’insegnamento della materia e il rapporto coi credenti in altre fedi. L’esonero riguarda soprattutto gli alunni di religione musulmana, più che i cristiani ortodossi, ed è presente soprattutto negli istituti tecnici (Girolametto). Il rapporto con loro è comunque positivo, tanto più che alcuni rimangono comunque in classe e altri seguono ugualmente l’insegnamento.
Sappiamo che a volte, fra alunni e insegnanti, si crea un rapporto che permette ai primi a confidarsi coi secondi anche su problemi personali. Nel caso dei colleghi di religione, ci siamo chiesti se questo dipenda più dalla particolarità della materia o dalla personalità del docente. Se alcuni ritengono che sia la personalità il fattore più importante, altri evidenziano come la materia stessa richieda un momento di ascolto (De Marchi). Altri attribuiscono importanza a entrambi i fattori, benché la relazione rimanga centrale, in questa come in altre discipline.
Proprio quella coerenza tra vita e materia richiesta all’insegnante di religione può essere fonte di problemi, se non si condivide qualche aspetto del magistero della Chiesa o ci si trova in dubbio sulla propria fede. Per qualcuno il primo problema non si pone, dato che difficilmente si trova in contrasto con la dottrina (Rossi). Altri preferiscono distinguere chiaramente fra il proprio punto di vista e quello ufficiale (Casarin), oppure considerano prioritario che siano gli studenti a farsi un’opinione (Gallo). Non manca chi sottolinea che “quello che viene detto non è quello che la Chiesa pensa” (Costacurta).
In merito alla fede, qualcuno ha avuto momenti di crisi e di passaggio, che ha però superato. Non bisogna però avere timore del dubbio: “È un'opportunità per porsi domande e cercare risposte, un processo che rende il dubbio costruttivo e permette di avanzare nella propria crescita personale” (Fregolent); “Di chi dice «io non ho nessun dubbio sulla mia fede» io ho molta paura (Casarin); “Io credo che i dubbi sulla fede li dobbiamo avere fino alla fine della nostra vita” (Costacurta); “Nonostante tutto, mi sento ancora dentro a questa strada” (Gallo).
Riflessioni, queste, che crediamo valgano per ciascuno di noi, nel momento in cui ci poniamo domande sulle scelte da compiere nella nostra vita.