Parlare a favore del nemico

Durante un conflitto è possibile “parlare a favore” del nemico? È possibile raccontare la propria esperienza senza che diventi un attacco alla sofferenza della controparte? 

Il protagonista della commedia “Acarnesi”  di Aristofane è stato capace di trovare una soluzione pacifica al conflitto che danneggiava anche i suoi concittadini e la sua città mettendosi nei panni dei suoi nemici.

Spesso all’interno degli scontri, mondiali e quotidiani, ci si dimentica dell’umanità di chi si sta combattendo e che avrà anche lui vittime da compiangere. In guerra non ci sono né vincitori né vinti ma un sentimento comune che riunisce coloro che hanno perso le persone care: un lutto comune può diventare occasione di avvicinamento e dialogo grazie all’empatia per cui il dolore dell’altro diventa anche il nostro. 


Un grande esempio di ciò è la decisione di Bassam Aramin (a sinistra) e Rami Elhanan (a destra) di spezzare il “cerchio del sangue”, di non chiedere vendetta per la tragedia che è toccata loro in sorte. Entrambi decidono di entrare nell’organizzazione binazionale Parents Circle Families Forum. Due padri uniti dall’empatia del dolore dopo la tragica morte delle giovani figlie: dal loro incontro non è nato odio, ma speranza.

Un ebreo e un palestinese: potevano odiarsi rinfacciandosi i rispettivi lutti, invece diventano amici e insieme cercano la redenzione di fronte a un dolore così atroce. Smadar, la figlia 14enne di Rami, fu uccisa da un kamikaze palestinese mentre faceva shopping con le amiche, nel centro di Gerusalemme. Abir, 10 anni, figlia di Bassam, fu colpita a morte fuori dalla sua scuola da un giovane soldato israeliano che sparava proiettili di gomma su civili inermi. 

Abir a sinistra e Smadar a destra

La tragica simmetria di quelle morti distrugge due giovani vite ma per una volta non genera desideri di vendetta perché i loro padri fanno conoscenza grazie a un’organizzazione di sostegno per genitori che hanno perso i figli nel conflitto. Rami e Bassam si identificano l’uno nel dolore dell’altro e decidono di spezzare il 'cerchio del sangue' usando le loro tragedie come arma per la pace. 

“La storia non si ripete ma fa rima” è un’importante sentenza di Mark Twain che indica la storia spesso più come condanna che come insegnante: ma la storia è maestra, ci insegna che così come pessime azioni possono essere ripetute e si possa perseverare nella crudeltà, abbiamo anche la possibilità di agire in funzione di un bene che è già stato compiuto da altri in passato.