Prof. Gerarda Schiavone
docente di Diritto ed Economia
Non il suono della “campanella” ma un click ha segnato la fine dell’anno scolastico 2019/2020!
L’emergenza che stiamo vivendo ha provocato un’interruzione traumatica e repentina delle attività scolastiche.
Nel giro di pochi giorni, sono stati stravolti i ritmi di vita quotidiani degli studenti. Gli impegni, le attività, i progetti a breve e medio termine sono stati congelati e i ragazzi si sono ritrovati isolati nelle proprie abitazioni, fisicamente lontani dagli amici, dai parenti, dai compagni di classe e dai loro docenti.
C’è stato un momento di smarrimento per tutti: adulti, ragazzi, bambini.
Ma nel giro di pochi giorni è iniziata una nuova avventura, una modalità di fare “scuola” mai utilizzata: la didattica a distanza”.
Ricordo l’ansia anticipatoria nell’imminenza dell’utilizzo di una modalità sconosciuta e, al tempo stesso, la gioia di rivedere i miei studenti, di ritrovare una continuità sospesa.
Guardando a ritroso questi tre mesi di “Didattica a distanza”, l’aspetto che più mi incuriosisce è quello relativo alla “comunicazione” nella relazione educativa.
Con la DaD cambia il setting di lavoro: lo schermo diventa lo strumento che mette in relazione docente e studenti nell’aula virtuale. Eppure, la vicinanza è palpabile!
Sono stati privilegiati e, in alcuni casi attivati, altri canali di comunicazione.
Nella DaD viene privilegiato l’ascolto, mentre il contatto visivo, che pure è presente, risulta marginale.
Certo, il docente in DaD non ha il supporto del contatto visivo che permette di cogliere i segnali della cosiddetta comunicazione non verbale. Il contatto visivo che permette al docente di rilevare segnali sull’efficacia della comunicazione in termini di interesse, attenzione, comprensione. Lo sguardo del docente che rassicura, incoraggia, rinforza.
Ma è pur vero che il docente che mostra disponibilità e interesse, è in grado di cogliere i segnali trasmessi dallo studente al di là di quelli immediatamente visibili ed evidenti: l’ascolto attivo e partecipativo è ascolto empatico che aiuta a mantenere una comunicazione efficace.
La DaD si configura come una forma di esperienza che “va oltre la presenza di una tecnologia”. Si è rivelata l’unico strumento in grado di garantire, in una complessa situazione emergenziale, il diritto all’istruzione e la capacità delle singole comunità scolastiche di stare in relazione con gli studenti.
Saranno oggetto di dibattito e di approfondite riflessioni limiti e criticità di questa nuova forma di relazione educativa che non potrà mai sostituire la didattica in presenza ma che potrà essere utilizzata come ulteriore strumento nell’ambito didattico.
Prof. Enza Paradiso
docente di Matematica
Io definirei la DaD, ‘Didattica di Emergenza’; insegno matematica e quest’anno scolastico è per me un anno particolare non solo per il covid 19, ma anche perché è il mio anno di prova per l’immissione in ruolo.
E’ quindi forte la necessità di una riflessione e di un bilancio delle attività svolte, dei punti di forza e di criticità, di un confronto con i colleghi.
La DaD è nata come ‘emergenza’ per non lasciare i nostri allievi abbandonati a se stessi, in balia dell’indifferenza, dell’ozio e probabilmente della depressione!
La nostra scuola in verità è stata una delle prime ad attuare tale strategia educativa, facendo sì che i nostri allievi fossero ancora i soggetti del processo di apprendimento e non si sentissero isolati.
Il merito va alla nostra Dirigente Giuseppina Di Guida, che ha subito messo su un equipe di colleghi che ha permesso di iniziare questa “avventura nuova ed affascinante” e ci ha supportato in modo egregio ed efficace.
Un grazie quindi alla Preside e a tutti i colleghi che non hanno mai fatto mancare il supporto e l’incoraggiamento.
La DaD richiede certamente più difficoltà nel coinvolgimento degli allievi nel processo educativo: difficoltà che devono essere analizzate con attenzione perché dipendono da problematiche oggettive dei singoli allievi e non soltanto dalla mancanza della dimensione relazionale.
Pur essendo consapevole che la presenza degli allievi in classe è essenziale nel processo educativo dell'apprendimento, la didattica remoto richiede tecniche nuove, nuove modalità di comunicazioni in una interattività con gli studenti stessi e sempre in confronto con essi.
In questo periodo ho rinnovato le tecniche di realizzazione e progettazione di una lezione che potranno integrare il processo educativo durante la didattica in presenza.
Affinchè quanto appreso non vada disperso e possa essere sfruttato in futuro anche come integrazione della didattica tradizionale, ritengo che possa essere utile un approfondimento e una discussione dei risultati ottenuti al fine di proporre strategie migliorate e condivise.
Prof. Francesco Mattera
Docente di sostegno
Figura Strumentale per i BES
Disse Fred Allen, attore statunitense dei primi del ‘900, “ Cambiare è difficile, non cambiare è fatale “ .
E’ innegabile che l’umanità abbia vissuto e stia vivendo un’esperienza senza precedenti, che ha messo tutti alla prova e che di certo determinerà un cambiamento nel modo di rapportarci e di vedere il futuro. E’ come se fossimo stati catapultati in una realtà parallela, che, fino a qualche mese fa, era concepita solo nei film di fantascienza. Un periodo di emergenza a cui abbiamo dovuto far fronte, sperimentando in prima persona il concetto di resilienza.
Pensando globalmente la crisi, anche economica, che ci troviamo a vivere peserà non poco e si ripercuoterà per un bel po’ . Personalmente credo che i paesi che meglio usciranno da questa crisi saranno quelli che, nelle loro agende daranno un posto prioritario alla scuola. La scuola, il luogo in cui si formano i cittadini del domani. Il modo in cui i giovani vivono il ruolo che le viene data determinerà di certo il modo in cui la concepiranno poi. Questo è un punto da cui non si può prescindere!
Calandomi nel contesto locale, dopo tre mesi è sicuramente possibile fare un primo bilancio e qualche riflessione!
Come scuola ci siamo subito attivati per far fronte alla situazione che ci si presentava. La costituzione di un gruppo di supporto alla DAD e la buona volontà del corpo docenti ci ha permesso di andare a regime sin dall’inizio del lockdown. Questo è stato fondamentale per non spezzare il filo rosso che ci tiene legati ai nostri ragazzi. Affrontare insieme, seppur a distanza, soprattutto le prime battute di questo periodo surreale e pieno di incertezze, è stato fondamentale. Le ansie, le paure, la confusione sono stati gli spunti per avviare il motore delle discussioni a distanza. Questo ha scaturito una prima riflessione che mi ha indotto alla ridefinizione del concetto di BES, ovvero di Bisogno Educativo Speciale. Chi più, chi meno tutti in questo periodo hanno vissuto una condizione Speciale che ha necessitato un supporto ed un dialogo continuo in una cordata trainata alternativamente da docenti curricolari e di sostegno. C’è chi si è chiuso a riccio nelle mura domestiche, aspettando nella chiamata mattutina, una parola di conforto. C’è però anche chi, nella tranquillità delle mura ha fatto emergere talenti che, vuoi per timidezza, vuoi per inibizione, erano sopiti.
La modalità di lezione sincrona e quindi il contatto visivo con la classe ci ha consentito la costruzione di una lezione quanto più simile a quella in classe, e quindi, seppur distanti, siamo stati legati virtualmente. Ma è ovvio che la propria stanzetta o la propria casa non è l’aula scolastica. Questo influisce di certo anche in termini di concentrazione e di efficacia del dialogo educativo. Allora come valorizzare lo spazio casa, ovvero come far si che le mura domestiche diventino supporto alla didattica. Ecco che l’esplorazione e la conoscenza dello spazio “casa” diventa un approccio metodologico che si può allargare poi alla conoscenza dell’ambiente e più in generale del territorio. Questa dimensione conoscitiva ed esplorativa diventa importante per gli alunni che vengono indirizzati verso un’ottica costruttivistica, per la quale i ragazzi devono imparare attraverso ciò che hanno a disposizione. E questo vale ancor di più per i nostri alunni speciali! Ho condiviso questa riflessione con alcuni colleghi ed in particolare con la collega di matematica della prima classe dell’indirizzo tecnico turistico ed è venuto fuori un percorso di “learnig by doing” che ha visto l’applicazione di un concetto teorico ( le operazioni che si fanno con monomi e polinomi) per la risoluzione di un’attività pratica: la creazione in scala di una piantina della propria abitazione con tanto di calcolo delle aree.
Ma di certo in questo periodo si è cristallizzato, dal mio punto di vista, un altro aspetto dell’essere docenti oggi. Viviamo nell’era dell’informazione e della comunicazione, per cui la reperibilità dei dati è alla portata di tutti. Ma in questo mare magnum di contenuti manca una bussola che permetta ai discenti di orientarsi e quindi di costruire in maniera efficace il loro sapere. Ecco quindi che esce fuori il ruolo del docente come guida alla ricerca delle fonti giuste da cui attingere le informazioni. Gli odierni nativi digitali (che poi spesso tanto digitali non sono se non nell’uso dei social) vanno guidati non tanto sull’informazione, ma sul giusto modo di arrivarci.
Beh allora tutto bene? Insomma! ……………………… Oltre che da docente ho vissuto questo primo periodo di DAD anche da genitore. Ho chiesto a mia figlia di 7 anni cosa le mancasse di più della scuola : la prima cosa mi ha detto è che le mancavano gli abbracci con le maestre e gli amichetti.
Non si può prescindere dal fatto che la scuola sia un sistema complesso, fatto prima di tutto di relazioni e che l’aspetto affettivo, emotivo ed empatico sono necessari e fondamentali per un apprendimento efficace. Questo è vero per i bambini, così come lo è per gli adolescenti.
Siamo esseri sociali fatti prima di tutto di relazioni ed è chiaro che la DAD ha dei forti limiti in tal senso. Lo schermo non comunica tutta la complessità della persona e quindi del messaggio che essa vuole mandare. E’ chiaro che la classica lezione frontale (già di per se sempre più obsoleta) debba essere ripensata a fronte di una miscela di spunti metodologici che diano agli alunni una maggiore autonomia. Con la modalità asincrona è possibile condividere materiali, video, link, approfondimenti che poi sono discussi durante la lezione sincrona. Laddove serva poi si può pensare alla lezione sincrona come momento di potenziamento e di supporto a piccoli gruppi omogenei valorizzando la risorsa docente curriculare, di sostegno e di potenziamento. In questi primi mesi ci sono stati dei buoni tentativi inquadrati in quest’ottica, che sono di certo inseriti in un processo di continuo miglioramento. Ma questo non basta! Dovremmo indubbiamente tornare a vivere la relazione dal vivo ripensando gli spazi, per esempio valorizzando ancor di più gli spazi aperti del territorio (cosa che fortunatamente sia a livello curriculare ed extracurriculare come istituto già facciamo) ma arricchendo tutto questo con le potenzialità e le opportunità del virtuale che abbiamo sperimentato in questo periodo.
E’ vero che cambiare è difficile, ma fa parte della naturale evoluzione delle cose e di certo ci fa crescere come professionisti e come persone.
Riflettere, adattare, ridefinire i tempi , gli spazi e le metodologie, cambiare in relazione al sistema che cambia: sono tutte azioni che ti portano a crescere . Non tutti i mestieri consentono questo – per questo credo che quello del docente sia il mestiere più bello del mondo!
Prof. Sabato Polzone
Docente di Elettrotecnica nel triennio ITTL
e Tecnologia dell’informazione e comunicazione nelle classi prime ITTL
E’ immediata e ovvia l’affermazione: la scuola a distanza non può sostituire l’attività educativa svolta in aula, in cui studenti e docenti comunicano non solo con le parole, con i libri ma soprattutto con gli sguardi, con l’incontro . Nelle scuole poi ci sono, i collaboratori scolastici che, rappresentano spesso fonte di conforto per molti dei nostri studenti e ciò costituisce l’ulteriore pilastro dell’ “essere scuola” ed “essere A scuola”.
Ognuno di noi nel partecipare a una riunione online, percepisce immediatamente il piacere di salutare i propri colleghi. Tutti ci siamo accorti del piacere di ritrovarsi “comunità”, anche se ognuno da casa propria.
La didattica a distanza per la scuola seppure per ora è risultata o considerata un’emergenza ha però degli aspetti positivi che ho potuto sperimentare personalmente e credo daranno ad essa un ruolo significativo come strumento per la quotidianità didattica.
In particolare l’uso delle tecnologie di apprendimento, hanno offerto, in questa fase emergenziale, l’opportunità di non troncare di netto il rapporto didattico con i nostri studenti e di “stare in contatto” con loro, anche se a distanza. Inoltre l’E-learning offre la possibilità di superare il vincolo “spazio-temporale” che caratterizza la routine quotidiana dell’attività scolastica.
Attraverso la piattaforma G-Suite, qualsiasi studente assente fisicamente in aula per qualsivoglia motivo potrà sempre tenersi aggiornato su ciò che il docente svolge la mattina in classe e trovare tutti i materiali che il docente stesso ha caricato compreso la registrazione della videolezione svolta.
Il fatto che personalmente e credo tutti noi docenti ci preoccupiamo perché un alunno non è presente a una VDL significa che ci interessiamo a non perdere gli alunni e di conseguenza a essere propensi per l’adozione di un semplice principio: “No Child Left Behind”, o meglio “personalizzazione dei percorsi di apprendimento”. Credo che avremo modo di discutere molto su questi ultimi e non è il caso di affrontare in questa breve riflessione.
Finalmente ho avuto modo di sperimentare l’uso degli E-book non come un semplice documento PDF ma di Ebook che ha funzionalità adatte a consentire una fruizione multimediale e interattiva.
Il formato di questi Ebook è Epub3 che consente di inserire non solo testi ma brevi filmati, test con autocorrezione e strumenti per la formattazione in modo a rendere il contenuto leggibile ovunque e permette anche di verificare se l’alunno ha compreso o meno l’argomento oggetto della lezione. Inoltre essi danno la possibilità dell’utilizzo dei “feedback” per valutare quanto gli studenti non hanno ancora compreso o acquisito dei moduli didattici proposti e di conseguenza aiuta molto prima di svolgere la valutazione sommativa.
Non ho difficoltà ad affermare che nella situazione attuale , dove i programmi sono più fluidi ho colto l’opportunità di studiare una cosa se ha senso. In classe se salti un autore o una legge della fisica mancherà certo un segmento importante , ma attraverso le VDL possiamo raccontare più liberamente cosa quell’autore significa nella nostra formazione o addirittura nella nostra vita, lo si può proporre agli studenti come un’occasione, anche in questo senso, più che come un dovere.
Le tematiche che abbiamo deciso di affrontare con gli studenti sono quelle dell’ergonomia e uso del PC per le classi prime , l’utilizzo in futuro dell’auto elettrica in luogo di quella a benzina e l’applicazione delle tecnologie elettriche oppure l’inquinamento prodotto dalle navi ormeggiate nei porti delle città e l’importanza dell’alimentazione elettrica autonoma e come essa si realizza, oppure , nel discutere dei punti critici emersi nei viaggi di istruzione in particolare durante il Travel Game o ultimo inerente l’alternanza scuola-lavoro fatta sulla nave Grimaldi abbiamo affrontato, ad esempio, l’adozione o meno di un dress-code per la scuola anche come opportunità per migliorare le condizioni di sicurezza nello svolgimento della propria attività.
Personalmente non ho avuto difficoltà nell’uso della tecnologia informatica, questo in virtù del fatto che è da molti anni che la utilizzo per lo svolgimento della mia attività di formatore e di ingegnere, acquisendo conoscenze sull’esistenza di diversi software applicativi che introdotti nello svolgimento della DaD aiutano molto a rendere agile la didattica . In questo periodo di svolgimento della DaD molti studenti si sono lamentati per un eccesso di compiti. Credo che dopo questa prima fase ritenuta emergenziale , a noi docenti serve una buona formazione sulle tecnologie didattiche, una capacità innovativa e fantasia. Ciò aiuterà molto non solo noi ma soprattutto gli studenti rendendo più agile e proficuo il loro studio e il loro apprendimento.
Prof. Pierpaolo Mandl
docente di Sostegno
Didattica a distanza: distanti o vicini ai nostri studenti? Una domanda difficile da rispondere. Certo, nella maggioranza dei casi, la didattica a distanza ci ha permesso di restare in contatto con i nostri allievi, i quali a loro volto hanno avuto modo di continuare a vivere la scuola anche al di fuori delle sue mura. Ma cosa vuol dire didattica a distanza? Per molti dei nostri studenti, significa seguire lezioni in videoconferenza, condividere materiale e svolgere verifiche “virtuali”. Per altri invece, la didattica a distanza è molto altro. Sono gli alunni e le alunne speciali, che vedono la scuola come uno straordinario mondo dove stare insieme ai propri compagni e scambiare quattro chiacchiere con i propri docenti. Quelli che sono i primi ad arrivare in classe e gli ultimi ad uscirne e continuano a farlo anche adesso, perché non vedono l'ora di cominciare la giornata in classe e non se ne perdono nemmeno un minuto. Sono quelli che in questo periodo hanno chiesto il nostro aiuto in silenzio, senza mai lamentarsi, perché loro, questa lontananza forzata dalla scuola, non la digeriscono affatto. Cosa vuol dire didattica a distanza per noi docenti? Trasmettere conoscenze e somministrare verifiche, certo. Ma significa soprattutto accogliere la muta richiesta di aiuto dei propri allievi, con un buongiorno la mattina e un buon pranzo a fine giornata, con una chiacchiera e qualche battuta, con rassicurazioni pomeridiane per i compiti, con un semplice “cime stai?” “cosa fai di bello”, con una semplice frase, mai banale “sii paziente, questo brutto momento finirà”. Siamo distanti ma vicini? O vicini ma distanti? La sfida che ci è stata posta è ardua, ma ogni sorriso, risata, battuta conquistata, è un passo in più verso il traguardo. E quando lo avremo raggiunto, ci accorgeremo che non siamo mai stati così vicini, nonostante fossimo così distanti.
Prof. Carlo Petralia
Docente di materie scientifiche - Chimica
Salve a tutti,
ho 34 anni , con soli cinque anni nell’insegnamento. Ogni scuola in cui sono stato , mi ha insegnato qualcosa, soprattutto sotto il profilo professionale. Da circa tre anni, ho il piacere di lavorare in una scuola che per me è diventata una seconda famiglia. Quest’anno poi è un anno speciale per me in quanto entro nell’Istituto non più come insegnante precario, ma come docente di ruolo. Ricordo ancora, quando giungendo circa tre anni fa , in piena emergenza post terremoto, fui accolto nella realtà del Cristofaro Mennella, che non si arrende di fronte alle difficoltà, abituata a superare a testa alta i diversi problemi come la perdita delle due sedi presenti nel Comune di Casamicciola nell’agosto 2017, con la conseguente attuazione dei doppi turni che si sono conclusi nel Novembre dello scorso anno scolastico, quando finalmente l’Istituto ha ottenuto la sede di Via Mazzella a Ischia. Durante questo periodo così difficile, nessuno si è mai tirato indietro ma ciascuno ha messo in campo la propria esperienza e la propria professionalità per garantire a tutti gli studenti una serenità, non certo facile, in una situazione del genere. Nell’anno scolastico in corso, la nostra comunità si è trovata ad affrontare una nuova sfida contro un nemico invisibile. Il Corona Virus, ha stravolto le vite di tutti e in modo particolare, la scuola nelle sue forme e nelle sue metodologie. Difficile stabilire quale scenario si paleserà da qui ai prossimi mesi, in particolare agli inizi del mese di settembre, con l’inizio di una nuova avventura, di un nuovo anno scolastico che certamente non ci troverà impreparati. Anzi, con la forza che ci contraddistingue saremo pronti a fare quello che sappiamo fare meglio: garantire ai nostri studenti il diritto allo studio che consenta anche a coloro che presentano maggiori difficoltà il successivo formativo, non trascurando l’altro aspetto fondamentale, che è quello di mettere in campo tutte le strategie possibile che consentano finalmente il rientro nelle aule, aule quelle stesse aule che sono state abbandonate in fretta e furia ad inizio di Marzo, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza e igiene.
La mia esperienza didattica nel periodo del Coronavirus
All’indomani dell’inizio dell’emergenza che da li a poco sarebbe stata classificata come pandemia, io ed alcuni colleghi ci siamo attivati per testare alcune piattaforme che sarebbero potute essere utili per lo svolgimento delle attività di Didattica a distanza. Dopo diverse opzioni, la scuola ha deciso di utilizzare la piattaforma di Google per svolgere le lezioni a distanza. La scelta di questo strumento, non ha rappresentato per me un problema , in quanto era a me già noto dopo aver frequentato vari corsi vari corsi di formazione on line sull’argomento sia attraverso la partecipazione al Future Lab, un corso di formazione di due giorni, tenutosi a Brindisi nei primi giorni di Febbraio . All’evento erano presenti anche alcuni mie colleghi (Francesca Barile, Antonio Carbone, Annamaria di Giovanni, Adriana Di Donna, Fortuna Senese) e la Dirigente, la Prof.ssa Giuseppina Di Guida. Durante questa full immersion di due giorni, abbiamo affrontato diversi corsi che avevano come unico denominator comune : l’innovazione digitale della didattica con tutta una serie di laboratori operativi molto interessanti. Tra questi, quelli dedicati alle funzionalità delle piattaforme digitale ad uso didattico, tra cui la suite di Google, ha sicuramento suscitato il mio interesse. Esempi di scrittura condivisa, realizzazione di moduli per i quiz ad uso didattico e tutto ciò che avevano a che fare con una tipologia di didattica, diversa da quella tradizionale hanno contribuito sicuramente ad approfondire l’argomento e a seguire tutorial in rete. Ragionando con me stesso mi chiesi se mai un giorno, avessi potuto utilizzare tali applicativi nella didattica di tutti i giorni. Sono consapevole che in un mondo in continua evoluzione, dove la tecnologia è la parte dominante di questo processo di continuo cambiamento, anche la scuola deve fare la sua parte e non può più rimanere indietro. Occorre però un giusto compromesso tra quelli che sono i pilastri fondanti del sapere e quelle che sono le nuove frontiere dell’apprendimento, che consentono un raggiungimento degli obiettivi prefissati in modo non convenzionale. La tecnologia, a mio avviso, deve essere parte integrante del processo di insegnamento- apprendimento e non si può più pensare di utilizzare solamente gli strumenti formativi che venivano utilizzati in passato, che a mio avviso restano ancora validi.
Mai e poi avrei pensato che la mia attività di docente potesse essere rivoluzionata radicalmente da un giorno all’altro. Quando ci è stato comunicato che a partire dal 9 Marzo, avremmo cominciato a riprendere il dialogo educativo con i nostri studenti , mediante videoconferenza, mi sono chiesto in primo luogo come potessi in questo frangente di riprendere il percorso con i ragazzi pur non avendo a disposizione gli stessi mezzi che utilizzavo in aula. La disciplina che insegno, la Chimica, presenta numerosi aspetti difficili da comprendere, se non si collegano tali problematiche alla realtà in cui gli studenti sono immersi. Contestualizzare, calare la disciplina nella vita reale è stato un aspetto che ho sempre cercato di curare perché è impensabile fornire nozioni senza comprendere l’aspetto pratico del problema. La Chimica, però, è una disciplina che per essere veramente compresa da tutti deve avvalersi di altri tipi di strumenti: la didattica laboratoriale e l’applicazione pratica dei concetti teorici attraverso la risoluzione di esercizi. Per quanto riguarda, il primo aspetto, io e la mia collega di Laboratorio, Prof.ssa Anna Pisano, abbiamo cercato di rimodulare l’attività pratica attraverso la simulazione di laboratori virtuali. Attraverso la visualizzazione e la condivisione di video e altri tipi di documenti, insieme agli studenti abbiamo cominciato a realizzare tutta una serie di attività che prevedevano l’utilizzo degli strumenti digitali. E’ stato molto interessante notare come la maggior parte degli studenti abbiamo partecipato attivamente alle discussione che venivano proposte di volta in volta nell’aula virtuale.
Un'altra questione spinosa, riguardava la spiegazione e la formulazione degli esercizi, dove è necessario far utilizzo di simboli chimici. Questo aspetto avrebbe spaventato chiunque , ma io non mi sono perso d’animo e ho cercato di utilizzare diverse strategie per giungere a dei risultati concreti. Tuttavia, dovevo cercare di trovare nuovi canali comunicativi, che rendessero la lezione meno noiosa e consentisse ai discenti di appassionarsi alla tematica affrontata. Come fare? Come poter raggiungere tali obiettivi?
La parola d’ordine che mi ha accompagnato in questo periodo è stata la seguente: reinventarsi. Rimodulare la azione didattica trovando, come ho già detto precedentemente, di trovare dei collegamenti con la realtà in cui sono immersi i ragazzi.
Nelle classi prime, ad esempio, nell’affrontare la spiegazione relativa alla determinazione della composizione percentuale e del relativo calcolo della formula minima e molecolare, sono partito, nell’introdurre l’argomento, da una situazione reale. Sono partito, in particolare da una situazione problema: si supponga che il signor Gianni abbia comprato in una gioielleria appena inaugurata un braccialetto d’oro, come sarebbe possibile verificare che il braccialetto che egli ha acquistato sia di oro puro? E qual è la percentuale d’oro presente in un oggetto simile? Dopo aver introdotto l’argomento, fornendo a tutti gli studenti slide riadattate, documenti di sintesi della tematica affrontata con la spiegazione di alcuni problemi classici, ho cercato di promuovere una serie di competenze negli studenti fondamentali per il successo formativo, tra cui quelle relativa ad Imparare ad Imparare e La competenza digitale. Per quanto concerne quest’ultima competenze, la sfida più grande è far capire ai ragazzi come funzionasse un software presente in tutti i pc e che può essere di grande utilità per le discipline scientifiche, ma non solo: Excel. Con mio stupore, ho constatato che la maggior parte dei discenti non aveva alcuna nozione in merito, non perché tale argomento non fosse stato affrontato in un'altra disciplina, quella di Tecnologie Dell’Informazione e della Comunicazione, ma perché essi sono talmente abituati a svolgere tutte le operazioni dai cellulari che non hanno idea di come si usino i software più comuni. Per questo ho deciso di creare dei piccoli vademecum in cui si descrivevano le principali operazioni da eseguire per effettuare calcoli con le moli, determinazione della composizione percentuale, formula minima e molecolare, sfruttando semplicemente Excel per la risoluzione di semplici problemi.
Per le classi seconde, con le quali si sta per concludere il dialogo formativo, ho adottato delle strategie simili. In particolare, nell’affrontare un argomento piuttosto complesso nel linguaggio della Chimica, la teoria degli acidi e basi e il relativo concetto di pH, sono partito anche qui da una situazione reale. L’argomento è stato introdotto, partendo dalla situazione attuale che sta vivendo il nostro pianeta, all’indomani del lockdown. Si è osservato che all’indomani della chiusura totale delle attività, molti siti di interesse naturalistico, in particolare fiumi e mari abbiamo avuto una seconda possibilità e riprendersi quegli spazi che fino a qualche tempo prima erano stati irrimediabilmente compromessi dall’inquinamento. A partire da questa tematica, si è passati poi ad illustrare una conseguenza di tale fenomeno: l’acidifcazione degli oceani. L’oggetto della attività proposta, non solo ha incuriosito e appassionato gli studenti, ma mi ha anche permesso di trattare in maniera semplice gli aspetti più caratteristici della disciplina. Questo sicuramente ha reso sicuramente le lezioni più coinvolgenti sensibilizzando gli studenti alla tematica ambientale, tematica riportata anche nell’Agenda 2030 dell’ONU di cui si è fatto cenno.
La didattica a distanza, ha anche permesso di creare un nuovo equilibrio tra il gruppo di pari: in particolare, ho osservato come i soggetti che in classe mostravano un atteggiamento poco incline al dialogo educativo, hanno subito in questi mesi un significativo cambiamento sia in termini comportamentali che in termini di risultati di apprendimento. E’ indubbio che alcune difficoltà permangono, tuttavia ho potuto notare come tali soggetti siano divenuti più responsabili e maturi.
Anche l’interazione con i colleghi, sebbene a distanza, non si è interrotta. Anzi , posso affermare che quella pratica di discussione e confronto, che dovrebbe caratterizzare ogni docente, non sia stata mai completamente chiusa. Insieme ,infatti, cerchiamo di confrontarci su strategie didattiche da seguire, linee comuni a cui attenerci per affrontare allo stesso modo le lezioni o ci scambiamo opinioni su come migliorare l’azione didattica.
Questa nuova forma di fare insegnamento, ha influito in maniera significativa, non solo il modo di fare lezione non ha investito l’attività didattica tradizionale ma anche alcune attività extra-curricolari, come alcuni progetti avviati dal nostro Istituto. In particolare, per portare a termine il progetto STEM, progetto finalizzato a sensibilizzare gli studenti verso lo studio delle discipline scientifiche e promuovere la parità di genere, io e i colleghi che hanno preso parte al progetto ,di trovare nuovi canali, nuove strategie per portare a termine quanto iniziato. I risultati ottenuti, sono stati anche qui sorprendenti.
Non bisogna dimenticare, anche alcuni aspetti non completamente positivi della didattica a distanza. Da quando sono iniziate le video lezioni, la maggior parte di noi passa molto tempo davanti allo schermo di un computer, per la preparazione dei compiti , materiale da fornire ai ragazzi, ecc. Sebbene questo aspetto, sia stancante da un punto di vista fisica, posso dire che come molti miei colleghi, questo tempo speso davanti ad uno schermo è un tempo ben speso perché quello che facciamo lo facciamo per i nostri ragazzi, per far sì che essi raggiungano dei livelli di padronanza nelle singole discipline ad un livello maggiore.
Un altro aspetto che è sicuramente fuorviante, in questa situazione di emergenza è la mancanza di una vera interazione , una interazione di natura fisica con i nostri studenti. Pur mantenendo e cercando di gestire quel rapporto umano che si era venuti a creare prima della pandemia, manca quel quid in più che contraddistingueva l’interazione con questi ultimi in aula.
Non bisogna poi dimenticare tutte quelle problematiche legate alla connessione delle lezioni, che sono state in parte risolte. Molti studenti, non riescono a collegarsi o perché abitano in zone in cui il segnale della rete Internet è piuttosto scarso o perché in alcune ore della giornata, c’è un significativo sovraccarico della rete nazionale, che impedisce la fluidità dei collegamenti.
Manca, infine, quel rapporto con gli altri docenti, che prima di essere colleghi, sono amici e confidenti fidati e che va ben oltre il tempo scuola. Mi manca soprattutto il fatto di non poterli abbracciare, parlare con loro, ridere scherzare: tutte cose che caratterizzano la socialità dell’essere umano.
L’anno scolastico sta ormai per volgere al termine, ma sono certo che se a Settembre la situazione che abbiamo vissuto in questi mesi dovesse ripresentarsi, il corpo docente del Mennella e i suoi studenti non si faranno trovare impreparati. Anzi, sono certo che nel corso dei prossimi mesi, si potrà fare sempre meglio. Questa è la scuola del domani, questa è la scuola che dobbiamo preparare alle generazioni future. Solo attraverso la professionalità, l’impegno ma soprattutto la passione che un docente ci mette nel coinvolgere i suoi studenti, sarà possibile costruire una scuola migliore, a misura di alunno.
Prof. Giuseppe Varletta
Docente di Scienze e Tecnologie applicate
Una cosa è certa: questo lungo periodo di isolamento che stiamo vivendo a causa della pandemia ci ha portati a chiederci che cosa sia veramente importante, che cosa conti realmente.
Ebbene, come uomo una risposta me la sono data e credo che essa sia la stessa per tutti noi. Ciò che conta è l’amore verso l’altro e verso il nostro pianeta.
Ma come docente, che cosa è importante che io faccia? Di che cosa la Scuola deve rendere conto davanti alla società?
È evidente che i mille obiettivi che ci prefiggiamo di far raggiungere ai nostri studenti sono certamente importanti e sarebbe auspicabile che essi li raggiungessero tutti. Ma, quando si tratta di una questione di vita o di morte, quando qualcuno ti chiede cosa porteresti su un’isola deserta, che cosa rispondi?
La domanda cruciale è dunque: “Cosa non deve mancare nella formazione dello studente?”
Questo è il mio ventesimo anno di insegnamento e devo dire che quando ripenso a come ero, come docente, venti o dieci anni fa mi viene da sorridere. E sicuramente mi verrà da sorridere anche fra dieci o vent’anni, ripensando a come sono ora. Perché, come si dice dalle mie parti, sono pieno di sbagli.
Ma, una cosa credo di averla capita: ciò che conta è tirare fuori da ciascuno studente l’umano che è dentro di lui. È questo lo si può fare sentendo la sua storia, scoprendo quali sono le sue passioni, i suoi interessi, le sue paure, interessandoti di lui. Facendogli sentire che tu credi che lui possa farcela, che lascerà il mondo meglio di come l’ha trovato. Che sarà un buon padre, una buona madre, un bravo marito, una brava moglie, un cittadino consapevole.
Questo è per me quello che conta realmente!
Prof. Francesca Barile - Animatore Digitale
Cari tutti,
Ho 65 anni, con più di 30 anni di esperienza alle spalle e prossima alla pensione. Non avrei mai pensato di ritrovarmi, quasi al termine della mia esperienza lavorativa, ad assistere ad un tale stravolgimento del classico metodo di insegnamento. La comunità scolastica si è dovuta reinventare e, probabilmente, un ritorno alla "normalità non potrà avvenire prima di settembre. Ed anche allora saremo chiamati a un rientro alternativo, magari a giorni alterni o in base ad un sistema di turnazione. Ma la prerogativa sarà sempre la stessa: garantire il diritto allo studio, accanto a quello alla salute.
La mia esperienza didattica nel periodo del Coronavirus
All’inizio c’è stato poco tempo per pensare a cosa stava avvenendo in quanto ci siamo trovati catapultati in un mare di problematiche da risolvere, decisioni da prendere senza alcuna indicazione esplicita da parte del Ministero, con il nostro unico obiettivo di fare qualcosa per i nostri studenti e non lasciarli soli in un momento che nessuno ancora era in grado di comprendere a fondo.
Pensandoci ora, dopo vari mesi di didattica a distanza non posso non considerare alcuni aspetti di questo nuovo modo di fare scuola. Sono partita da varie domande che mi hanno assillata in questi mesi.
La DAD offriva a tutti gli studenti la stessa opportunità, riducendo le distanze nei percorsi di apprendimento? O le confermava e forse le accentuava?
Io sono stata fortunata, perché lavoro in una scuola ove si è sempre dato molta importanza non solo alle competenze informatiche, (attualmente strumento imprescindibile per una buona didattica ancor più in riferimento al momento di emergenza che viviamo) ma soprattutto dove si è sempre dato valore agli studenti, intesi come persone, con i loro particolari pregi e difetti da potenziare o da correggere. Quindi non ho assistito a grossi fenomeni di dispersione dove studenti magari volonterosi, ma carenti di mezzi, che vivono in famiglie disagiate, sono stati messi nelle condizioni di non poter partecipare alla didattica.
Certo non posso negare che mi sono trovata di fronte a studenti provenienti da fasce sociali più povere e svantaggiate che potevano rischiare di essere lasciati soli. A molti ragazzi sono mancati i PC, mancate le connessioni stabili o con un numero di giga sufficienti a garantire l’ascolto di una lezione, ma abbiamo fatto in modo di fornire loro, (con tutorial, videoconferenze o anche messaggi privati su gruppi whatsapp o via email) un’educazione a un uso responsabile della rete, fornendo loro le conoscenze per applicare semplici istruzioni o addirittura cercare di capire e colmare la mancanza (spesso) di spazi domestici adeguati in cui era possibile svolgere le attività scolastiche.
Come non posso negare di essermi imbattuta in situazioni in cui il nuovo “modus operandi” ha creato non poche difficoltà in colleghi non abituati a doversi confrontare davanti a uno schermo di computer o ancor peggio ad associare l’idea di scuola a un telefono cellulare. Ma tutto ciò è stato brillantemente superato, forti del fatto che per tutti noi la scuola è una comunità educante fatta di socializzazione, confronto, cooperazione e condivisione. Ognuno ha dato il meglio, sia docenti che studenti e, perché no, anche genitori.
Con ciò non intendo dire che la didattica a distanza, ha trasformato i docenti in tecnici informatici e in somministratori di video, di esercitazioni e verifiche. La Dirigente Scolastica Giuseppina Di Guida ha sin da subito insistito di ponderare bene le ore di lezioni sincrone e di non caricare gli studenti di materiali, verifiche o quant’altro pur di assegnare. Ci siamo preoccupati di avere contatti con i nostri studenti, di capire e andare incontro alle loro esigenze e cercare di risolvere le loro problematiche sia personali che familiari e sociali.
Abbiamo sempre cercato di essere chiari e visibili e di usare, oltre alla piattaforma Gsuite, anche e sempre il registro elettronico in modo da essere.trasparenti e disponibili ad un confronto con le famiglie, in quanto ciò che ci preme trasmettere è la volontà di essere una scuola combattiva e presente, che non si ferma davanti alle difficoltà.
Certi dell’importanza di spazi di discussione e confronto tra docenti, studenti e genitori abbiamo cercato di capire cosa tutti gli attori coinvolti pensavano e se la scuola stava interpretando i loro bisogni nel modo giusto.
E, dopo un’attenta analisi e un monitoraggio delle informazioni scaturite dai vari questionari sottoposti , ci siamo sentiti più forti, concentrandoci maggiormente sulle azioni da intraprendere in futuro al fine di migliorare ulteriormente il nostro operato.
Io Insegno Inglese in tutte le classi prime dell’ITTL e nella prima del nostro nuovo indirizzo Socio-sanitario, cioè in quella fascia di età più bisognosa di attenzione e alla fine, in base all'esperienza avuta, sento di dare un giudizio e tentare una valutazione a tutto periodo.
Non sono mancati aspetti positivi , anche se, col senno di poi, non vedo l’ora di rivedere e riabbracciare tutti, ma proprio tutti, i miei studenti e i miei colleghi, arricchita da questa esperienza DAD e dando forse un valore diverso alle solite azioni.
La “didattica a distanza” ha comunque permesso di portare avanti l’anno scolastico e soprattutto mi ha dato la possibilità di mantenere vivo il rapporto con le mie classi, anzi direi con tutti i mie “alunni”, rapporto che per certi versi si è anche consolidato in quanto mi ha dato la possibilità di cogliere degli aspetti che in classe, probabilmente, sarebbero sfuggiti. Inoltre questo periodo di solitudine forzata, unito ad un senso di precarietà e di malessere generalizzato ha incrementato e migliorato l'interesse e la partecipazione alle lezioni.
Nonostante le difficoltà legate soprattutto all'utilizzo del cellulare come strumento al servizio della didattica la voglia di stare insieme era molto forte e sentita dalla maggior parte degli studenti: questo mi ha portato a pensare che l’insegnamento, a distanza o non, necessita maggiormente di un “non distacco emotivo tra discente e insegnante”, e che i rapporti empatici e non sterili sono quelli maggiormente richiesti e apprezzati dai nostri studenti.
Cosa ne scaturisce?
Che la DAD ha fatto (ri)scoprire la possibilità di un insegnamento non finalizzato esclusivamente al voto ma ha rivalutato e messo in essere la necessità di “ valutazione formativa”, cioè il prendersi cura dell’apprendimento degli allievi, della loro crescita rispetto ai loro personali tempi di maturazione. In questo periodo di DAD i docenti hanno dovuto valutare la crescita degli allievi, il loro atteggiamento, il loro comportamento, il loro saper stare insieme da lontano rispettando se stessi e i docenti. Inoltre si sono sentiti, secondo me, più coinvolti nell'apprendimento non a partire da un voto, ma da uno stimolo costante offerto per provare a vivere in modo più indipendente e più consapevole.
Concludo affermando che il processo di insegnamento/apprendimento dipende solo e sempre da noi. Se siamo sensibili alle problematiche scolastiche, giovanili, sociali, affronteremo (in presenza di DAD o non), in modo consapevole e giusto, qualsiasi sfida che il coronavirus ci chiederà.
A mio modesto parere, tutti insieme, confrontandoci e condividendo paure, ansie e dubbi capiremo, come per incanto, cosa fare per proseguire alla grande.
Così come abbiamo trovato soluzioni alternative ad un’ emergenza così grave e ci siamo messi in gioco con impegno e nuova forza, nello stesso modo troveremo la strada e la forza per migliorarci, come persone e come docenti.
PASSIONE E IMPEGNO sono e saranno sempre gli ingredienti base.