Legislazione

Così come per il bullismo, anche rispetto al cyberbullismo è possibile rinvenire nell’ordinamento strumenti di tutela sotto il profilo sia penale che civile. Diversamente dal bullismo (per il quale ad oggi mancano espliciti riferimenti legislativi, in attesa della possibile approvazione di uno dei diversi progetti di legge pendenti in Parlamento), il fenomeno del cyberbullismo è stato oggetto di un apposito intervento normativo con il quale si è cercato di introdurre misure di prevenzione e contrasto delle condotte bullizzanti seguite nel web.

  • Il cyberbullismo è una qualsiasi forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, ecc. il cui scopo sia di isolare un minore ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso o la sua messa in ridicolo.

  • Sia un minore di almeno 14 anni, colpito dal cyberbullismo, sia i suoi genitori possono richiedere al gestore del sito internet o del social media di oscurare, rimuovere o bloccare qualsiasi dato del minore dallo stesso sito o social media.

  • Stabilisce che ogni scuola deve nominare un docente con il compito di coordinare le azioni di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo.

  • Prevede un ammonimento da parte del questore verso il cyberbullo.

Tutele sul Piano Penale

In riferimento alla nozione di cyberbullismo introdotta dal legislatore con la L. 71/2017, è possibile osservare come essa sia stata costruita in parte facendo ricorso a termini tecnici del diritto penale e in parte adottando, invece, espressioni che appaiono riconducibili ad alcune precise fattispecie di reato. In effetti, pur nell’estrema varietà che caratterizza il fenomeno, diversi sono i reati che potrebbero astrattamente configurarsi dinanzi ad una delle condotte ivi richiamate.

L’invio di messaggi di contenuto denigratorio, se da un lato non può più integrare l’abrogato delitto di ingiuria, potrebbe dall’altro configurare un’ipotesi di diffamazione (art. 595 cod. pen.), aggravata dal fatto che, per giurisprudenza ormai costante, molte delle più diffuse forme di interazione sul web costituiscono “mezzi di pubblicità”, in grado di provocare una più ampia diffusione del contenuto diffamatorio, giustificando così un più severo trattamento sanzionatorio.

Qualora i messaggi inviati assumano carattere molesto o minatorio, potrebbero ravvisarsi la contravvenzione di molestie o disturbo alle persone (art. 660 cod. pen.) o il delitto di minaccia (art. 612 cod. pen.); nel caso in cui tali condotte si susseguano in maniera sistematica e determinino un significativo pregiudizio alla serenità della persona offesa, potrebbe ritenersi integrato anche il più grave reato di atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.).

Nelle ipotesi in cui il bullo navighi sul web spacciandosi per un’altra persona al fine di far ricadere poi su quest’ultima eventuali conseguenze negative, potrebbe applicarsi il reato di sostituzione di persona (art. 494 cod. pen.); qualora l’azione sia commessa avvalendosi delle credenziali di accesso ad un determinato servizio di comunicazione elettronica, potrebbe inoltre essere contestato il delitto di accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter cod. pen.).

Nei casi in cui la condotta vessatoria si realizzi attraverso la diffusione di materiale sensibile riferito alla vittima, potrebbe venire in rilievo il recentemente istituito delitto che punisce la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter cod. pen.); la norma appena menzionata, con una clausola di riserva, fa tuttavia salva l’applicazione di reati più gravi, come ad esempio quelli in tema di pedopornografia, ravvisabili qualora il materiale diffuso abbia come protagonista una persona di età inferiore ai diciotto anni (artt. 600-ter e 600-quater cod. pen.).

Ulteriori reati astrattamente configurabili possono infine essere individuati in quello di trattamento illecito di dati, in quello di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis cod. pen.), in quelli di estorsione (art. 629 cod. pen.) o truffa (art. 640 cod. pen.), allorché siano presenti anche profili di aggressione al patrimonio della vittima; infine, in alcuni casi di eccezionale gravità, non può escludersi di arrivare ad ipotizzare addirittura il delitto di istigazione al suicidio (art. 580 cod. pen.).

Dinanzi ad episodi di cyberbullismo aventi come autori soggetti minorenni occorre richiamare gli avvertimenti già forniti nell’apposito contributo in tema di bullismo: il codice penale esclude in via assoluta l’imputabilità dei minori di quattordici anni, (art. 97 cod. pen.), mentre impone di valutare in concreto la capacità di intendere e volere del reo d’età compresa fra i quattordici e i diciotto anni, prevedendo comunque, in caso di ritenuta imputabilità, un trattamento sanzionatorio mitigato (art. 98 cod. pen.). In ogni caso, l’applicazione di una pena nei confronti di un minore deve rappresentare sempre l’extrema ratio, avendo lo stesso legislatore inserito, nell’ambito del processo penale minorile, una serie di istituti finalizzati ad offrire possibili esiti alternativi del giudizio, nell’ottica di favorire quanto più possibile un percorso di rieducazione e reinserimento sociale del giovane che pur ha sbagliato.

Tutele sul Piano Civile

Per quanto riguarda le forme di tutela sul piano civile, anche in questo caso è possibile fare riferimento a quanto già illustrato nell’apposita guida in tema di bullismo. Ciascuna delle condotte riconducibili al fenomeno del cyberbullismo è infatti idonea a cagionare pregiudizi alla persona che ne è vittima, valutabili sotto tutti i profili che compongono le categorie del danno patrimoniale e non patrimoniale.

Nel caso in cui autori di tali comportamenti siano soggetti minorenni, potrà porsi il problema dell’eventuale responsabilità dei soggetti tenuti alla loro vigilanza e alla loro educazione, ai sensi degli artt. 2047 e 2048 cod. civ. .

Atto Camera 1524-A

È una modifica al regio decreto legge n. 1404/1934, con lo scopo di rieducare i minorenni "bulli" e di correggere i comportamenti caratteristici del bullismo.

  • Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da porlo in una condizione di emarginazione.

  • Prevede l'attivazione di un percorso di mediazione o di un progetto con finalità rieducativa per i minori che mostrano gli atteggiamenti violenti e aggressivi del bullo.

  • Istituisce un numero pubblico (114) che assiste psicologicamente e legalmente le vittime di atti di bullismo.