La (in)felicità Dei Piaceri Incerti

La (in)felicità dei piaceri incerti

In questo capitolo Bauman tratta il concetto di progresso. Esso è descritto come il bisogno di disfarsi di strumenti e giocattoli vecchi e sostituirli con altri nuovi, più facili da far funzionare, con cui ci si possa divertire più in fretta, e preferibilmente dotati di dispositivi in grado di fare ciò che i precedenti non potevano, o di farlo meglio e con meno fatica. È diventato perciò un ‘movimento senza una causa’, che sfugge a qualsiasi controllo, che procede per conto proprio senza alcuna destinazione o finalità. Mentre prima si credeva che la necessità fosse la madre dell’invenzione, oggi la successione è stata invertita ed è l’invenzione ad essersi rivelata la madre del bisogno: se una cosa si può fare, il desiderio di farla segue a ruota. Le risposte tecnologiche quindi precedono le domande anziché seguirle. La volontà è rivolta per lo più a trovare domande per le quali esistono risposte già pronte, e a far porre tali quesiti al maggior numero possibile di persone, e a renderle pronte a pagare per tali risposte. Sembra dunque poco concepibile che la tecnologia possa essere un processo con un traguardo; che possa in qualche punto raggiungere il proprio obiettivo e riposarsi: il suo vero mestiere è quello di elaborare sempre nuovi problemi, che in passato erano inediti e inimmaginabili. L’obiettivo della pubblicità è informare i potenziali consumatori sui nuovi prodotti che essi potrebbero non aver voluto prima, perché ignari della loro esistenza e che non desidererebbero ora se non venissero adeguatamente tentati e sedotti: instilla nuovi desideri e modifica quelli esistenti. Ma l’effetto complessivo di tale bombardamento pubblicitario è non permettere mai che il desiderio si assopisca o si raffreddi. Gli antagonisti del consumismo sono il lavoratore tradizionale (poiché non desidera arricchirsi sempre di più, ma semplicemente vivere come è abituato a fare e guadagnare quanto basta a tal fine) e il consumatore tradizionale (sperimenta il bisogno come uno stato di sgradevole tensione e identifica la felicità nell’eliminare tale esigenza e nel tornare allo stato di equilibrio e tranquillità raggiunto, nel momento che tutto quanto occorre per soddisfare il bisogno viene ottenuto).

Definizione di consumismo

Presente nei paesi a reddito elevato, ma anche in quelli in via di sviluppo, consistente nell’aumento dei consumi per soddisfare i bisogni non essenziali e secondari indotti dalla pressione della pubblicità e da fenomeni d’imitazione sociale diffusi tra ampi strati della popolazione.

La vita del consumatore

L’elemento più sconcertante di tutti è il venir meno dello stimolo, un tempo importantissimo, ad accumulare cose. Gli oggetti non vengono acquistati con l’intento di essere tenuti a lungo, bensì per essere usati possibilmente all’istante. Devono essere posseduti solo fino a quando vengono usati. Anche la definizione di utilità è cambiata: non si riferisce più alla costante capacità dell’oggetto di rendere i servizi che offriva al momento dell’acquisto, ma il desiderio che il suo proprietario nutre nei confronti dei suoi servizi. L’oggetto può anche trovarsi in perfette condizioni, ma se i suoi utilizzi hanno perso il valore aggiunto della novità o se gli altri oggetti promettono servizi più eccitanti, allora non servono più. Poiché tutte le attrazioni sono destinate a invecchiare a partire dal momento stesso in cui nascono, esse tendono a esercitare la massima seduzione e a offrire il massimo piacere nel breve periodo successivo alla loro apparizione.

Definizione di delocalizzazione

Processo per cui l’industria tende a decentrarsi dalle originarie localizzazioni. Tra i motivi che ne sono alla base vi sono i minori costi della manodopera per le produzioni imitabili e ad alta intensità di lavoro, la penetrazione dei mercati emergenti e la costruzione di un sistema distributivo e logistico più efficiente. La produzione ottenuta a seguito di questo spostamento dell’attività non è venduta direttamente sul mercato, ma viene acquisita dall’impresa che opera nel paese di origine per essere poi venduta sotto il proprio marchio. Il consumismo e il conseguente aumento della richiesta di mercato obbligano le imprese a sfruttare il più possibile le proprie risorse e quelle di altri paesi.

L'ambiente

Lo spostamento delle sedi produttive in altri Paesi nasce anche dall’esigenza di bypassare le rigide norme poste a tutela dell’ambiente che in Europa e nel mondo occidentale rappresentano un vero problema per la crescita industriale. Le aziende, per evitare di pagare gli ingenti costi che deriverebbero da una politica più ecologica, non fanno altro che spostare le attività inquinanti nei Paesi in via di sviluppo. Qui non esistono ancora norme particolarmente rigide e questo consente di aprire industrie e stabilimenti, senza dover sopportare tutte le spese che sarebbero invece previste nel Paese di origine. Ne consegue che l’ambiente non risulta più tutelato e che il problema legato all’inquinamento viene semplicemente spostato dall’altra parte del mondo.

Sfruttamento minorile

E’ tra le conseguenze della delocalizzazione. Presenta le seguenti caratteristiche:

• comprende i bambini di età compresa tra i 5 e i 14 anni

• è dovuto alla povertà

• diffuso particolarmente in Asia, Africa, America del Sud

• i settori in cui i bambini vengono sfruttati sono diversi e vanno dalla pesca al settore urbano

• sono sorte varie iniziative per combattere lo sfruttamento minorile, ma la maggior parte non ha raggiunto i propri obiettivi.