Il motivo principale della “fama” di Zaniboni, è l’attentato a Mussolini, che avvenne 4 novembre del 1925. L’arma da usare era un fucile di precisione austriarco, che mirò al duce da una finestra dell'albergo Dragoni di Roma che affacciava direttamente su Palazzo Chigi, dove il duce stava celebrando l’anniversario della vittoria della Prima Guerra Mondiale.
L'operazione di polizia scattò subito, quando Zaniboni, giunto in albergo, si apprestò a salire nella sua camera, dove poco dopo fu ritrovato il fucile.
Il Processo
Zaniboni fu incarcerato. Il processo incominciò l'11 aprile 1927, dopo la promulgazione delle leggi fascistissime.
Zaniboni respinse le accuse dichiarando di non aver avuto intenzione di uccidere nessuno, o tutt'al più Roberto Farinacci, ma non Mussolini. Infine, a sorpresa, nel dibattimento, rivendicò le proprie responsabilità:
Dichiara che il giorno 4 novembre 1925 era sua intenzione sopprimere il Capo del Governo, Benito Mussolini.
Zaniboni cercò inutilmente di scagionarlo dal fallito attentato; ammettendone però il coinvolgimento, disse: "avevo notato la sua avversione alla mia azione e l'intenzione a staccarsi da me.”
Zaniboni fu condannato per alto tradimento a trent'anni di reclusione.
Nel 1935 Zaniboni spedì diverse lettere a Mussolini, ringraziandolo per aver aiutato economicamente la figlia a terminare gli studi universitari.
La stessa figlia Bruna inviò diverse lettere di ringraziamento a Mussolini per il trattamento ricevuto, e dopo la laurea fece dono a Mussolini della propria tesi.
Anche se le informazioni attualmente in possesso non sono molto accurate a causa delle poche testimonianze fornite, Tito Zaniboni trascorse circa 16 anni in prigione (dal ‘27 al ‘43) per le sue idee antifasciste e per l’attentato a Benito Mussolini, vivendo momenti di isolamento e condizioni dure, soprattutto durante la reclusione sull'isola di Santo Stefano. Si dedicò allo studio e alla scrittura, mentre la sua famiglia soffriva l'emarginazione sociale e fu costretta a trasferirsi a Brescia. Con il trasferimento al carcere di Alessandria, la sua situazione migliorò, consentendogli di interagire con altri detenuti e ricevere visite familiari più frequenti. Nonostante le avversità, Tito continuò a lottare per i suoi ideali, mostrando forza e amore per la libertà e per la propria famiglia.
Scarcerato l'8 settembre 1943, fu chiamato da Badoglio a far parte del nuovo governo, dopo la caduta del fascismo ma rifiutò.
nel febbraio 1944 accetta la nomina di alto commissario per la epurazione del fascismo con poteri molto limitati.
Nel secondo governo Badoglio (aprile 1944) fu nominato alto commissario per i profughi e i reduci, fino al 1945. Dal 1950 al 1960 fu Presidente dell'UNUCI (Unione Nazionale degli Ufficiali in Congedo d'Italia).
Il Funerale
Tito Zaniboni, morto il 27 dicembre 1960 a Roma, è stato ricordato con un funerale che in cui si è sottolineato il suo impegno per la libertà e la giustizia.
Zaniboni è stato una figura importante nella storia italiana, noto per il suo coraggio e per aver lottato contro il fascismo.
Funerale di Tito Zaniboni nella Chiesa di San Michele Arcangelo a Monzambano