Non correre, non ridere, non giocare. Storie di infanzie rubate.

La vicenda dei bambini italiani immigrati come clandestini nella Svizzera del secondo dopoguerra.


Tra il 1948 e il 1970 gli italiani che lasciarono la Penisola per dirigersi verso la Svizzera furono quasi due milioni e ancora oggi oltre 300.000 italiani risiedono in Svizzera.

 Gli stagionali,  e gli immigrati annuali nei primi anni della loro presenza, non avevano diritto al ricongiungimento familiare: era vietato ai lavoratori emigrati, portare con sé famiglia e figli per riunirsi ai congiunti.  La conseguenza era quella di spezzare le famiglie o di costringerle a nascondere in casa i figli, privandoli della socializzazione con i loro coetanei e della formazione scolastica, con tutte le conseguenze che ne derivavano sia per il loro difficile inserimento lavorativo successivo, sia, soprattutto, per la loro formazione psichica e affettiva. I bambini erano costretti a vivere nascosti in casa, senza poter andare a scuola, uscire o giocare. Ogni giorno la terribile filastrocca dei genitori era “non ridere, non piangere, non far rumore”. 

La ragione di tutto ciò,  risiedeva nella volontà della Svizzera di massimizzare il profitto ricavabile dagli stranieri e minimizzare il loro costi assistenziali, conservando sul suolo nazionale solo quelli utili all’economia, ossia gli adulti.

Tuttavia, la responsabilità di tutto ciò ricadeva anche sull’Italia che, traeva comunque vantaggio dalle rimesse degli emigrati che avevano un ruolo nell’alimentare  il «miracolo economico».



In 3B e in 3A , dopo avere  visto un documentario che raccontava la storia di queste famiglie, abbiamo scritto le nostre prime impressioni “ a caldo” sulla lavagna, poi, abbiamo  provato ad immaginare cosa provassero questi bambini clandestini, mettendoci nei loro panni…scrivendo possibili lettere e pagine di diario.



3 gennaio 1970

Caro diario,

oggi voglio raccontarti della mia vita qui in Svizzera, dove sono una bambina clandestina italiana. La mia giornata inizia sempre presto, quando il sole sorge.Mi sveglio in fretta,  cercando di fare meno rumore possibile. Mentre gli altri bambini vanno a scuola e giocano con i loro compagni, io devo nascondermi, cercando di non farmi scoprire. Ho paura che qualcuno possa scoprire che sono qui e possa  portarmi via.

Leggere mi aiuta a dimenticare per un attimo la realtà e immaginare mondi fantastici. 

Mi sento molto triste e sola perché mi mancano la mia famiglia e i miei amici.

Mi manca l'odore di casa mia e il suono della mia lingua d'origine. Spero che un giorno cambi tutto, che possiamo tornare ad essere una famiglia felice ed unita e che la mia vita ritorni come prima.


27 aprile 1975,  Berna. 

Caro diario,

perdo le giornate immerso nel mare di parole che scrivo sulle tue pagine ingiallite dal tempo. Ne è passato di tempo e… o forse no, forse sto solo impazzendo, non lo so e non mi interessa, non so neanche più cosa mi interessa, forse più nulla, forse l’unica cosa che conta ormai è scriverti. Lo so che l’ho scritto milioni di volte, ma come ho detto… forse sto impazzendo!

Quando siamo arrivati qui non mi sarei mai aspettato tutto questo; tu mi capisci, vero… insomma,  questa storia che io devo stare in casa tutto il giorno, non devo parlare con nessuno, non devo muovermi e tutto il resto, io, non la capisco proprio.

Papà  me l’aveva chiesto se volevo rimanere a casa, in Italia,  con la nonna o venire con lui in Svizzera, mi aveva persino chiesto se volevo stare in un collegio ma io ho risposto di no. Caro diario, se potessi tornare indietro gli direi subitissimo che voglio stare con la nonna e con i miei amici; ma d'altra parte io gli voglio troppo bene per lasciarlo solo, capisci. E adesso mi ritrovo qua, solo, in una soffitta cigolante piena di polvere, perché volevo fare l’eroe. Papà è un  lavoratore stagionale ed io sono qui da sei mesi, per la maggior parte del tempo solo. Anche i compiti che mi hanno assegnato gli insegnanti prima della mia partenza li ho finiti, l’unico passatempo che mi resta ,oltre a te, è dormire.

Voglio tornare a casa!


10/05/1970

Caro diario,      

mi chiamo Michele, ho sei anni e sono italiano, ma “vivo” in Svizzera perché i miei genitori sono dei lavoratori stagionali italiani che, come tutti, non hanno diritto al ricongiungimento familiare, infatti io non potrei stare qui e per questo sono clandestino.

Io devo stare nascosto e non posso neanche andare a scuola, dato che se qualcuno mi scopre mi rimandano in Italia e non potrei più rivedere la mia famiglia. Questo perchè la per la politica migratoria Svizzera ha bisogno della manodopera, ma non vuole sprecare soldi e assistenza per i bambini, reputati inutili all'economia in quanto non ancora produttivi. Per questa cosa io, ma come me  tutti i bambini nella stessa situazione, sono costretto a vivere in solitudine, senza poter ridere e giocare, ma date le condizioni non posso quasi muovermi tanto perché se qualche vicino mi sentisse correrei un grande rischio. Ogni mattina mia madre, quando mi sveglio, mi dice di non parlare e quando torna dal lavoro  ripete la stessa cosa… la prima cosa che fa è dirmi di far silenzio, ma lo fa per il mio bene. A me piacerebbe molto andare a scuola per fare nuove amicizie e confrontarmi con i miei coetanei, ma questo non mi è concesso e a volte, oltre che leggere libri, immagino di giocare con un amico al parco giochi …insomma un po’ come tutti i bambini della mia età, ma questo è -e resterà- solo un sogno. Un'altra cosa che mi è  severamente vietata è guardare fuori dalla finestra  a meno che sia notte; infatti io vedo solo il buio, perché  di giorno sono serrato in casa e non  vedo che uno spiraglio di luce.

Io non auguro a nessuno di vivere questa esperienza e spero che tutto ciò finisca presto per me e per tutti i bambini “invisibili al mondo" come me.

Ciao ciao!

27 Settembre 1970

Caro Carpi,

oggi siamo partiti per la Svizzera. Appena arrivati nel piccolo appartamento, mamma e papà mi hanno detto di non far rumore perché altrimenti ci avrebbero scoperti e rimandati in Italia : la mamma e il papà non possono permettersi di tornare.

28 Settembre 1970

Caro Carpi,

anche oggi mamma e papà, prima di andare a lavorare,   mi hanno ripetuto che  non dovevo  far rumore,  non dovevo correre, , non potevo parlare e dovevo far giochi silenziosi…mi sembrava di non poter nemmeno piangere.

29 Settembre 1970

Caro Carpi, oggi era il mio compleanno e andavo per i 9 anni, mi è sembrato strano non festeggiarlo con le candeline sopra la torta e  con tutti i miei parenti attorno.

31 Ottobre 1970

Caro Carpi, oggi era Halloween… di solito andavo con gli amici in giro per le case a fare “Dolcetto o Scherzetto”; ma ora che sono chiuso dentro a questo appartamento non posso festeggiarlo e come al solito non potrò far nulla.

1 Dicembre 1970 

Caro Carpi, finalmente è Dicembre e tra soltanto 31 giorni potrò ritornare a casa in Italia e potrò di nuovo giocare a pallone nel mio cortile e fare tutte le festività o giocare con gli amici.

24 Dicembre 1970

Caro Carpi, oggi è la Vigilia di Natale e spero almeno che Babbo Natale mi porti dei regali come consolazione dalla noia.


25 Dicembre 1970

Caro Carpi, oggi è Natale e con il risveglio ho trovato un regalo davanti al lettino dove dormo, l’ho scartato e ci ho trovato un libro da leggere! Ma soprattutto la cosa importante è che tra 7 giorni ritorneremoa casa.  

31 Dicembre 1989 23:59

Caro Carpi,sono le 23:59 del 31 Dicembre e tra 1 minuto scatterà la mezzanotte e sarà Capodanno.

1 Gennaio 1971 00:00

Caroooo Carpiiii, buon Capodannoooo! Si sentono i botti dei fuochi d’artificio, resterò a guardarli ancora per qualche minuto poi andrò a dormire perché domani  prenderemo il treno alle 11:00 per tornare in Italia.

1 Gennaio 1971

Caro Carpi, siamo arrivati in tempo per il treno e ora siamo seduti in un vagone, in questo preciso momento abbiamo superato il confine tra Svizzera e Italia.

Siamo arrivati alla stazione di Torino e tornati a casa, siamo entrati a casa nostra! Mi sento di nuovo libero!

A Adam 16, Rue de Chaine

Lione, 69007 (FR)

Caro Adam, come stai? Spero tutto bene e spero che ti arrivi questa lettera.Ti chiederai perché ti mando una lettera e non prendo il treno come faccio sempre… Il fatto è che  i miei genitori si sono trasferiti in Svizzera nella bella città di Bellinzona che non potrò mai visitare, perché sono clandestino. Qui in Svizzera noi bambini, figli di emigrati italiani,  non ci possiamo stare e perciò , essendo clandestini,  non possiamo correre, ridere o giocare. Una volta  ho provato a giocare con un altro bambino anche lui clandestino, Momo, ma la signora Schlottebbërk (la vicina tedesca)ci  ha visti e lo ha riferito alla polizia degli stranieri e Momo non l’ho  più rivisto. E’ molto difficile per me, è come se mi stessero rubando l’infanzia e ad 8 anni non è per niente bello. Non posso scambiare due parole con mia madre, che  lei mette subito l’indice davanti alla bocca e sottovoce dice che devo chiuderla immediatamente. Anche con la scuola è un bel casino, faccio 6 mesi in Svizzera e 3 nella penisola italica e non riesco mai a stare al passo con la scuola perché in Svizzera sono più avanti con gli argomenti e quando torno mi sono perso 3 mesi. Nel complesso spero che tu stia sicuramente meglio di me. Ti saluto con affetto.


21 febbraio 1975

Cari Nonni,

vi scrivo per dirvi che siamo riusciti a partire, purtroppo…Abbiamo lasciato la nostra amata Italia e siamo arrivati nella fredda Svizzera. Oggi è il 2 febbraio del 1975 e sono due mesi da quando di corsa abbiamo preso le nostre cose più care e siamo saliti su un treno merci per poterci  nascondere meglio.

Finalmente, i miei genitori hanno trovato un lavoro, ma stanno fuori casa tante ore e nessuno sa di me e di mia sorella, infatti trascorriamo le giornate rinchiusi in casa. La casa, o meglio la nostra stanza è buia perché le tapparelle devono rimanere chiuse perchè potrebbero vederci. Fa freddo e c’è molta umidità e per scaldarci abbiamo un piccolo cammino. E’ impossibile andare a fare la legna perchè potrebbero scoprirci. Durante il giorno non possiamo fare rumore perché il signore del piano di sotto al nostro è uno svizzero e non sopporta gli italiani.

A farci compagnia abbiamo due pesci rossi di nome Bob e Coca Cola. Le giornate sono lunghe e leggo i pochi libri italiani che sono riuscito a mettere nello zaino.

Mi manca tanto la nostra libertà e il Piemonte ma soprattutto mi mancate Voi.

Ora vi saluto , miei cari nonni. 

                                                              Il vostro caro nipotino, Mattia.

                                                                                                              Svizzera, Berna  07/04/1973

                                                                                                            

        VIVERE NELL’OMBRA


        Caro diario, non sai da quanto tempo volevo avere un taccuino tutto per me.

        Ti ho ottenuto in dono dai miei genitori ieri il giorno del mio compleanno.

        Quando l’ho visto per la felicità del dono ricevuto ho iniziato a correre dappertutto, 

        la mamma e mio papà mi hanno sgridato dicendo che se avessi fatto ancora il minimo

       rumore le ose sarebbero finite male. Mamma mi dice sempre che non mi devo mai muovere

       facendo   rumore, perchè sennò dei “banditi” mi potrebbero portare via.

       All'inizio era bello pensarla così e mi nascondevo come un agente segreto, ma adesso 

       mi rendo conto che non è più un gioco, e il fatto che me lo ripetano continuamente con un tono

       minaccioso mi spaventa.

       Come ieri che dopo tutte quelle volte che me l’ha detto mi spavento e ci rimango male stando

       nel mio rifugio nell’angolino.


        Svizzera, Berna  08/04/1966

      Io ai primi tempi mi chiedevo: “ Chi sono quei bambini che vedo  giocare  fuori dalla finestra della camera dei miei genitori? 

       Perchè non posso andare con loro?”

      E pensavo  che quando mamma sarebbe tornata dal lavoro glielo avrei chiesto. Lei mi ha 

       risposto che erano dei ragazzi svizzeri.

      Le ho domandato  ancora se  potevo giocare con loro, visto che mi sentivo solo, ma lei mi ha

      detto di no , perché io ero diverso …se  mi avessero scoperto sarebbero stati guai.

      Ci  sono rimasto  così male da nascondermi sotto al letto dei miei e dopo un pianto

      mi sono addormentato.


       Svizzera, Berna  09/04/1973

       Dopo quello che è successo ieri non sto molto bene però si tira avanti.

       A proposito “I giorni passano ma i tempi non migliorano” è la frase che dice spesso mio padre

       anche se non so per cosa intenda dire, però io mi ci ritrovo molto in quello che intende dire.

       A modo mio l’ho interpreto che anche nonostante i giorni uguali passati in casa, i momenti

       in cui spero di ritornare a casa in Italia non arrivano mai.

       Quasi  mi verrebbe voglia di farmi prendere, però ho paura delle conseguenze.

       Le mie giornate le passo sul letto a  leggere dei libri con l’angoscia 

       di essere sempre scoperto.



25 ottobre 1964

Caro diario, 

sono Amelia, una bambina di 10 anni costretta a rimanere rinchiusa in casa. 

Oggi ti porto nella mia “vita” da clandestina qui a Berna.

La mattina mi devo svegliare all’alba, perché mamma e papà devono andare a lavoro, ed io posso solo prepararmi quando ci sono loro, così il mio rumore si confonde insieme a quello dei miei genitori.

Ogni mattina i miei genitori mi ripetono sempre la stessa frase: “NON RIDERE, NON PIANGERE E NON FAR RUMORE”. Non posso divertirmi con i bambini.

Adesso  ti starai chiedendo perché non posso giocare con i bambini, andare a scuola e affacciarmi alla finestra?

Beh, la risposta è una e molto chiara: sono una bambina emigrata dall’Italia, perché ai miei genitori è stato offerto un posto di lavoro ed io, non avendo nessuno che potesse badare a me, sono stata obbligata a seguire i miei genitori in questa nuova città, che, ancora oggi dopo tre anni, non conosco affatto.

Le giornate non passano mai, trascorro la maggior parte del tempo a leggere dei vecchi libri della mamma, a disegnare o a dormire su un letto scomodissimo.

Mamma e papà tornano da lavoro al tramonto, io sto tutti i giorni a casa da sola, cercando di non fare rumore, perché sennò i vicini avvertirebbero subito la polizia, e sarei costretta a tornare in Italia e far rischiare la perdita del lavoro ai miei genitori.

Ma perché i vicini dovrebbero chiamare la “polizia degli stranieri”?

In Svizzera, in questo periodo, non sono ammessi bambini stranieri. Se venissero scoperti, sarebbero rispediti immediatamente al paese di origine.

Ho l’impressione che la Svizzera pensi che noi siamo diversi dalla loro popolazione solo perché siamo di un’altra nazione, parliamo una lingua diversa e abbiamo tradizioni diverse.

Non trovo giusto che i bambini vengano privati della propria libertà e della propria infanzia, ma al momento non ho altra soluzione, se non quella di aspettare.

Ti saluto, ma ci sentiremo presto.

Buona notte, tua Amelia.

                                                                                                

20 Dicembre 1974 

Caro, Diario,

E’ mattina, sono Mike un bimbo di 6 anni e a malapena so scrivere.

Oggi mi sono svegliato e non era normale,

Ho fatto colazione… Non era normale,
Ho letto… Ma non era NORMALE! Non c’era niente di normale, ero tutto nel profondo silenzio della mia stanza, tutto solo in attesa che papà tornasse e leggevo sempre Pinocchio perchè era l’unico libro che avevo. Il fatto è che sono un clandestino.Io mi sento come una scatola vuota,  senza amici, giochi, diritti, scuola, come  un oggetto inutile.

I bambini clandestini come me sono bambini/e che emigrano in Svizzera per stare con i genitori e sono costretti a stare in casa da soli e in silenzio per non allertare nessuno.

Di solito io leggo il mio libro e a volte cerco qualche oggetto da smontare per divertirmi a rimontarlo; mio padre mi raccomanda ogni mattina quando bevo il mio latte caldo di rimanere in silenzio e di non affacciarmi alle finestre perchè posso essere visto da qualche svizzero, infatti un giorno ho rischiato di tornare in Italia perchè mi hanno visto degli svizzeri e hanno mandato la polizia ma per fortuna non hanno trovato la porta per entrare perchè viviamo in un grosso condominio.

Quando mi muovo faccio dei piccoli e lenti passetti per non far scricchiolare il legno del pavimento, cammino anche con le calze per attutire il rumore.

Un giorno mio padre è entrato a casa e mi ha detto di nascondermi dalla polizia che  doveva fare un controllo per degli strani rumori segnalati dai vicini. Mi ero nascosto nella lavatrice e mi sono fatto tanto male. Io sto sempre sul letto immobile dalle 3 alle 8 ore in attesa di mio padre. Adoro ascoltare i versi degli uccelli e dei bambini che giocano e mi  rilassa moltissimo. Anche se  sono molto invidioso dei bambini svizzeri. Un giorno ho visto un bambino clandestino affacciarsi alla finestra di un altro condominio e ho deciso di parlare con lui con dei piccoli e divertenti segni e di  giocare a sasso-carta-forbice. Ad un certo punto però  è entrato mio padre e mi ha messo in punizione per due settimane. 

In fondo aveva ragione perchè me lo raccomanda sempre di non affacciarmi.

 Scrivo queste righe nel silenzio della notte, mentre la neve cade fuori dalla finestra, come lacrime gelate che nascondono il nostro destino incerto. Siamo clandestini in questa terra che non ci vuole, eppure continuiamo a sperare che un giorno, forse, troveremo un luogo che chiameremo casa senza doverci nascondere.

Che la notte porti pace e che il domani ci riservi un destino più gentile.


Con Speranza, 

Mike