PERCEPIRSI COME INTELLETTUALMENTE INADEGUATз PUÒ PEGGIORARE LA MEMORIA DI LAVORO


Avreste mai pensato che i vostri risultati accademici potessero dipendere anche da come interpretate la difficoltà del compito?

Può essere capitato a tuttз di trovarsi a svolgere un compito particolarmente impegnativo che ci ha fatto dubitare delle nostre abilità intellettive. Infatti, è facile intuire come provare difficoltà o fallire in un compito cognitivo possa essere interpretabile come indice di incompetenza e pertanto possa costituire una potenziale minaccia psicologica all’immagine di sé.

Questo soprattutto se si tende ad assumere che le abilità umane, come ad esempio l’intelligenza, siano immutabili.

Oltre a costituire una minaccia per la propria immagine, i pensieri interferenti circa la propria competenza sembrano anche avere un impatto sulle nostre abilità cognitive, spesso determinando una riduzione nella performance in uno specifico compito, in particolare quando il compito è impegnativo. Tali pensieri infatti impiegherebbero parte delle nostre risorse cognitive, che sono limitate, determinando quindi un sovraccarico mentale.

Autin e colleghз nel 2012 hanno indagato tale effetto nello specifico sulla capacità della memoria di lavoro (MDL), quell’abilità che ci permette di mantenere in memoria le informazioni e al tempo stesso di elaborarle.

Lз autorз hanno ipotizzato che interpretare la difficoltà esperita durante il compito come parte integrante dell’apprendimento, avrebbe ridotto i pensieri di incompetenza che possono gravare sulle risorse cognitive della persona. Ciò avrebbe avuto come conseguenza un miglioramento della capacità di MDL.

Autin e collegз hanno quindi confrontato la performance della MDL in diverse condizioni, ovvero hanno stimato se la presenza o l’assenza di un intervento di reframing metacognitivo (che consiste nel fornire indicazioni circa l’interpretazione della difficoltà come processo di apprendimento) prima di un compito particolarmente difficile di risoluzione di anagrammi, poteva migliorare la capacità di MDL o aumentare la performance in un complesso compito di lettura e comprensione del testo.

I risultati di questi studi hanno evidenziato che l’intervento di reframing metacognitivo prima della risoluzione di anagrammi determinava una migliore performance nel successivo compito cognitivo, perfino superiore a quella di ragazzз che avevano svolto prima del compito cognitivo di MDL la risoluzione di anagrammi molto facili, provando quindi una sensazione di successo.

Ma non solo: dare un significato alla difficoltà esperita ha anche diminuito l’accessibilità a pensieri di inadeguatezza intellettuale.

Tutto questo ci dice quindi che poter interpretare la sensazione di difficoltà come mezzo per l’apprendimento - e non come indice della propria incompetenza - sembra determinare non solo una riduzione dei pensieri circa la propria inettitudine, ma anche un evidente miglioramento delle proprie performance cognitive.

Trasportando questi risultati nella nostra vita quotidiana, possiamo ben capire la loro importanza dal punto di vista applicativo per il nostro sistema educativo, delineando una possibile via da intraprendere per permettere a bambinз e ragazzз di esprimere al meglio i loro potenziali cognitivi.


Costanza Campi (costanza.campi@studenti.unitn.it)

Laurea Magistrale in Psicologia - Percorso Neuroscienze, Università degli Studi di Trento



Reference: Autin, F., Croizet, J.C. (2012). Improving Working Memory Efficiency by Reframing Metacognitive Interpretation of Task Difficulty. Journal of Experimental Psychology: General. Vol. 141, No.4, 610-618.