Classi seconde
Pietro Grossi
Voglio fare la boxe
Inizio
La boxe mi piace molto: avevo visto tanti film con papà quando ero piccolo sulla vita dei grandi pugili del passato.
Quando sono entrato per la prima volta in quel capannone, ho visto il ring che stava in piedi per miracolo e ho immaginato me stesso là sopra che zompettavo e tiravo pugni come saette.
Non so, forse se ti convinci di qualcosa alla fine la raggiungi. Siamo onesti: io non ce l’ho il fisico da pugile. Sono magro, il collo stretto e lungo, i polsi piccoli, le gambe secche e le ginocchia sporgenti. Sembro un bastone a cui hanno tolto i ramoscelli di fretta. Eppure mi mettevo là, chiudevo le spalle, alzavo la guardia, mi mettevo a saltellare avanti e indietro ed era come se volassi.
Svolgimento
Mia mamma vuole farmi suonare il pianoforte. Per questo ho iniziato con la boxe. Sono il figlio perfetto: studioso, sfigato, senza idee strane per la testa, ubbidiente, vado a letto presto. Ma non volevo suonare il pianoforte. Il pianoforte mi fa schifo. Mi fanno schifo Mozart, Bach, Beethoven. Un giorno ho detto alla mamma che non volevo suonare il pianoforte: la mamma mi ha guardato perplessa e ha detto di non dire sciocchezze, che la musica era importante. Era una situazione piuttosto fastidiosa.
«Allora voglio fare anche la boxe.»
«Come?» «Se suono il piano voglio fare anche la boxe.» «La boxe?» «Sì, la boxe.» «Non dire sciocchezze.»
Era la prima volta che insistevo con mia mamma.
Una volta tanto il ragazzino graziosetto e disciplinato lottava per qualcosa. Ho smesso di studiare, ho fatto scena muta per due interrogazioni di fila, ho smesso di parlare e di suonare.
Ma una sera mia mamma entra in camera e mi dice che se volevo potevo provare con la boxe.
Conclusione
«Bene, domani vado a iscrivermi.» E la mia prima vittoria: un KO tecnico alla quattordicesima ripresa, costruito con astuzia e pazienza.
Quando sono arrivato in palestra, un paio di ragazzi hanno riso di me.
Sei mesi dopo già danzavo sul ring come una ballerina e seminavo diretti sinistricome la grandine d’estate. Era innegabile: per quanto non si fosse mai visto un pugile con un corpo più inadatto, sembravo nato per stare là sopra.