scuola

scrittura collettiva: il racconto horror

Della Classe 2A

In occasione del laboratorio di scrittura creativa, io - prof. Francesco Zagolin - e i ragazzi della classe 2A abbiamo pensato di realizzare un brevissimo racconto, di genere horror, usando la tecnica della scrittura collettiva. Uno dei più importanti esempi letterari è, senza alcun dubbio,“ Lettera a una professoressa” della straordinaria Scuola di Barbiana, capitanata dal maestro e priore Lorenzo Milani. Ed è proprio lui, in un suo scritto al maestro Mario Lodi, autore con la sua classe del celebre “Cipì”, a parlarci di questa tecnica: “La collaborazione e il lungo ripensamento hanno prodotto una lettera che, pur essendo assolutamente opera di questi ragazzi, è risultata d’una maturità che è molto superiore a quella di ognuno dei singoli autori. Quando si leggono ad alta voce le venticinque proposte dei singoli ragazzi, accade sempre che o l’uno o l’altro (e non è detto che sia dei più grandi) ha per caso azzeccato un vocabolo o un giro di frase particolarmente preciso o felice. Tutti i presenti (che pure non l’avevano saputo trovare nel momento in cui scrivevano) capiscono a colpo che il vocabolo è il migliore”.

Il risultato è “unico” per l'“anima” del testo stesso che è frutto di una “fatica collettiva” e dove tra le righe scorre la linfa artistica di ognuno degli autori. Io, dal canto mio, non ho fatto altro che osservarli, mentre discutevano, e stimolarne l'ingegno verso un fine che non era l'opera in sé, ma il divertirsi nel creare e soprattutto il farlo insieme.

Breve racconto Horror

Gli alunni della 2A

Alessio, Rosa, Chiara, Elisa, Giada, Enrico e Giulia

(con l'aiuto di Andrea, Luca e Nicolò)

presentano

LA PORTA PROIBITA

Mi chiamo Alessio, ho 12 anni e vivo felice, o meglio pensavo di vivere felice, in un piccolo paesino chiamato Campagna Lupia a due passi dalla meravigliosa città di Venezia.

Un giorno capitò qualcosa di terribile che cambiò per sempre la mia vita. Tutto ebbe inizio da una stupida idea che saltò in mente a me e ai miei amici. Era un normalissimo venerdì mattina ed io, Rosa, Chiara, Elisa, Giada, Enrico e Giulia, durante la ricreazione, meditammo di restare a scuola dopo le lezioni. Volevamo a tutti i costi aprire la “porta proibita”, cioè quella dell’archivio storico, al piano superiore, in cui era severamente vietato entrare. Avevamo ideato un piano nei minimi dettagli: al suono dell'ultima campanella avremmo finto di andare in bagno, invece saremmo saliti di soppiatto al primo piano, per nasconderci dentro l’archivio, dove non entra mai nessuno, forse, da quel che dicono, per l’odore di chiuso e di muffa che trasuda dalle pareti. Saremmo rimasti fermi e muti fino al momento in cui non fossero andati via tutti e poi avremmo fatto baldoria. Ci eravamo divisi in gruppi da due: io ed Enrico, Rosa e Chiara, ed un gruppo da tre: Giulia, Elisa e Giada. Io ed Enrico ci nascondemmo nella nostra aula; Rosa e Chiara nei bagni, mentre Elisa, Giulia e Giada in aula magna.

Mezz'ora dopo il suono della campanella, sentimmo la porta d'ingresso chiudersi, quindi uscimmo e ci ritrovammo davanti al bancone dei collaboratori scolastici. La scuola era nelle nostre mani! Era tutto buio, quasi non si riusciva a vedere, quindi prendemmo le torce nascoste in precedenza. L’unico problema era rappresentato dal fatto che c’era ancora un po’ di gente della segreteria in giro, così frenammo l'entusiasmo e decidemmo di preparare tutto l’occorrente per riuscire nella nostra missione. Quindi ci dividemmo nei gruppi stabiliti. Intanto dovevamo trovare le chiavi dell’archivio. Nelle stanze al primo piano andarono Giulia, Giada ed Elisa; io ed Enrico restammo al piano terra, nell'area destinata alle classi intorno all'Aula Magna, mentre Chiara e Rosa si portarono verso l’aula insegnanti e la segreteria. Non fu facile, ma, una volta trovato il mazzo, salimmo le scale, svoltammo a sinistra ed … ecco la stanza. Enrico infilò la chiave, con la targhettina “archivio storico”, nella serratura e la porta si aprì con un agghiacciante cigolio. Entrammo tutti insieme e, quando l’ultimo ebbe varcato la soglia, la porta si chiuse di colpo. In quella stanza non c'era niente di particolare, solamente libri, faldoni, che contenevano documenti vecchi, e scatole impolverate, un topo morto, e una sagoma terrificante che subito ci colpì: uno scheletro con del sangue che cominciava a sgorgare dai bulbi oculari. Presi dallo spavento, iniziammo a cercare le chiavi, ma nulla: ci erano cadute probabilmente dall'altra parte della porta. Rimanemmo immobili. Chiara si fece coraggio e percorse la stanza per vedere meglio. Quand'ecco uno Zaaaak e all’improvviso partirono due lame, una dal soffitto e una dalla parete. Tutti urlammo piangendo dallo spavento. La ragazza cercò di tornare indietro, ma non ce la fece: venne letteralmente tagliata in quattro. Diventò tutto completamente buio, il sangue della ragazza schizzò su Enrico, il quale, recuperato leggermente il coraggio, si tolse gli occhiali per pulirli, ma inciampò su se stesso. Quando si rialzò, si trovò di fronte un mostro che lo scaraventò contro il muro, spezzandogli l'osso del collo e provocandogli la morte immediata. Elisa tentò di soccorrerlo, però non c’era più nulla da fare. Non avevo mai visto una creatura del genere: aveva i denti aguzzi e sanguinanti e un enorme corpo. Sembrava un lupo, tuttavia era molto più grande e non aveva il pelo, ma una robusta corazza. Iniziammo a correre verso la porta, urlando. Una mano dalle dita appuntite, grande circa due metri, nera come il petrolio, afferrò il corpo di Enrico e lo portò attraverso i faldoni, stritolandolo e risucchiandolo come un'idrovora. Presi dal panico, cercammo di buttare giù la porta per scappare. Una volta fuori, la coda della creatura avvinghiò Giulia e la scaraventò contro la lampada sul soffitto, che emise una scarica elettrica che fulminò la ragazza e creò un blackout. Il mostro generò sul pavimento un'ampia apertura, dalla quale uscì un liquido appiccicoso, viscido e nauseabondo, che ricoprì Elisa, portandosela con sé senza lasciarle scampo. La frattura provocò la caduta di una parete, che schiacciò Rosa, decapitandole la testa come se fosse una lama e abbandonando una scia di sangue lungo il corridoio. Preso dall'angoscia, entrai, allora, in un' aula e notai che c’erano ovunque molti coltelli di vario tipo; la luce era intensa. Decisi di addentrarmi silenziosamente, coprendomi gli occhi con le mani. Non c’era nessuno. Notai che sulla cattedra giaceva un grande sacco di carne tagliata. La curiosità vinse i sensi: mi avvicinai. Guardai con attenzione e inorridii, quando mi resi conto che quella non era carne di animale, era il corpo di Giada, tagliato in tanti pezzi. Trattenni il fiato per non urlare. Ogni minimo rumore avrebbe attratto la creatura. Scivolai lungo la parete e rimasi seduto in silenzio tombale, tremando e tenendo gli occhi sbarrati.

Passarono molte ore. Ad un certo punto sentii la porta d’ingresso aprirsi. Raccolsi tutte le forze che avevo e iniziai a correre verso l’uscita. Qualcuno, vedendo il blackout, aveva chiamato la polizia. Appena mi vide pallido e sudato e con la morte stampata sul volto, l'agente iniziò a farmi mille domande. Increduli i poliziotti perlustrarono tutto l'edificio, ma non trovarono niente. I miei amici erano spariti nel nulla. I loro corpi non vennero mai più ritrovati: era come se non fossero mai esistiti.

Ormai sono passati più di 35 anni e nessuno fa più parola di quel fatto e dei ragazzi scomparsi. Io da tutti sono considerato un pazzo. Ogni notte, quando tento di chiudere gli occhi, mi rivedo davanti la creatura e i corpi straziati dei miei compagni. Nessuno ha mai creduto alle mie parole, ma la porta dell'archivio al piano superiore è stata murata per sempre.

il giuramento alla costituzione

Di Filippo (3A)

Lo sapevate che nella scuola secondaria di primo grado "A.M. Dogliotti" dal 2018 c’è un’importante tradizione? Ebbene sì, il 22 dicembre di ogni anno le classi terze sono chiamate a fare una promessa, e, come sappiamo, le promesse si mantengono!

Voi vi chiederete: perché proprio il 22 dicembre? Questo giorno è molto importante per la Costituzione, perché è proprio in questa data che nel 1947 è stata approvata dall’Assemblea Costituente, cioè l’organo preposto alla sua stesura.

Cosa hanno fatto nel 2020 le classi per questa commemorazione? Purtroppo causa Covid non è stato possibile riunirci tutti insieme in Aula Magna, così siamo dovuti rimanere in classe, dove ognuna delle tre terze ha promesso di “conoscere, amare, rispettare, custodire con cura e difendere la Carta Costituzionale”.

Per poterlo fare, ognuno di noi ha portato a scuola un libretto che ci era stato consegnato alla fine della prima media dal Comune. Questo testo, è composto da 60 pagine e comprende tutti gli articoli della Costituzione, anche quelli abrogati.

Ci è stato consegnato un foglio con la spiegazione della ricorrenza, descritta come si era svolta la prima volta nella nostra scuola. Nel primo anno, il 2018, si sono incontrati in Aula Magna tutti gli alunni delle classi, ma, diversamente da noi, era il 24 febbraio.

Alla fine, dopo aver letto tutto il foglio, la Professoressa Pasqualin per la 3^ A, il Professor Venturini per la 3^ B e la Professoressa Lotto per la 3^ C hanno chiesto in modo solenne:

“Promettete di conoscere, amare, rispettare, custodire con cura e difendere la CARTA COSTITUZIONALE?”

A questa domanda, noi abbiamo risposto tutti insieme “PROMETTO”.

È stato un momento molto importante, visto che la Costituzione è la Legge fondamentale dello Stato italiano che garantisce i diritti e i doveri di chi si trova in Italia. Fatemi sapere cosa ne pensate, cliccando su CONTATTI.

la mia quarantena: racconto di un alunno

Di Pietro (2D)

Sono Pietro, un ragazzo di 12 anni, e frequento la classe seconda media. Volevo raccontarvi la mia esperienza di quarantena.

Mia mamma ha contratto questo terribile virus a lavoro, quindi siamo rimasti tutti a casa. Lei era in una stanza al piano superiore ed è rimasta lì da sola per tutto il tempo. Invece, io e mio papà abbiamo vissuto al piano inferiore.

Durante la quarantena, la prima settimana la mamma è stata male, però poi le è passato tutto. Abbiamo rifatto i tamponi sia io che il papà e sono risultato positivo.

Ho avuto molta paura, perché guardando la televisione sentivo di moltissime persone che e soffrono molto a causa del Covid-19, avevo tanta paura di fare la stessa fine.

Sono stato preso dal panico, perché sono asmatico. Non ho avuto nessun sintomo grave, per fortuna, però comunque è stata un'esperienza brutta e difficile.

Durante questa quarantena ho scoperto quanto mi mancassero la classe e i miei compagni. Mi mancava l'essere a scuola con loro, scherzare e ridere insieme, alzarmi presto al mattino anche se fa freddo o piove per prendere il pulmino e frequentare la nostra scuola. Mi mancavano tutte queste piccole cose e non lo avrei mai pensato.

Mi sono proprio sentito isolato, perché i miei compagni erano tutti in classe a scherzare e ridere tra loro, mentre io ero in collegamento dalla mia cameretta da solo!

La settimana successiva tutta la mia classe è rimasta bloccata in quarantena: da un lato ero veramente contento, perché anche i miei compagni erano costretti alla DAD (Didattica a distanza) e non mi sentivo per niente solo; dall'altro mi dispiaceva per loro.

Fortunatamente la situazione nel giro di 10 giorni si è normalizzata e siamo rientrati tutti!!!

Non auguro a nessuno un'esperienza simile , ma da essa ho imparato a capire quanto sono importanti le relazioni tra le persone e che cosa vale davvero nella vita.

le putte de choro alla chiesa della pietà

Di Sofia, Marica e Martina (3C)

In questo articolo vi racconteremo la storia delle "putte de choro" e della chiesa della Pietà, che si trova a Venezia. Come ci hanno spiegato i professori Alessandra Lotto e Filippo Turri, questa storia risale al 1300 e dura molti secoli.

A quei tempi tra i ceti popolari regnavano ignoranza e grande povertà, ciò comportava una scarsa informazione in tutti gli ambiti, compresi quelli più intimi. All’epoca non c’erano metodi di prevenzione e venivano messi al mondo tanti bimbi, molti dei quali non desiderati, tra la fame e la povertà assoluta. In assenza di soluzioni migliori, molte donne utilizzavano metodi crudeli come “aborti casalinghi", o addirittura infanticidi (uccisione dei neonati, spesso annegati nei canali veneziani).

Per risolvere questo problema, alla Chiesa della Pietà nel 1346 venne fondato una sorta di orfanotrofio con la “ruota degli esposti”. Si trattava di un cilindro girevole dove venivano poste le neonate, che garantiva la cosiddetta “privacy” a chi le aveva abbandonate. Le bimbe erano accolte da suore e questi orfanotrofi - detti “ospedali” - erano mantenuti e amministrati dal Senato della Repubblica di Venezia.

Alla Chiesa della Pietà le ragazze venivano divise in due categorie:

  • le "figlie di coro" ricevevano un'educazione esclusivamente musicale;

  • le "figlie di commun" praticavano all'interno dell’orfanotrofio una scuola professionale basata sul lavoro manuale.

Dopotutto questa idea della “ruota degli esposti” fu una buona , infatti nel 1600 le ospiti erano circa 500.

Tra il 1703 e il 1720, alla Pietà ci fu un personaggio molto importante: il musicista ANTONIO VIVALDI che istruì le putte de choro, facendo suonare loro musica sacra. La prima composizione che Vivaldi scrisse per la Pietà fu una sonata per oboe, violino ed organo. Le putte de choro si esibivano, ma non potevano essere viste dal pubblico, infatti si trovavano in un altare coperto da grate in ferro e indossando mantelli rossi e maschere, per non farsi riconoscere.

Come facciamo a saperlo? Beh, abbiamo delle testimonianze di numerosi viaggiatori stranieri del XVIII secolo:

Charles de Brosses (uomo politico e intenditore di belle arti) nel 1739: “Qui la musica senza confronti è quella degli Ospedali. Ve ne sono quattro, tutti popolati di fanciulle bastarde, oppure orfane, oltre a quelle che i genitori non sono in grado di mantenere. Esse sono allevate a spese dello Stato ed esercitate unicamente ad eccellere nella musica...”

Le ragazze avrebbero dovuto passare la loro vita alla Pietà, a meno che non fossero comparse le legittime madri, o qualcuno desideroso di sposarle, senza neppure averle mai viste.

Cosa ci ha trasmesso questa storia? Se solo proviamo a metterci nei loro panni, ci vengono i brividi a pensare alla situazione dell’epoca dove gli aborti spesso finivano male, dove l’unico modo per “salvare” le bambine era portarle in questi orfanotrofi, un inferno fatto di continue domande senza risposta, di ansie, di dubbi, di incertezze, di paure e di prigionia.

Vi chiederete come facciamo a sapere quanto fosse difficile la vita lì. Beh, con la prof.ssa Lotto abbiamo letto il libro “Stabat Mater” di Tiziano Scarpa. Ve lo consigliamo vivamente, perché racconta la storia di Cecilia, una ragazza che ha vissuto lì dentro. Le fanciulle come lei crescevano isolate e disinformate su tutto, dalle mestruazioni al mistero della procreazione, dalle loro madri alla vita esterna all’orfanotrofio. Più che vivere era sopravvivere, o morire lentamente. Esse non vedevano altro, erano private dei sogni, della vita, dell’amore e di un concetto per noi fondamentale, quello della famiglia.

Fateci sapere cosa ne pensate, cliccando su CONTATTI.

I giochi matematici dell'università bocconi

Di Emanuele

Come ogni anno, nella nostra scuola si è tenuta la prima gara dei Giochi Matematici d’Autunno, organizzati dall'Università "Bocconi" di Milano, giunti ormai alla XX edizione.

L'organizzazione della prossima gara, i “Campionati Internazionali di Giochi matematici”, è già stata avviata e le iscrizioni si raccoglieranno nei mesi di gennaio e febbraio 2021.

È una tradizione che arriva a noi con una storia di quasi quattromila anni! Stiamo parlando di divertimento a carattere matematico e logico!

È una tradizione che ha potuto trasmettersi di generazione in generazione e di civiltà in civiltà, grazie in primo luogo alle grandi menti scientifiche che per "rilassarsi", ma anche per puro piacere, non hanno disdegnato di consacrare un po' del loro tempo a quelle che alcuni possono considerare delle semplici "curiosità". Nella biblioteca di Albert Einstein, per esempio, era presente un settore completamente dedicato alle opere di giochi matematici.

Ma per le grandi menti i "passatempi matematici" non furono solo un momento di divertimento, ma anche una potente fonte di ispirazione.

Anche quest’anno, la nostra scuola ha partecipato e, nonostante tutte queste problematiche COVID, molti alunni hanno aderito, dimostrando molto interesse, entusiasmo e spirito competitivo.

Ma quali sono gli obiettivi? Perché viene svolto? Gli obiettivi didattici che ci vengono proposti con le gare matematiche sono:

  • motivare gli studenti;

  • dimostrare che la matematica può anche essere divertente;

  • insegnare a ragionare al di là del calcolo e delle formule: la matematica è logica ed è creatività nel trovare il modo migliore per uscire da situazioni critiche;

  • coinvolgere, attraverso uno stimolante clima agonistico, gli studenti che si trovano in difficoltà con il "programma" o ne ricavano scarse motivazioni;

  • aiutare gli studenti più bravi a emergere attraverso l'educazione alla modellizzazione e l'individuazione di strategie eleganti, alternative ai procedimenti più standard;

  • istituire un canale di comunicazione e di collaborazione con altri Istituti e l'Università.

È motivo di divertimento pensare che la matematica non sia solo una semplice materia, ma possa essere anche usata come gioco. Dunque invito tutti a partecipare il prossimo anno: non importa vincere, l'importante è imparare, innanzitutto per se stessi!

Per ulteriori informazioni si può consultare la Circolare n. 76 pubblicata nel sito dell'Istituto.