Smarrirsi nella luce
Chi non è mai stato assorbito dalla visione di una trottola che gira o dalla fiamma che sfavilla nel camino?
Chi non ha amato l'atmosfera creata da un neon o è rimasto incantato da lampadine lampeggianti?
Chi, in auto o in treno, non si è sentito confuso o turbato dal luccichio delle foglie degli alberi nel sole?
Tutto è nato quando abbiamo costruito il caleidoscopio
E’ stata un’esperienza speciale che ha consentito l’accesso ad uno stupore rinnovato che si é rifratto in osservazioni e domande che hanno portato due classi terze a co-progettare insieme alle docenti di Arte e immagine e Italiano un itinerario didattico dedicato al tema della luce. Il caleidoscopio, in ambito narrativo, è anche una delle figure retoriche accostate all’entrelacement, tipo di narrazione in cui è presente un continuo intreccio di storie, proprio riferito alla molteplicità di figure (immagini) che si possono scorgere in esso. Analogamente, la metodologia adottata non ha seguito linee prestabilite ma percorsi di scoperta, ha favorito con il cooperative learning, la didattica attiva anche in verticale con i bambini della scuola dell’infanzia, contaminazioni e associazioni di idee che hanno disegnato la mappa di un viaggio non solo immaginario, con deviazioni e imprevisti, verso la magia del precinema, la sperimentazione del buio e delle ombre, l’immersione nella luce colorata delle installazioni di Dan Flavin e la manipolazione della luce emanata dallo schermo dell’iPad.
Nel caleidoscopio
Combinatoria di materiali poveri con luce bizantina.
Si moltiplicano le possibilità di superfici e figure.
Contaminazioni cinetiche
E ribaltando il punto di vista ... nell'ombra
Esplorare le proprietà materiali e immateriali, fisiche e spaziali della luce con semplici cartoncini bianchi
Forme cave, scure dalla consistenza quasi d’aria, si presentano come spiriti in grado di esercitare un’attrazione magnetica, visione sgranata dai fragili contorni che lascia soltanto immaginare.
Scorgiamo qualcosa che non ci sembra di riuscire a mettere bene a fuoco, qualcosa che ci attrae, si tratta di una prossimità forte, che però non diviene mai contatto, un segreto.
Dipingere con la luce
Luce e colore, aloni, vibrazioni, intensità, differenze, esplosioni che annullano le coordinate spazio-temporali. La materia intangibile è modellata come con dei gesti nell’aria. Assorbe e affascina.
La luce sul display è diversa da quella che può essere ricreata con i media tradizionali, in qualche modo ricorda il vetro o il mosaico.
Immergersi nella luce
"Dan Flavin" ricorda Giuseppe Panza "è stato l'artista precursore dell'uso della luce... Viveva e lavorava a New York. Si differenzia sostanzialmente dal gruppo di Los Angeles in quanto USA solamente la luce artificiale prodotta da un manufatto di produzione industriale e di uso comune: la lampada fluorescente.
Queste caratteristiche sembrano contraddire ogni elemento di condizione apparentemente necessaria per fare arte. La pittura si è sempre fatta con il pennello tenuto tra le dita, la scultura con lo scalpello e il martello. Flavin nulla fa con le mani salvo disegnare su un foglio un certificato con le istruzioni molto semplici per installare le lampade...".
L'artista, in un primo tempo, si dedica al disegno e alla pittura poi, nel 1961, inizia ad utilizzare la luce nelle sue creazioni artistiche, pur mantenendo un legame con la tradizione pittorica.
Infatti, nelle sue prime opere, che definisce icone, accosta un elemento innovativo, la luce prodotta da lampadine o tubi a fluorescenza, a un elemento che appartiene ancora alla tradizione pittorica: un dipinto monocromo su tavola (di masonite).
Dal 1963 i tubi a fluorescenza diventano i protagonisti assoluti dell'opera d'arte. L'artista utilizza i tubi, reperibili sul mercato, di quattro lunghezze diverse e nove colori: azzurro, verde, rosa, giallo, rosso e quattro varianti di bianco.
La composizione sei tubi inizialmente è elementare mentre, col tempo, diventerà sempre più complessa, presentando molteplici variazioni di effetti è colori.
La sua prima installazione di luce e fluorescenza è formata da un tubo dorato, lungo 2 metri, appeso in diagonale alla parete del suo studio.
L'opera, intitolata The diagonal of personal ecstasy (1963), verrà in seguito dedicata a Costantin Brancusi e alla sua colonna senza fine del 1937 inaugurando quella che diviene una costante nei lavori di Flavin: l'omaggio a personaggi del passato e ad artisti.
In seguito, le installazioni luminose di Flavin, non hanno più solo un ruolo parietale o angolare ma si estendono nell'ambiente in cui sono collocate.
Inoltre l'artista amplia la zona illuminata proiettando la luce in più direzioni. In questo modo la luce invade lo spazio e coinvolge, emotivamente, lo spettatore.
Flavin ora, nel realizzare le sue creazioni, tiene conto dell'ambiente (grandezza, caratteristiche, riflessi sul pavimento) in cui si collocano, studiando anche la disposizione delle lampade e la colorazione della luce in funzione dell'architettura.
Dunque l'artista, consapevole delle potenzialità della luce, giunge a rompere i confini tra pittura, scultura e architettura trasformando la percezione dello spazio fino a farlo diventare un elemento costitutivo dell'opera.
Giuseppe Panza vede per la prima volta le opere di Flavin a Milano nel 1966 e resta impressionato "...dalla capacità della luce di riempire lo spazio in cui l'opera era collocata. L'opera consisteva nel colore, non più nel materiale con cui era fatto. In Flavin...è molto importante il fatto che l'opera non è limitata dalle forme dei materiali, ma si espande nel volume della stanza, riempie la stanza...". Decide allora di acquistare numerosi lavori che,a quel tempo, erano ancora a buon mercato.
Inoltre valorizza le installazioni collocandole, nel mondo più adeguato, negli ambienti, opportunamente restaurati della sua villa di Biumo (ala dei Rustici).
Per la villa, Flavin, che soggiorna a Biumo nel 1976, crea il Varese Corridor, un'installazione di duecentosette luci fluorescenti rosa, verdi e gialle che ricordano i colori della primavera e il ritorno alla vita.
Si tratta di un site specific, cioè di un'installazione creata appositamente per un determinato spazio espositivo.
Ma forse, tra le installazioni di Biumo, la più immediatamente espressiva è Monument for Those Who Have Been Killed in Ambush 2/3 1966, dedicata al fratello dell'artista morto in una imboscata durante la guerra del Vietnam: una struttura cruciforme a luci fluorescenti color rosso p, dove lo spazio risulta talmente impregnato di rosso da suscitare il senso angoscioso è nauseante della morte cruenta.
nella luce bianca
nella luce rossa
nella luce verde
... e poi tante storie narrate dalla luce nell'ombra ...
La luce
Dalle esperienze personali alla storia dell'arte
Quando nasce un bambino si dice che viene alla luce, questo mi fa pensare che la luce è vita.
La luce mi permette di capire ciò che mi circonda, toglie il velo della notte e scopre tutto quello che il buio nasconde. Solo attraverso gli occhi posso evocare la luce; a volte è così forte e diretta che mi porta a proteggermi, altre volte è fioca e quindi devo scrutare di più per cogliere i particolari. Collego la luce anche allo stato d'animo, provo tranquillità quando è viva e forte, ad esempio nelle giornate di sole splendente, mentre quando piove ed è più debole sento maggiormente la tristezza e la stanchezza.
Nell'esperienza a villa Panza sono entrata a diretto contatto con l'opera dell'artista e sono diventata parte dell'ambiente durante la mia permanenza, sentendomi in stretta relazione tra le varie stanze diversamente illuminate. Tra una stanza e l'altra l'occhio inizia ad abituarsi alla luce a cui è sottoposto, tanto da farmi provare un'illusione ottica che mi fa vedere colori diversi da quelli iniziali. Infatti come primo impatto il colore e la luce che percepisco sono più accesi,
profondi e freddi, lentamente la luce che rilevo diventa sempre più calda e più scura.
Essere all'interno di un ambiente considerato "opera" mi ha suscitato emozioni di partecipazione e di stupore, molto più forti rispetto all'osservazione di un quadro, anche se pittori come Caravaggio e Leonardo Da Vinci, hanno creato opere affascinanti sfruttando al meglio le caratteristiche della luce. In Caravaggio la luce ha una funzione simbolica, divina e vuole far comprendere che dove c'è luce c'è verità. Leonardo invece con il chiaroscuro, crea penombre e luminosità in grado di rendere lo spazio più profondo.
Tutto ciò che è illuminato è percepito in maniera più rilevante dai nostri occhi e arriva dritto al cuore.
Letizia