Libro
Cari amici ex commilitoni,
ho ritenuto opportuno, che questo giorno così importante
per tutti noi, venisse ricordato, oltre che dalla nostra pre-
senza, anche con qualcosa da tenere con se; perciò vo-
glio fare omaggio a tutti di questo opuscolo, fatto con tan-
ta dedizione e abnegazione, da conservare tra i vostri af-
fetti personali.
La mia soddisfazione più grande è sapere che ogni qual-
volta vi capiterà di leggerlo, servirà sicuramente a ralle-
grare la giornata ed a ricordare i momenti belli trascorsi
insieme.
Mi sono fatto promotore di questa bella iniziativa, perché
credo che in ognuno di noi, c’è sempre stata la volontà
di rivedersi e se oggi siamo stati in grado di farlo, dobbia-
mo solo ringraziare il Signore di averci dato questa oppor-
tunità: mentre come già sapete, ci sono alcuni ex commili-
toni che non hanno avuto la nostra stessa fortuna.
Concludo augurando a voi tutti ed alle rispettive famiglie,
tanta salute e serenità, un affettuoso abbraccio con la cer-
tezza di un presto rivederci.
Vincenzo Di Leonardo
A Spoleto, oggi ci siamo ritrovati
dove nel ’72, militari siamo stati,
scendemmo diffidenti da un treno
sicuramente, ne avremmo fatto a meno.
Su di un camion ci hanno trasportati
in caserma, per diventar soldati,
all’inizio ci si guardava tutt’intorno
a malapena sfuggiva un buongiorno.
Poi pian piano, col passar delle giornate
diventammo amici di camerate,
ma quando poi approfondimmo la conoscenza
l’un dell’altro non potevamo stare senza.
Arrivò ben presto il giuramento
con acqua, freddo e vento,
ma la presenza dei nostri cari
faceva sì, di non farci pensare.
Pensavamo spesso, questa non è vita!
prima o poi però, sarebbe finita,
e quello pensavamo, sarà il più bel giorno
per tutti noi l’ora del ritorno.
La fine del corso ci ha separati
eravamo certi, che non ci saremmo più trovati,
invece dopo tanti anni, torniamo a visitare
la città che ci ha fatto incontrare.
Rivedere la caserma, è a dir poco emozionante
come pure l’ingresso, dove eravamo di schierante,
la garitta, invece per noi era un tormento
far la guardia fissi, come un monumento.
Non possiamo altresì scordare
le tante marce fatte nel piazzale,
però siamo sempre stati rispettati
dal capitano, e dai nostri graduati.
Siamo arrivati, poco più che ventenni
oggi, con orgoglio ultra cinquantenni,
ed io, con tanto affetto e simpatia
ricordo quel periodo con nostalgia.
E’ per me un onore avervi conosciuti
oggi, da tutta Italia, qui siete convenuti,
e perciò, a voi tutti voglio dedicare
queste poche righe per non dimenticare.
Argilla col suo fare, calmo e pacato
non aspettava altro che finire il soldato,
dava serenità e tranquillità a tutti
affinché i giorni non sembravan così brutti.
Bernardoni, Bolzani non faceva riposare
ogni tanto, con ansia, lo doveva chiamare,
a fare il cubo impiegava la mattinata
per poi arrivare tardi all’adunata.
Bianchi prendeva tutto con filosofia
al ritorno sapeva già di andare in ferrovia,
quando da Spoleto ci siamo congedati
con qualche lacrima ci ha lasciati.
Bolzani si lamentava sempre di Bernardoni
non vedeva l’ora di toglierselo dai marroni,
poi col tempo, se n’è fatta una ragione
diventar per sempre suo amicone.
Briganti dai grandi baffoni imponenti
li aveva per non mostrare i denti,
in corpo la rabbia ed il furore
saper la donna lontana dal suo cuore.
Caperdoni Lino, l’eterno brontolone
marciava sempre sbuffando e a malincuore,
ogni passo gridava un accidente
per fortuna non coglieva mai il tenente.
Io a Spoleto volevo restare
troppo bella doverla lasciare,
poi, purtroppo, sono andato ai granatieri
ah! se ci penso, sembra stato ieri.
Di Elia Renato cosa dire, un pittore nato
per lui la naia, solo tempo sprecato,
a malincuore, e con tanta rassegnazione
si è aggregato anche lui, al nostro plotone.
Fossati, durante il corso si congedò
ed una grossa stecca ci lasciò,
ma quando venne a stringerci la mano
se ne andò, allontanandosi, piano piano.
Giani non aveva grande apprensione
se non per la nuova destinazione,
quando, poi finalmente l’ha saputo
era quella, che aveva sempre temuto.
Per Giannotti, quando tutto filava
belin, in genovese lui parlava,
quando, poi c’era un problema strano
si arrabbiava ed imprecava in toscano.
La Piana giocava a fare il dittatore
dicevan tutti il Mussolini d’occasione,
della laurea gli resta solo il dottore
ora, si trova a lavorare con un fiore.
Per Maini la sveglia era una frustata
tanto meno gli piaceva fare l’adunata,
per lui, era uno spasso pulire il fucile
standosene seduto, lì nel cortile.
Martinelli alla naia certo pensava
perciò subito “nonno” si professava,
ogni qualvolta provava a far la dieta
ahime! non raggiungeva mai la meta.
Michelotti, alla naia fece l’abitudine
però pensava spesso alla sua Udine,
per lui non era certo facile adattarsi
la sua fortuna alla fine, fu riavvicinarsi.
Pagnotta, spoletino, e qui arruolato
non sarà stato mica raccomandato?
a cena, per ovvie ragioni, non andava mai con nessuno
però era amico e compagno di ognuno.
Pellegrini, non lo faceva certo con piacere
ma fare il soldato, per tutti era un dovere,
ci lasciammo, convinti che un domani
ci ritrovavamo, poiché non eravam lontani.
Perri, da tutti considerato l’alfiere
scappava ogni tanto, era consigliere,
dai grandi valori, e perciò “colonnello”
si perdeva poi, proprio sul più bello.
Pioltelli, di tutti noi disponeva
i suoi ordini, nessun li discuteva,
furiere serio ed anche paffutello
stimato anche dal nostro colonnello.
Ripa, faceva sempre il malato
sapeva come fare, era avvocato,
per faticare, voleva l’onorario
ora dl suo comune è segretario.
Romani, affrontava la naia a muso duro
sembrava prevedesse già il suo futuro,
al ritorno, solo dopo qualche mese
divenne sindaco del suo paese.
La cosa che più affliggeva Roncaglia?
esser lontano dalla bella Emilia,
anche lui si dilettava alla pittura
facendo anche una bella figura.
Rossin, dall’alto della sua statura
alla garitta, era certo una figura,
sicuramente lì, non ci stava male
ma preferiva leggere il giornale.
Rostoni, animato da un po’ di egoismo
non pensava, che a fare culturismo,
poi pian piano, anche lui si è rassegnato
di pensare solo a fare il soldato.
Russi arrivò militare ormai laureato
studiava la notte, per fingersi malato,
andò avanti così ogni mese
fin quando un foglio lo rese borghese.
Per Sodero, una naia bischeraccia
prendeva a calci pure la borraccia,
la libera uscita un po’ lo sollevava
sentir al telefono la sua fidanzata.
La precisione opprimeva sempre Soncini
elegante, perfino in calzoncini,
all’uscita, nessun capello fuori posto
e poi, al ristorante un bell’arrosto.
Stam, di lettere ne ha scritte uno scatolone
quasi a rafforzar di più il suo amore,
la lontananza della ragazza lo faceva sudare
non poteva concludersi, che all’altare.
Il Ten. Talegalli, coi suoi baffetti
attraversava il cortile, sempre a passetti,
il cappotto portava sempre a braccetto
si atteggiava un po’, col suo berretto.
A Zanoli, piaceva sempre scherzare
forse ancor di più, certo mangiare,
quando poi, vedeva il fondo della gavetta
prendeva il pane, e vai con la scarpetta.
Nigro al poligono era un portento
così come fare l’addestramento,
e, poiché è stato l’ultimo ritrovato
in fondo all’opuscolo è sprofondato.
Dopo aver riso di tutti e di nessuno
voglio adesso ricordarvi di qualcuno,
Monese,Lepore,La Rocca e Incerti ci han lasciati
sicuramente in Paradiso sono andati.
Ci hanno lasciati, facendoci pensare
che la vita, per tutti, non è sempre uguale,
a Loro dedichiamo, con tanta gloria
questo che per noi è un giorno di gioia.
Ora, anche se con un po’ di malinconia
torniamo ad essere l’allegra compagnia,
convinti, che la nostra amicizia ritrovata
non venga mai discussa e abbandonata.
Siamo stati insieme cinque mesi
il destino ci ha fatto ritrovare da borghesi,
al congedo abbiamo gridato “E’ FINITA”
ora, tutti in coro, ci auguriamo “LUNGA VITA”