TERRA DI LUCA, PREZIOSI FRAMMENTI - Testo del documentario (1993)

Lucca, chiusa e compatta nella sua possente cerchia alberata; la sua forma si conserva da secoli, familiare e cara ai lucchesi, quale appare in questo bassorilievo dove, tra i colli e il coltivato, cortine e baluardi proteggono case, torri, campanili.

Il passato, dall'età romana al medioevo, al rinascimento, ai secoli più recenti, appare in mille preziosi frammenti vissuti, reinventati come parte viva della comunitaria quotidianità dei lucchesi, fatta di manifestazioni civili, accesa di feste e di riti collettivi.

Un'avventura immergersi nello scrigno di pietre vive, nuove, ed antiche, legate dal tempo in armonica convivenza.

La piazza col San Michele spicca tra regolari isolati, ancora centro di quella città romana di cui costituì il forum.

Dalla porta chiamata Elisa perchè voluta appunto da Elisa Baciocchi sorella del grande Napoleone, si perviene alla porta medioevale e, lungo la via Santa Croce, si arriva alla zona ancora oggi chiamata "foris portam”.

Due porte visibili ed una, più interna, ricordata nel nome della piazza: segni che evocano la serie delle cinte murarie: la prima, romana; la seconda, più ampia, medievale; la rinascimentale, divenuta, per antonomasia, "le mura".

Tra le due mezze torri, la Porta San Gervasio si incastona nella fila ordinata di case.

Più oltre la porta dei Borghi.

Sopravvissuti segni della cinta medievale che, fino al XV secolo, racchiudeva la città che aspettava la sua espansione.

Le case si appoggiano a quella antica struttura muraria che i privati avevano acquistato a lotti dal Comune bisognoso di fondi.

Le belle fontane sono tra quelle che, nell'Ottocento, il Nottolini disseminò in città. Lucca è anche ricca d'acque, in fonti e fossi, sonore e vive.

La colonna che sorregge la Madonna dello Stellare era uno dei sostegni dell'anfiteatro.

E il ricordo di Roma emerge dall'anfiteatro così vivo ancora oggi.

Della originaria funzione civica e sociale si è saputo conservare il sapore, modificandone gli usi nel tempo: da teatro a mercato, a luogo di aggregazione e ritrovo.

Il mirabile mosaico, col Cristo in mandorla, al sommo della facciata della chiesa di San Frediano, è opera del XIII secolo: un'apparizione tra le vecchie pietre ancora palpitanti.

La villa quattrocentesca che Paolo Guinigi aveva eretto come sua dimora di delizie, è oggi museo nazionale.

Vi si conservano, tra l'altro, reperti che, come l'anfiteatro, richiamano al visitatore, il tempo di Roma.

Il mattone domina in queste costruzioni, spesso finemente decorato come in questa abitazione, con trifore, i cui archi hanno laterizi scolpiti a fantasiose geometrie, rosette, fiori, pantere rampanti.

Dal XVI secolo, le grandi famiglie mercantili lucchesi, a segno dell'acquisita nobiltà, dotano se stesse e la città di fastose dimore, nelle quali permangono spesso, prestigiose strutture preesistenti, come torri o case torri mozzate e incorporate nei nuovi edifici.

l Sardi, i Mansi, i Bernardini, i Boccella, i Cenami, i Guidiccioni costruiscono palazzi dalle imponenti facciate, oggi cariche di aggiunte sette e ottocentesche, ma già belle di stemmi, mascheroni, rosoni, capitelli, mensole scolpite, arcate, portali ricchissimi di ferro lavorato, di legni scolpiti, di archi e cornici in pietra che i lapicìdi istoriarono di simboli guerreschi.

Palazzi articolati dentro in splendidi chiostri, colonnati, giardini, come questo cui si accede dallo splendido portale nel palazzo che fu dei Bernardi. Ma l'aspetto esterno dei palazzi resta, per lo più', cautamente sobrio, rispetto allo splendore degli interni in cui, l'autocelebrazione e la ricchezza, si esprimono totalmente negli arredi sontuosi.

La natura degli abitatori, la loro vita, la ricchezza ed il potere conseguiti si indovinano nelle vesti dei personaggi ritratti, nei loro gioielli, nelle genealogie ostentate.

Si manifestano negli scaloni, nella serie dei salotti, nelle sale di musica e da ballo e nei loro affreschi, nei decori fastosissimi dominati dal colore dell'oro, nelle portantine e nelle carrozze.

La Piazza Grande, su cui si affaccia il palazzo rinascimentale che fu del Governo e che, fortemente modificato nei secoli, è oggi sede della Prefettura e dell'Amministrazione provinciale, è frutto di uno sventramento voluto da Napoleone che, conferendo particolare dignità al palazzo prospiciente, alterava però la fisionomia spaziale urbana.

L'antica minaccia del leone incombe ancora sul piazzale che, sul baluardo Santa Maria, ospita lo storico caffè delle Mura.

Monumenti che condividono lo stesso spazio ma parlano di epoche diverse: l'età della fortificazione, degli armigeri in truppa sulle camminate. Il tempo nuovo, già dall'Ottocento, del soggiorno e delle passeggiate serene.

Oggi, sulle mura, i lucchesi godono l'ombra delle grandi piante. Fanno casa propria, uso consueto e familiare, dei passaggi, delle porte, dei castelli difensivi, che videro vigilare i militari della Repubblica.

Dalla passeggiata, che rende così domestica la gran massa di terra della cinta guerresca rossa, all'esterno, dei suoi mattoni, si emerge dalla città, verso gli spalti erbosi ancora segnati dalle lunette che proteggevano i fucilieri.

Ci si sposta verso ovest, ad un angolo diverso d'accesso: la porta che si apre tra i baluardi Santa Croce e San Donato.

Incorporato, nel bastione Santa Croce che, con l'altro, protegge la porta San Donato, è ben visibile tuttora il torrione cinquecentesco preesistente, prima difesa approntata per le nuove armi da fuoco.

Tra la nuova e la vecchia porta San Donato, si intuisce lo spazio di cui si accrebbe la città con l'ultimo ampliamento della cerchia. Dalla porta vecchia, oggi sede del centro accoglienza turistica dell'A.P.T., si diparte un resto delle mura medievali.

Nei giorni di maestrale l'odore verde del tabacco, dalla manifattura, insapora le strade. Anche l'aroma del toscano porta Lucca nel mondo.

In una di queste strade abitò un fumatore accanito, particolarmente illustre: Giacomo Puccini. La sua casa natale, oggi museo, ne conserva le memorie.

Ma tutta la città, nelle sue piazze, è sempre teatro, spettacolo, musica, festa comune.

I madonnari propongono la loro povera arte faticosa a chi cammina sulle lastre polite della piazza.

I burattinai incantano di favole i bambini che, madri pazienti, lasciano a godere il sortilegio delle marionette e le piazze ospitano aperti mercatini di cose antiche o solo vecchie.

Nel rapido commerciare che mantiene un che di festoso, oggetti d'altri tempi cambiano mano e sorte vivendo di nuova vita in altre case, con altri usi.

La musica è, a Lucca, un bene comune che rende fiduciosi di ascolto e di comprensione i suonatori in piazza.

Sui palazzi che incorniciano la Piazza S. Michele, si riconoscono bene le strutture delle case-torri accorpate, ancora belle di rosso laterizio, eleganti di bifore e trifore rimaste intatte.

Sotto il fastoso orologio, dietro le polifore ad archi trilobati o a tutto sesto, ferve la vita negli istituti bancari, nei negozi, nelle botteghe, in un intreccio di epoche diverse.

L'Ottocento trovò opportuno perfino inserire certi suoi nuovi santi tra i fregi del San Michele: vedi, tra sculture di preziose immagini medievali, incongrue, le effigi del Re Vittorio, di Cavour, del Padre Dante.

A capitarci in settembre si vedono San Michele e San Martino ardere delle luci della gran festa di Santa Croce che si apparecchia.

Sono bicchieri innumerevoli con piccoli ceri. La fantasia argomenta ed articola la luminaria.

Anche la Cassa di Risparmio si orna di ghirlande di luci che ripetono suggestioni liberty.

Il simulacro del Volto Santo, la celebre statua lignea dipinta, carica di leggenda, la sera del 13 settembre, attraversa la città insignito di tutti i suoi decori, in una processione folta e solenne, con gran festa di ceri, di labari e stendardi.

La partecipazione è ampia, come vuole l'antichissima tradizione, che vedeva affluire, in doverosa obbedienza, la gente del contado soggetto alla Repubblica.

Qualche volta un evento improvviso, come un piovasco, anima di confuso movimento l'ordinato rito collettivo.

Ma Lucca ha tanti volti. Accanto alla ricca vicenda quotidiana, a suo modo chiassosa, vivono anche angoli di silenzio come la piccola piazza, custodita dalla contemplativa solitudine del pozzetto rinascimentale, la cui carrucola di ferro aspetta ancora chi affondi il secchio.

Si incontrano rifugi quieti come questa corte del Pesce in cui i resti dell'arredo urbano medievale sono particolarmente evocativi. Una delle tante corti, dei numerosi chiassi, che davano respiro al fitto reticolo delle vie.

Per il Fillungo, per le strettoie, gli angiporti, le piazzette nascoste, gli slarghi improvvisi ed intimi, tra vecchi muri di pietra, tempo presente ed epoche passate convivono di vita quotidiana.

Ferro battuto e piegato a fiori e volute, vetrine decorate, elaborati legni, stucchi e sculture su facciate nuove, del gusto gioioso del liberty.

Antiche botteghe rivivono, perdurano, ancora segnate dalla porta a “Ti”.

In vetrine di archi, volte, mattoni d'altri mercati di altre botteghe, si armonizza la classicità di oggetti e arredi di modernissimo design.

Medioevo profondo, negli architravi delle porte della chiesa di S.Salvatore, figurati di miracoli, santi e architetture, alla fine del 1100, da Biduino.

Medioevo, nelle strutture slanciate delle torri in pietra mozzate perchè non fossero più alte del palazzo del Governo.

Tra via Fillungo e via Buia, una lapide segna la casa in cui nacque Luigi Boccherini, il geniale musicista lucchese del Settecento il cui nome evoca il prezioso notissimo Minuetto.

Concorrono ad evocare la città medioevale i balestrieri che sfilano con cavalieri, armigeri e sbandieratori fino al campo della loro gara dove si imbrocca il dardo che vola fulmineo e preciso.

Dalle finestre delle case a torre, un tempo, damigelle lucchesi ammiravano i loro uomini nel cimento.

Nel Duomo di San Martino, campanili, altane, torri di Lucca, emergono dalle mura, come nel bassorilievo che il Giambologna scolpì.

Nel transetto del Duomo, Ilaria, la fanciulla che Paolo Guinigi perse troppo presto, dorme il sonno di pietra nel quale Iacopo della Quercia la fissò per sempre nell'eleganza delle vesti patrizie, nella pace del volto e delle mani.

Ai suoi piedi, lo scultore, secondo l’uso francese, pose il cane paziente e vigile, segno di fedeltà, gentile compagno del silenzio.

Nella navata sinistra, Matteo Civitali, a fine 400, eresse il tempietto ottagonale

in marmo di Carrara e porfido rosso che protegge il Volto Santo, un Cristo crocifisso inteso e figurato nel trionfo della sua potenza divina.

La statua, da sempre venerata nei secoli, è divenuta simbolo della città di Lucca in Italia e all'estero fino a comparire perfino nelle monete. La sua immagine,

come segno di identità cittadina e come simbolo di protezione, è riprodotta spesso su mura e palazzi.

Gli ornamenti preziosi, frutto di tante donazioni, lo rivestono in maggio e in settembre ogni anno.

Oggi, quegli ori, si possono ammirare nel nuovo museo della cattedrale.

Gli splendidi marmi di San Martino trovano un'eco nella decorazione dell'edificio contiguo, che fu sede del banco dei pegni e oggi ospita la Banca del Monte.

L'insigne tradizione della seta lucchese è tema fittamente presente nell'arte.

Si riconosce anche nelle vesti delle figure intarsiate sul pavimento di San Martino, nel Tintoretto che verso il 1590 disegnò la Cena in una tela posta sul terzo altare del transetto di destra, nel Bronzino che datò 1598 la sua raffigurazione di Maria presentata al tempio.

Nella camera degli sposi, nel palazzo dei Mansi, l'arredo insiste sull'opulenza dei tessuti che ben si accordano col fasto degli arazzi nella ricca fuga di sale contigue.

Dal chiuso mondo del palazzo si esce, si può respirare dalle tante altane, dall'alto della Torre Guinigi alberata di lecci, la vista di Lucca serena e composta.

Si abbandonano la città, la sua cerchia, gli spalti. Oltre i viali di circonvallazione si va verso la recente espansione urbana, ci si allontana per scoprire le ville sontuose, le chiare marine, i monti di marmo, le forre selvose, irte ancor oggi, di minacciose fortezze.

Le splendide ville incastonate nel composto verde dei giardini, erano luoghi di delizie per le grandi famiglie lucchesi che avevano in città i loro palazzi.

A Torre del Lago, respiri la quiete lacustre appena malinconica. Vedi muovere il vento nel falasco, nella terra di acquitrini e di cacciatori che fu di Puccini. Qui egli amava impegnare i suoi bei fucili.

L'estate a Torre, si nobilita nel Teatro all’aperto, di splendide edizioni di opere liriche, come questa Turandot.

Il viaggio si allarga alle marine versiliesi. Gesti antichi di pescatori intenti alla rete e modernissime barche nei porticcioli.

In controcampo i monti bianchi di marmo, erosi di cave.

Nella Valle del Serchio, a Barga, nel Duomo, S. Cristoforo è un gigante buono e grezzo tagliato con l’accetta che porta con sè un Bambino minuscolo.

Acque e boschi, castagne e funghi, il legno in Val di Serchio.

Tra i tanti borghi annidiati a mezza costa o altissimi sul crinale, incontri Colognora vecchia di pietre e case.

Garfagnana, terra arcigna di fortezze e antichissime vie.

Strumenti, suppellettili, cose quotidiane usate in altri tempi, raccolte nel Museo di S. Pellegrino in Alpe, a segno di una tradizione non spenta.

A Verrucole, alta sul monte, ricordi il ferro degli armati che, nella fortezza, vigilavano il territorio, soli e arroccati.

I resti della gran fabbrica, nei baluardi, nelle porte, nelle garitte per le sentinelle, nelle cannoniere, raccontano ancora vicende di secolari discordie.

Alle fortificazioni portavano vie faticose, ardue salite, sentieri lastricati, ponti angusti, ancora oggi, testimoni del tempo.

Nuove strade, ben più arditi viadotti, percorrono le stesse vallate ai nostri giorni.

Resta continuo il filo della storia millenaria di Lucca e della sua terra.

Giovanni Parmini - 1993