Ieri dopo circa 8 anni rivedo Don Carmine che oltre ad essere stato un mio formatore ai tempi dell'associazione cattolica, ha rappresentato per me una persona che ci ha sempre visto oltre, oltre soprattutto negli altri, e tra questi altri con me. I dialoghi con lui mi hanno sempre lasciato interrogativi e spunti di riflessione. Questi tratti di lui li ho conservati nel tempo fino a quando non mi sono chiesta perché non sentirlo e sapere come sta. E da una chiamata ci siamo ritrovati intorno ad una tavola e ad un buon vino a incontrare le nostre vite, cresciute cambiate e profondamente simili.
Lui mi ha ritrovato madre e io l'ho ritrovato quasi psicologo e alle prese con le sue nuove esperienze con la clinica. È stato bello poterci ritrovare, condividere le esperienze professionali, i nostri processi personali, paure e gioie dello stare accanto agli altri e per gli altri.
Ma la cosa che ho imparato da questo scambio è la semplicità e spontaneità con cui possiamo ri-videre e re-incontrare chi ha fatto parte della nostra storia.
Spesso ci chiudiamo nella nostra routine, nelle nostre mura abitudinarie, mantenendo la rigidità delle nostre giornate e perfino di noi stessi. Rispolverare il cuore e la memoria degli affetti ha un effetto benefico non solo su di noi ma anche sulle relazioni, che nonostante il tempo restano lì, sempre le stesse e sempre in meraviglioso mutamento.
Mio padre da circa 36 anni lavora accanto agli anziani prendendosi cura di loro. Non è un impegno semplice. Non solo per questioni di forza ed energia fisica, ma anche per quella psichica, in quanto è un lavoro che ti mette a contatto continuo con ciò che è la destinazione ultima di vita e soprattutto con tutto ciò che rappresenta il divenire anziano. Non sono mancate giornate in cui ho sentito la sua stanchezza, nervosismo, preoccupazione dopo essere rientrato da lavoro. E in quei momenti mi chiedevo cosa, nonostante il costo fisico e psicologico, lo motivasse a continuare a stare "accanto" a loro. All'oggi mi do' essenzialmente una risposta, che non risiede nella mera questione economica, ma in altro..qualcosa di più sottile, ovvero la gratitudine umana. Il sentirsi per loro "utile", "atteso", "ringraziato" risvegliava in lui, come lo è ancora oggi, il motore della capacità di stare accanto. La gratitudine genera un legame profondo, dove si annullano spesso le asimmetrie, e ci si sente reciprocamente visti e riconosciuti. In questi passaggi, le relazioni diventano cura e autenticità. Non solo per il curato, ma anche per chi ha il ruolo di "stare accanto".
Qualche giorno fa, mi chiama, dopo quasi un anno che non la vedevo, una ragazza conosciuta in una comunità. Mi dice prima di chiudere la chiamata "qui hai lasciato una traccia". Queste parole, piene di gratitudine, mi hanno ricordato cosa ero io in quella relazione e del bene reciproco generato.
L'accanto ha generato gratitudine, la gratitudine legame!
La signora A. è affetta fin dalla sua giovane età da due gravi patologie fisiche che con il tempo l'hanno portata all'oggi a dover fronteggiare anche quella depressiva.
Come accade spesso, la depressione ti porta a lasciarti andare e lasciare andare quello che prima ti dava vita, piacere e felicità.
Tra le diverse cose che A. aveva lasciato andare molti anni fa c' era la sua passione per la cucina e soprattutto per i dolci.
Spesso durante le sedute le ripetevo che mi sarebbe piaciuto assaporare qualcosa realizzato da lei. E oggi si presenta con questa ciambella, minuziosamente incartata da lei e con enorme dolcezza mi dice "ho messo un fiocco rosso perché solo questo mi era rimasto".
Resto spiazzata, senza parole e difficilmente ne resto senza. L'unica cosa che spontaneamente riesco a fare è abbracciarla e ringraziarla.
La cosa che più mi ha toccata e al tempo commossa è saperla a casa tra i suoi arnesi per dolci, nel suo riprovarci senza arrendersi, nella sua possibilità di rivedere quella sua parte che sa di vita, materno e dolcezza.
Grazie A.
Filo rosso del lavoro di oggi è "Ri-appropriarsi della storia e del ricordo"
Lavorare attivamente sulla foto, tagliando, assemblando con altri pezzi e immagini di vita permette di poter trovare una propria versione all'esistere, alle relazioni significative e alla storia.
La storia non è più quella che ho vissuto, ma quella che oggi mi sto raccontando.
Mi hanno sempre affascinata le reti. I loro intrecci, colori e odori. C'è qualcosa nel guardarle che mi rimanda al senso della fatica, del duro lavoro, e dell'impegno. Per certi versi la rete è molto simile alla nostra mente "immersa" in un "mare" sconfinato di esperienze che ci attraversano ogni giorno. Come accade alla rete, anche la nostra mente prende con sé ciò che non è utile, ingombrante e soprattutto non "nutriente". Ma non sempre è semplice riconoscere e liberarsi di ciò che non serve o appesantisce. La fatica a volte sta tutta qui, nell'aver cura di tenere per sé solo il necessario!
“Quanto tempo a rincorrersi…
Basterebbe fermarsi, guardarsi negli occhi, dirsi tutto.
Per non perdersi.
Che il mondo è pieno di emozioni perdute, di abbracci mancati,
di parole taciute.”
A.De Pascalis
Essere troppo affezionati all'immagine che abbiamo, o che gli altri hanno di noi stessi ci porta a perdere di vista chi siamo realmente e al contempo a perdere di vista qualsiasi via di uscita!