di Luca Sorrenti

A Revolta dos Marinheiros: Una tentata rivoluzione nel Portogallo di Salazar


Il 1936 fu un anno ricco di grandi avvenimenti per l'Europa. In Spagna iniziò la guerra civile, in Francia il Fronte Popolare, formato da comunisti e socialisti, vinse le elezioni. L'Italia fascista completò la conquista dell'Etiopia e Mussolini proclamò la fondazione dell'Impero, mentre la Germania, senza trovare opposizione, rimilitarizzò la Renania violando apertamente il trattato di Locarno.

Nella Repubblica di Portogallo, ufficialmente neutrale ma di fatto allineata con le potenze fasciste, il potere di Antonio Salazar era ormai consolidato. L'Estado Novo stava progressivamente prendendo le sembianze volute dai suoi artefici e qualunque forma di dissenso e opposizione era prontamente debellata. Dopo i falliti scioperi insurrezionali del 18 gennaio 1934, repressi con estrema brutalità, il regime di Salazar aveva intrapreso una vera e propria opera di epurazione della società attraverso centinaia di arresti. Nel 1936, all'interno della marina militare, era ancora forte l'influenza del Partito Comunista Portoghese che agiva tramite l'ORA (Organização Revolucionária da Armada), un organismo ad esso legato che cercava di canalizzare il malcontento dei marinai in rivendicazioni politiche e sociali di più ampio respiro. In tale senso era fondamentale l'apporto del giornale clandestino O Marinheiro Vermelho (Il Marinaio Rosso), che aveva una grande diffusione tra i membri della marina e contribuiva alla loro politicizzazione. Nel corso dell'anno, anche tra le fila della forze navali, vi erano stati numerosi arresti. Ad agosto furono arrestati diciassette marinai imbarcati sulla nave Afonso de Albuquerque, poiché colpevoli di aver mostrato simpatie per la causa repubblicana spagnola. In un clima influenzato dalle vicissitudini della vicina Spagna, si cominciò quindi a pensare ad un azione militare che potesse porre fine al regime di Antonio Salazar. I responsabili dell'ORA, consapevoli che la sopravvivenza stessa dell'organizzazione risultava minacciata dalla repressione del regime, pensarono che una repentina insurrezione delle forze navali potesse avere successo. Nella notte tra il 7 e l'8 settembre fu quindi messa in atto, da parte di un significativo numero di membri della marina, un'azione passata alla Storia come la Revolta dos Marinheiros.

La rivolta iniziò nel cuore della notte, quando i marinai rivoltosi presero il controllo delle navi da guerra Dão, Afonso de Albuquerque e Bartolomeu Dias, che stazionavano di fronte a Lisbona. Il piano era quello di intimare un ultimatum al governo di Salazar la mattina seguente, chiedere la liberazione dei marinai arrestati e le dimissioni dello stesso primo ministro, sfruttando la potenza di fuoco delle tre navi. In alternativa, la piccola flotta avrebbe preso il largo verso Madeira e le Azzorre per liberare i prigionieri politici ed unirsi eventualmente alle forze repubblicane spagnole. La rivolta però, scarsamente organizzata, era destinata a fallire. Molti membri dell'equipaggio delle tre navi si rifiutarono di prendere parte all'insurrezione e ne rallentarono il proseguo. Il governo di Salazar venne presto a sapere, tramite il messaggio di un radiotelegrafista, quanto stava accadendo a bordo delle navi e riuscì a organizzare un'efficace risposta. Alcuni tra i marinai fedeli a Salazar riuscirono inoltre a sabotare le macchine della Bartolomeu Dias, rendendola quasi inutilizzabile e costringendo i rivoltosi ad abbandonarla e passare sulle altre due navi. Alle prime luci del sole, vedendo parzialmente fallita la rivolta, i marinai decisero di prendere il largo e dirigersi in mare aperto. L'ordine di Salazar fu però di impedire ad ogni costo la fuga delle navi ribelli, contro le quali aprirono il fuoco le batterie di artiglieria posizionate sulle due sponde del fiume Tago. Nel giro di poche ore dall'inizio dell'insurrezione i marinai furono costretti alla resa, dopo aver strenuamente resistito agli incessanti bombardamenti dell'artiglieria salazarista, proseguiti anche dopo che venne issata bandiera bianca. Nel corso della rivolta persero la vita dodici marinai e centinaia furono arrestati. Molti cercarono di fuggire a nuoto, ma furono intercettati dalle forze del regime. Processati qualche settimana più tardi da un tribunale militare, trentaquattro dei rivoltosi furono condannati a pene detentive fino a vent'anni ed inviati nella prigione di Tarrafal, a Capo Verde, un vero e proprio campo di concentramento studiato dal regime per internare gli oppositori politici.

Il fallimento dell'insurrezione, letto a posteriori, non può che apparire inevitabile. Le possibilità di trasformare una rivolta, quasi improvvisata, in un colpo di stato che rovesciasse Salazar erano assai limitate e il Partito Comunista stesso non appoggiò l'azione dei marinai dell'ORA. Anche la semplice rivolta si trasformò in una disfatta e le navi non riuscirono neppure ad uscire dall'estuario del fiume Tago. A mancare furono infatti una vera e propria pianificazione ed un adeguato coordinamento tra gli equipaggi delle navi, nonché una piena adesione da parte dei marinai.

Come conseguenza, il governo di Salazar trovò negli avvenimenti un ottimo pretesto per giustificare una serie di ulteriori restrizioni e forme di controllo che furono realizzate nei mesi successivi e ne uscì rafforzato. Le forze armate vennero completamente epurate dagli elementi che non potevano godere di piena fiducia da parte del regime e furono poste sotto il controllo compulsivo degli agenti della polizia politica (PVDE). Una giro di vite venne dato anche ai controlli sulla società nel suo insieme e l'azione finì per contribuire a velocizzare l'inasprirsi della dittatura. La fallita Revolta dos Marinheiros, un episodio storico ancora poco studiato, risulta, al di là del suo esito, particolarmente importante anche in quanto unico tentativo militare di rovesciare l'Estado Novo fino alla Rivoluzione dei Garofani del 25 aprile 1974. Anche a livello internazionale, per quanto le notizie arrivarono filtrate dalla stampa filo-salazarista, la rivolta contribuì a disgregare il mito del pieno consenso della società portoghese alle politiche di Salazar.

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