l'Estado Novo portoghese

FRANCESCO MELE

L'ESTADO NOVO PORTOGHESE

«Orgogliosi di essere soli!».

(Antonio de Oliveira Salazar)

La figura di Antonio de Oliveira Salazar crebbe politicamente in un Portogallo dilaniato dai colpi di stato che, nel 1926, fecero tramontare definitivamente il progetto repubblicano.

Durante la dittatura di Salazar, tra il 1932 ed il 1968, la repubblica portoghese restò formalmente in vita nonostante l'assenza di pluralismo e democrazia. Il presidente e il parlamento erano eletti attraverso una lista unica e senza preferenze ed ovviamente Salazar concentrò nelle proprie mani tutti i poteri, rivendicando il ruolo dittatoriale e proclamando nel 1933 una nuova Costituzione chiamata “Estado Novo”, che aveva come vago fine“far vivere in modo normale il Portogallo”.

Il primo aspetto da delineare della dittatura di Salazar è che non si trattò di un regime militare tradizionale bensì di una sorta di tecnocrazia, di una “dittatura dell’intellighenzia”. Il dittatore portoghese non aveva poco a che fare con le gerarchie dell’esercito, non era un veterano della Grande guerra né un generale come i suoi predecessori, non adottò mai alcun tipo di gestualità militare, né si fa ritrarre vestito in uniforme come i suoi contemporanei. Salazar era semplicemente un professore di economia politica, entrato a contatto con le istituzioni durante il regime di Carmona come ministro dell’economia e fautore dei duri provvedimenti economico-finanziari, che portarono il Portogallo al raggiungimento del pareggio di bilancio.

L’Estado Novo si pose come scopo principale la conservazione culturale e sociale del Portogallo, cristallizzando il paese in una dimensione rurale, umile, clericale, proteggendolo da ogni tipo di contaminazione esterna ed opponendosi duramente alla modernizzazione che trainava il resto d'Europa. Nei piani di Salazar questo obiettivo doveva essere raggiunto in primis attraverso una politica di neutralità all’interno dei conflitti internazionali, tanto che il Portogallo si schierò neutralmente nella Seconda guerra mondiale ed offrì supporto ad entrambi i contendenti. Finito il conflitto, il Portogallo entrò nella NATO ma mantenne la chiusura totale delle frontiere, la proibizione di emigrazione ed immigrazione e forti limitazioni riguardo al turismo, che verranno aboliti negli anni Sessanta per questioni economiche.

Dunque il rinnovamento del Portogallo nella visione Salazar doveva passare attraverso una restaurazione fondata su cinque valori cardine: Dio, famiglia, autorità, patria e lavoro. Salazar fu un fervente cattolico e dovette tutta la sua carriera prima universitaria e poi politica all'appoggio della Chiesa. Contemporaneamente egli chiarì fin da subito che il suo Portogallo non sarebbe mai diventato una teocrazia, in quanto lo Stato si sarebbe sempre mantenuto al di sopra della Chiesa. A dimostrazione di ciò, il matrimonio civile ed il divorzio non vennero mai aboliti.

Un altro aspetto molto interessante è la strutturazione del mondo lavorativo in corporazioni, similmente al modello italiano degli anni Trenta, nella visione del Presidente rappresentavano il più efficace strumento di pace sociale, capace di proteggere i lavoratori dagli abusi dei capitalisti e gli investitori dalle rivolte operaie. In uno Stato antiparlamentare, antidemocratico, antiliberale, come il Portogallo di Salazar, la repressione poliziesca penetrò profondamente nelle vite dei cittadini e si indirizzò sia contro i i dissidenti di sinistra (socialisti, comunisti o liberali che fossero) sia contro l'estrema destra: Salazar stesso mise fine al movimento fascista portoghese. La presa di distanza dal nazifascismo e la lotta senza quartiere al comunismo, la ferma neutralità negli affari esteri, la costante ricerca dell'equilibrio all'interno del mondo bipolare del secondo dopoguerra furono certamente tra i fattori che garantirono al regime di Salazar una così lunga sopravvivenza.