di Lorenzo Bonaguro

La Guerra sino-indiana (1962)


“Piuttosto che essere costantemente accusati di aggressione, è giunto il momento di mostrare al mondo cosa succede davvero quando la Cina muove i suoi muscoli”

Mao Zedong


Le relazioni fra Pechino e Delhi sono sempre state turbate dalle dispute territoriali nella zona tibetana. In questi mesi si sono riaccese le tensioni per il Kashmir, rivendicato anche dal Pakistan, una regione himalayana contesa e al centro di diversi conflitti armati nel corso del Novecento, uno dei quali si svolse nell’autunno del 1962. Da un lato stava l’India di Nehru, che cercava di guidare il movimento dei paesi non allineati, dall’altra la Cina di Mao ansiosa di ritagliarsi un posto fra le potenze della regione: la posta in palio la regione del Aksai Chin, “deserto rosso” in cinese. Fin dal 1951 Zhou Enlai dichiarò che il governo comunista non avrebbe accettato i confini posti dall’Impero britannico nell’Ottocento, ossia la Linea Johnson, riconosciuti dagli indiani e che l’area di influenza della civiltà cinese era estesa a tutto l’altopiano himalayano.

Gli anni Cinquanta passarono senza che i colloqui diplomatici bilaterali portassero risultati positivi, anzi in varie occasioni la delegazione cinese boicottò gli incontri. Nel frattempo la Repubblica Popolare prese possesso del Tibet e avviò la costruzione di infrastrutture che violavano i confini. Contemporaneamente gli Stati Uniti iniziarono a sostenere l’India con la vendita di armi e tecnologie militari nella speranza di contenere l’espansionismo cinese, nonostante Nehru fosse molto vicino all’Unione sovietica: infatti, Kruscev sostenne diplomaticamente la posizione indiana e le loro relazioni migliorarono ulteriormente negli anni Sessanta.

Le scaramucce di confine divennero sempre più frequenti e sempre più pericolose. Il primo ministro Nehru adottò una politica più assertiva, detta forward policy: maggiore durezza nei confronti dei soldati cinesi sconfinanti, ampliamento delle fortificazioni, uso di artiglieria. Nessuna delle due parti dichiarò mai guerra, né fu firmato un armistizio, una tregua o una pace. Di fatto non dovrebbe nemmeno essere considerata una guerra, tuttavia gli indiani la considerano tale dato il numero di morti: 1383 i deceduti, 722 da parte cinese. Evidente fin dal primo giorno di scontri fu l’impreparazione dell’esercito indiano. La Cina si assicurò il controllo del crocevia centrasiatico dell’Aksai Chin, poi invase l’Arunachal Pradesh ridiscendendo le pendici himalayane fino ad arrivare nella pianura dell’Assam al confine con l’attuale Bangladesh, per poi ritirarsi. L’esercito cinese prese possesso dell’intero nel Aksai Chin, vero obiettivo della guerra, alla fine di novembre dopo aver dichiarato unilateralmente il cessate il fuoco. L’avanzata nella regione di Assam fu solo un modo per umiliare ulteriormente l’India.

Oltre alla superficialità con la quale furono delineati confini dai britannici, ci furono anche altre cause. Pechino temeva che l’India avesse delle mire espansionistiche sul Tibet e, in tal senso, la “forward policy” di Nehru non faceva certo sperare bene. Il governo indiano aveva anche la colpa di aver accolto il Dalai Lama in esilio a seguito della cattura della capitale Lhasa da parte dell’esercito popolare. Bisogna inoltre sottolineare il contesto internazionale: la neonata repubblica cinese doveva dimostrarsi forte e assertiva davanti a un mondo ostile. Pechino aveva anche delle preoccupazioni strategiche: assicurarsi una posizione solida sull’altopiano voleva dire poter controllare riserve idriche, fondamentali ancora oggi per il paese, nonché una posizione da cui poter eventualmente proiettarsi su tutto il subcontinente indiano e l’Asia centrale.

L’India non ha mai accettato la nuova linea di confine imposta dalla Cina. Sul piano interno la sconfitta ebbe conseguenze pesanti e spinse i governi successivi a investire pesantemente nell’industria militare e a firmare accordi con l’Urss in funzione anticinese. Ciò spinse a sua volta il Pakistan a una corsa alle armi e a schierarsi al fianco della Repubblica Popolare da un lato e degli Stati Uniti dall’altro. Di fatto la guerra del 1962 fece tramontare ogni speranza riguardo la possibilità di creare un forte e compatto asse di paesi non allineati.


LETTURE E APPROFONDIMENTI: