Il Governo D'Alema I

LORENZO BALMA
STORIE DELLA REPUBBLICA

IL GOVERNO D'ALEMA I

“La caduta del Governo Prodi è stata, quindi, non solo una crisi politica ma l'ennesima testimonianza di una crisi ancora irrisolta del sistema”

(Massimo D’Alema)

Costituitosi nel 1998, il primo governo D’Alema nacque per affrontare gli impegni che derivavano dall'imminente approvazione del disegno di legge finanziaria e dall'avvio della moneta unica europea, per proseguire l'opera di risanamento e modernizzazione del Paese e di creazione di lavoro.

D’Alema succedette il 21 ottobre 1998 a Romano Prodi, la cui maggioranza era venuta meno per un solo voto il 9 ottobre, dopo che i deputati di Rifondazione Comunista avevano revocato il loro sostegno al governo. La nuova coalizione si formò dopo il mandato esplorativo assegnato dal Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro affinché si verificasse l’esistenza di una maggioranza parlamentare ed evitare evitare, quindi, lo scioglimento delle camere e andare ad elezioni anticipate.

Le garanzie del proseguimento di questi obbiettivi, riportati nel programma di governo, risiedevano nella pluralità delle forze politiche che formavano la nuova maggioranza parlamentare. Le principali forze della nuova intesa di governo erano l’Ulivo, i Democratici di Sinistra (DS), i Socialisti Democratici Italiani (SDI), la Federazione dei Verdi (FdV), il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI), il Partito Popolare Italiano (PPI), l’Unione Democratica per la Repubblica (UDR) e il Rinnovamento Italiano (RI).

Nonostante le aspirazioni di centro-sinistra, il governo presieduto da Massimo D’Alema conferiva alle forze centriste alcuni dei ministeri più ambiti: Esteri, Interno, Difesa, Lavori Pubblici e Sanità, furono assegnati rispettivamente a Lamberto Dini (RI), Rosa Russo Iervolino (PPI), Carlo Scognamiglio (UDR) Enrico Micheli (PPI) e Rosy Bindi (PPI).

Il tentativo del governo D’Alema fu quello di arginare, dopo Mani Pulite, l’avanzata dei partiti personali, da Berlusconi a Di Pietro, nati dalla crisi dei partiti di massa. La sfida maggiore diventava far convivere all’interno di un progetto di centro-sinistra le due anime della sinistra (quelle cosiddette massimaliste e riformiste), che si scontravano tra loro, con i partiti di centro che tenevano numericamente in piedi la maggioranza. La crisi di sistema ancora irrisolta di cui parlò D’Alema nel suo discorso d’insediamento riguardava infatti questi due aspetti: il vecchio sistema partitico che stava morendo e con lui i vecchi soggetti costituenti e, nel frattempo, l’incomunicabilità a sinistra che diventava sempre più marcata. I bivi che si ponevano davanti diventavano uno spartiacque per la sopravvivenza futura.

All’eredità socialista rivendicata dal partito post comunista (che da PdS era nel frattempo diventato DS), si affiancarono altre formazioni della sinistra laica, che confluirono poi a formare la Margherita e l’Ulivo.

Era chiaro a sinistra che il vecchio stava morendo e il nuovo stava per nascere, ma l’imperativo era stare al passo di un mondo che vedeva nascere nuovi equilibri economici.

Il governo quindi, diventava nel complesso e nei suoi propositi una coalizione di centro-sinistra, andando a sintetizzare i progetti di forze centriste e progetti promossi da partiti di sinistra che cercavano nuovo vigore di fronte alle sfide che presentava il nuovo millennio e il nuovo scenario internazionale dopo la caduta del Muro di Berlino.

In continuità con il governo Prodi, si cercò di favorire la formazione dei requisiti necessari per poter partecipare da subito alla moneta unica prevista dal trattato di Maastricht. Il piano era quello di monopolizzare a sinistra, a discapito della destra, l’argomento che avrebbe procurato futuro benessere al paese, evitando l’isolamento economico.

Venne promossa anche l’abolizione della leva obbligatoria sostituita con un esercito professionale: i diritti civili e politici venivano sganciati del tutto dai doveri militari.

Sotto il profilo internazionale, con l’intervento armato in Kosovo, il governo D’Alema confermò la propria collocazione saldamente al fianco delle forze del Patto Atlantico.

Fu proprio il ministro della difesa Carlo Scognamiglio che inviò una scottante lettera al Corriere della Sera nel 2001 dal titolo "Il governo D'Alema nacque per rispettare gli impegni Nato", in cui asserì che le ragioni per le quali venne formato un governo in quella situazione di incertezza politica, non furono per ragioni di politica interna, ma per ragioni di politica internazionale.

L’esperienza del governo D’Alema, che fu il primo governo di un ex comunista, si concluse con l’insuccesso della sinistra nelle elezioni regionali, che vennero considerate come dato politico troppo rilevante per essere ignorato. Massimo D’Alema si dimise da Presidente del Consiglio il 22 dicembre 1999.