1992: Tangentopoli

FILIPPO FRIGERIO
STORIE DELLA REPUBBLICA

1992: TANGENTOPOLI

“I partiti specie quelli che contano su apparati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali e associative, e con essi molte e varie strutture politiche e operative, hanno ricorso e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale. Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico di organizzazioni importanti che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro.”

(Bettino Craxi)

Era il 3 luglio del 1992 quando l’ex leader socialista Bettino Craxi pronunciò queste parole alla Camera dei deputati. In quell’aula nessuno si alzò e le parole di Craxi vennero etichettate come quelle di un “già condannato dalla storia”.

Tornando indietro di qualche mese troviamo ciò da cui tutto partì: una mazzetta di 7 milioni di lire, la metà della tangente pattuita, con banconote siglate dai carabinieri, consegnata al presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, Mario Chiesa, dal titolare di una piccola impresa di pulizia, Luca Magni. Era il 17 febbraio 1992 e quel fatto, all'apparenza di 'ordinaria giustizia', in realtà ebbe l'effetto di scoperchiare il vaso di Pandora e rivelare un sistema di corruzione che coinvolgeva quasi tutte le maggiori aziende e i maggiori partiti politici del Paese. Quell'inchiesta, denominata 'Mani pulite', condotta da un pool di magistrati di Milano, fu ribattezzata 'Tangentopoli' e decapitò i vertici del pentapartito, con il risultato di trasformare la geografia politica ed economica italiana.

Da questa data e nei venticinque mesi successivi la lista di persone coinvolte si allungherà all’infinito: 4.525 persone arrestate, 25.400 avvisi di garanzia. Tra questi circa 1.100 parlamentari o uomini politici coinvolti, avvisati o arrestati. A questo devono aggiungersi dieci suicidi legati a Tangentopoli oltre all’infarto di Vincenzo Balsamo, amministratore del Partito Socialista. La scoperta che decine di deputati e senatori e numerosi ministri e sottosegretari erano accusati dei reati di corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti portarono allo scioglimento del Parlamento e persino di alcuni partiti politici i cui vertici risultavano pesantemente coinvolti nello scandalo.

Il quadro iniziale che si presentò ai magistrati era di una città, Milano, dove la corruzione, la concussione e il finanziamento illecito ai partiti erano reati diffusissimi, gonfiavano le spese dello Stato e degli enti locali e mettevano la gestione della cosa pubblica nella mano di persone spregiudicate e disoneste. Le dichiarazioni di Mario Chiesa, rese dopo alcune settimane di carcere in seguito alla scoperta e al sequestro di due conti svizzeri contenenti l’ingente patrimonio creato attraverso il pagamento di tangenti, smascherarono tutto il sistema che teneva in una morsa l’Italia, come fossero organizzate e intrecciate in modo diretto e pesante la politica, la società e l’economia. Venne a galla un sistema di tangenti in cui esponenti politici richiedevano o accettavano denaro che imprenditori offrivano o accettavano di pagare, venendo successivamente divise fra i vari partiti secondo percentuali prestabilite. Le tangenti e i contributi non registrati ai partiti servivano per ingraziarsi gli esponenti politici che potevano, con la loro attività istituzionale, decidere come assegnare lavori e appalti. Erano così diffusi che i magistrati hanno parlato di dazione ambientale, una sorta di imposta implicita che gli uni versavano e gli altri ricevevano a volte senza alcuna richiesta o senza nessuna offerta.

È un periodo particolare per la storia italiana: il 5 aprile di quell’anno si vota e non è un’elezione come le altre. Succede che i partiti che avevano dominato la scena politica dal dopoguerra perdono consensi. Si assiste al disfacimento del pentapartito e la ribalta di formazioni nuove, come la Lega Nord e La Rete. È anche l’anno in cui iniziarono gli attacchi della mafia contro lo Stato, andando a colpire due soggetti con cui era impossibile scendere a compromessi, due magistrati, due uomini che rappresentavano lo Stato: primo e per primo, il 23 maggio, Giovanni Falcone, la sua scorta e sua moglie, a Capaci, in quello che può essere considerato, al pari della strage di Bologna, il più terribile degli attentati avvenuti in Italia. Il 19 luglio tocca a Paolo Borsellino, in Via D’Amelio, a Palermo.

Ciò che si scopre e viene denunciato quell’anno in qualche misura già si sapeva. Gli anni di Tangentopoli hanno segnato la fine di un ciclo, la conclusione di una fase. La Prima Repubblica era finita e sfinita da troppo tempo. Era sfinita perché era fondata su soggetti politici, attori politici delegittimati; era un modello che sopravviveva a se stesso. Il 1992 segnò, così, di fatto la fine della Prima Repubblica.