di Chiara Carnevale

La libera circolazione delle persone

Nel Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), al quarto titolo viene definita la politica dell'Unione europea in materia di "visti, asilo, immigrazione e altre politiche connesse alla libera circolazione delle persone". Questi settori comunitari legati alla realizzazione collettiva di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia riguardano la libera circolazione delle persone, il controllo delle frontiere esterne, l'asilo, l' immigrazione e la tutela dei diritti dei cittadini di paesi terzi, e la cooperazione giudiziaria in materia civile. L'accordo firmato a Schengen il 14 giugno 1985 fra il Belgio, la Francia, la Germania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi intende eliminare progressivamente i controlli alle frontiere comuni e introdurre un regime di libera circolazione per i cittadini degli Stati firmatari, degli altri Stati membri della Comunità o di paesi terzi. La convenzione di Schengen completa l'accordo e definisce le condizioni di applicazione e le garanzie inerenti all'attuazione della libera circolazione. Per promuovere la libera circolazione delle persone gli Stati membri cooperano, senza pregiudizio delle competenze della Comunità, in particolare per quanto riguarda l'ingresso, la circolazione e il soggiorno dei cittadini di Paesi terzi. Gli Stati cooperano anche per quanto riguarda la lotta contro il terrorismo, la criminalità, gli stupefacenti e il traffico delle opere d'arte e delle antichità. L'essenza di questa libertà consiste nell'eliminazione delle discriminazioni tra i cittadini di uno degli Stati membri e i cittadini degli altri Stati membri che risiedono e lavorano sullo stesso territorio.

La libera circolazione delle persone nell’Unione Europea è avanzata a piccoli passi. La prima prova avviene nel 1951, quando si dà ai lavoratori del carbone e dell’acciaio il diritto di trasferirsi all’estero. Questo diritto viene in seguito esteso a tutti i lavoratori, con il Trattato di Roma del 1957, che crea la Comunità economica europea, e po nel 1968 con la sua implementazione legislativa. Nel 1993 il diritto di libera circolazione nell'Unione Europa viene esteso - mediante il Trattato di Maastricht - a tutti i cittadini autosufficienti da un punto di vista economico di uno stato membro, dunque a studenti, pensionati, lavoratori autonomi, ai loro figli e congiunti, anche non europei.

Spesso il concetto di libera circolazione è stato diffuso in modo mascherato, con l’argomentazione secondo cui la mobilità internazionale avrebbe una funzione economica: i cittadini europei mobili avrebbero costituito l’ingrediente umano di un mercato più grande e dunque più efficace. E questa per decenni è stata l’ideologia della libera circolazione portata avanti dalle istituzioni europee, fedele alla logica dello “spillover” – secondo cui un evento può avere delle ricadute positive o negative su un altro oggetto che gli è indirettamente legato - questo ragionamento implicava che il vantaggio materiale della mobilità dei lavoratori avrebbe ottenuto il consenso collettivo. Tuttavia, quasi tutte le argomentazioni a sostegno della libera circolazione, dopo gli allargamenti degli anni Duemila, hanno messo in evidenza le ricadute economiche e il ruolo della mobilità dei lavoratori europei all’interno dell’Unione Europea come ammortizzatore di possibili crisi economiche locali. Infatti la manodopera in eccesso in una regione avrebbe potuto essere più facilmente redistribuita laddove ci fosse stato più lavoro. Questa dottrina economica ha mostrato i suoi limiti a partire dalla crisi finanziaria del 2008. Se da una parte il numero di europei del sud che si sono trasferiti in Germania, Regno Unito e Scandinavia per sfuggire alla disoccupazione e alla sottoccupazione è aumentato drasticamente tra il 2009 e il 2015, dall’altra, in questo contesto di impoverimento senza precedenti in Europa, a parte i periodi di guerra, la percentuale di cittadini greci - ad esempio - che si è spostata, è rimasta marginale. Pertanto, la mobilità transnazionale dei lavoratori in seno all’UE ha contribuito in modo molto modesto ad alleviare la crisi economica.

Ad ogni modo, il diritto alla libera circolazione all’interno dell’Unione Europea è garante di un principio chiave delle moderne trasformazioni politiche: l’individuo, in quanto cittadino e non più soggetto, è più importante del sovrano e dello stato. E ciò vale anche fra gli stati, poiché la libertà dell’individuo di scegliere dove trovarsi e stabilirsi non richiede l’autorizzazione preventiva di un’entità politica superiore. Da questo punto di vista, la cittadinanza europea è forse il frutto più maturo della modernità come età dell’emancipazione della persona umana dal rapporto di dipendenza con un solo potere statale. In questo senso la libera circolazione incarna il principio antinomico dell’ideologia sovranista.