di Sara Eleonori

LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI


L’attuazione del mercato unico europeo ha comportato la creazione di un apposito spazio privo di frontiere che garantisca la libera circolazione delle merci, delle persone, dei capitali e dei servizi. La disciplina della libera circolazione delle merci trova la sua base giuridica nell’articolo 26 e negli artt. che vanno dal 28 al 37 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), attribuendo al termine merce una definizione molto ampia, cioè qualsiasi prodotto che possa essere valutato in denaro e quindi può essere idoneo ad una transazione commerciale.

La liberalizzazione delle merci è stata attuata entro il primo luglio 1968, dagli Stati al tempo membri. Essa è stata realizzata tramite la realizzazione di tre distinte fasi. Prima, l’unione doganale (articoli da 28 a 32), la quale prevede il divieto di imposizione di dazi doganali e qualsiasi tassa equivalente alle importazioni e alle esportazioni tra gli stati membri. La Corte di Giustizia si è espressa per specificare chiaramente l’interpretazione corretta da attribuire alla nozione di tassa equivalente, definendola «qualsiasi diritto imposto indipendentemente dalla sua denominazione e dalla sua natura o forma […] che produca il risultato di alterarne il prezzo delle merci». Il divieto si applica oltre che ai prodotti originari degli Stati membri e ai prodotti provenienti da paesi terzi che si trovano in libera pratica negli Stati Membri.

In seconda istanza, è stato applicato il divieto di imposizioni interne di portata discriminatoria per i prodotti importati (art. 110 TFUE). L’obiettivo di tale norma è equivalente a quello della giurisprudenza sulla liberalizzazione delle merci, cioè eliminare gli ostacoli alla libera circolazione nell’area dell’Unione. Gli Stati Membri rimangono liberi di gestire le imposizioni tributarie entro i limiti posti dall’Unione, tuttavia, un’eventuale imposizione deve mantenere un carattere di neutralità tra i prodotti nazionali e i prodotti importati o esportati.

Infine, l’ultima fase consiste l’abolizione delle restrizioni quantitative agli scambi fra gli stati membri (articoli da 34 a 37). Anche in questo caso la Corte di Giustizia si è espressa sulla definizione di restrizioni quantitative, affermando che si riferiscono ad «ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari». Più tardi la Corte ha individuato, attraverso una sua sentenza, un principio di riconoscimento reciproco secondo il quale gli Stati Membri debbano consentire che le merci prodotte e commercializzate legalmente in altri Stati membri siano distribuite e commercializzate sui loro mercati, anche senza misure di armonizzazione attuate tramite il diritto europeo secondario.

La sfera di applicazione territoriale della libertà di circolazione delle merci va distinta dal territorio doganale dell’Unione. Infatti, la prima fa riferimento alla disciplina del mercato comune delle merci e coincide il territorio degli Stati Membri. La seconda invece si riferisce al territorio entro il quale viene applicata la normativa doganale dell’Unione.

Infine, sono stati introdotti ulteriori elementi per completare l’attuazione del mercato interno, come l'eliminazione delle barriere fisiche e tecniche e la promozione della normalizzazione. Dal 2008 con l’adozione del nuovo quadro legislativo (NQL) la libera circolazione delle merci, il sistema di vigilanza del mercato dell'UE e il marchio CE sono stati rafforzati.


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