di Manuela Boccaccio

la turchia di Atatürk

Fu nel caotico scenario politico della Turchia alla fine della prima guerra mondiale, divisa tra la continuità ottomana e la spinta repubblicana e filo-occidentale, che emerse preminentemente la figura giovane generale nonché leader del movimento nazionalista dei Giovani Turchi, Mustafa Kemal. Kemal era un uomo brillante, aveva velocemente scalato il cursus honorum della carriera militare e si era distinto per arguzia, capacità comando e carisma, guidando i propri uomini ad importanti vittorie nella battaglia di Gallipoli, nel Caucaso e in Palestina. Grazie alla sua crescente popolarità e al suo emergere come punto di riferimento politico, ben presto fu conosciuto come Atatürk (ossia, padre dei Turchi), termine che lo ha accompagnato durante tutta la sua carriera politica e che egli adotterà ufficialmente come proprio cognome.

L’animo innovatore del giovane ufficiale lo spinse ben presto a diventare un fervente oppositore del sultanato, ed il suo impegno politico in questo senso si palesò a partire dal rifiuto dei termini imposti dall’armistizio di Mudros del 1918, che pose fine alle ostilità tra Impero ottomano e gli Alleati alla fine della prima guerra mondiale smembrando i territori appartenuti all'Impero ottomano.

Nel 1920, alla vigilia della guerra greco-turca, Atatürk fu nominato Primo ministro e Presidente della Grande Assemblea Nazionale Turca di Ankara. In questa fase iniziale, promulgò diverse riforme per l'ammodernamento dell'apparato militare e dell'economia del paese, mettendo in pratica i precetti dell'ideologia politica che aveva sviluppato negli anni precedenti. Il movimento politico e teorico conosciuto come Kemalismo, sviluppò i principi base per la modernizzazione ed occidentalizzazione della Turchia. I cardini del pensiero kemalista erano il repubblicanesimo, un forte sentimento nazionalista, il laicismo e il riformismo politico ed economico. Lo scopo del movimento politico di Kemal Atatürk era quello di risvegliare il popolo turco, assopito dalle vecchie ideologie imperiali, e trasformare "il malato d'Europa" in una potenza regionale.

La prima Costituzione turca, che fissava le linee direttive del nuovo regime, venne approvata dalla Grande Assemblea Nazionale nel 1921. Una volta conclusa la guerra con la Grecia e deposto il sultano Maometto VI, tra le varie e sostanziali novità apportate dalla nuova costituzione nazionale, la più fondamentale fu il passaggio dallo stato imperiale a quello repubblicano e dando ufficialmente vita, nel 1923, alla Repubblica turca. La Costituzione venne ufficialmente approvata il 20 aprile 1924, con l'approvazione di nuova legge costituzionale. Di fatto, lo Stato era retto dalla Grande Assemblea Nazionale Turca, fondata nel luglio 1919, unico interprete ufficiale della sovranità nazionale. Il potere esecutivo era esercitato dal Presidente della Repubblica e coadiuvato da un Consiglio dei ministri.

La riforma kemalista dovette affrontare diverse questioni, prime fra tutte quella finanziaria ed economica. Abolendo il regime delle capitolazioni, Kemal Atatürk aveva l’obiettivo primario di creare una nuova ed equilibrata politica economica. Decise quindi di adottare una politica oscillante tra il protezionismo e l’autarchia, garantendo una fioritura dell’industria che era in grado di sostentare il paese, estremamente ricco di risorse naturali. Dal lato finanziario, invece, decise di costituire un’organizzazione contabile capace di equilibrare le entrate e le uscite del paese, aspetto fino ad allora gravemente trascurato. Tuttavia, ciò che più colpì e rimase nella memoria della grande riforma kemalista, furono le profonde riorganizzazioni sociali e culturali promosse dal nuovo Stato. In primis la riforma religiosa, che imponeva una drastica separazione tra il potere politico e quello spirituale, fino ad allora coincidenti. In questo clima secolarizzante e nazionalista, il nuovo governo si prodigò anche per risolvere la questione della lingua turca: nel 1927 venne creato un organismo incaricato di preparare un nuovo alfabeto, imponendo l’eliminazione di quello arabo e la creazione di un alfabeto latino adattato alla fonetica turca. Anche la figura della donna fu centrale nel processo di riforma: la poligamia fu proibita, venne creato il matrimonio civile, che garantì - almeno teoricamente - pari diritti tra uomini e donne e vennero imposte rigide regolamentazioni, ad esempio, per l'utilizzo dell'hijab nei luoghi pubblici. Nel 1934 vennero aboliti anche i titoli utilizzati differenziare le classi sociali, che vennero sostituiti con i soli bay e bayan, traducibili come "signore" e "signora".

In definitiva, le riforme della rivoluzione kemalista si impegnarono fortemente nell'affermazione di una nuova identità culturale su base nazionale che, da un lato, fosse in grado di tramandare le antiche tradizioni turche, ma che, al contempo, attraverso la promozione dell'istruzione, dell'industrializzazione e dell'innovazione, permettessero alla Turchia un rapido processo di occidentalizzazione.