Sayyid Qutb - il "padre" dell'islamismo


di Andrea Bernabale

Padre dell’Islam politico, o islamismo, Sayyid Qutb è senz'altro una figura di riferimento nel pensiero politico arabo contemporaneo, l’uomo capace di risvegliare potenti sentimenti religiosi prima lui sconosciuti o comunque inespressi. Se con la formula “Islam politico” intendiamo semplicisticamente l’applicazione della legge islamica (Shari’a) ad ogni sfera dell’umana esistenza (condizione necessaria alla salvezza, secondo Qutb), tuttavia va sottolineato come il carattere dell’”indivisibilità” dell’Islam sia il cuore pulsante del pensiero politico di Qutb: l’islam non può essere relegato solo alla sfera spirituale.

Prima di soffermarsi sulla portata rivoluzionaria del suo pensiero, un breve excursus biografico: Sayyid Qutb nacque a Musha, in Egitto, da una famiglia di contadini, nel 1906. Laureatosi all'Università del Cairo, successivamente sposò la causa nazionalista, entrando a far parte del partito Wafd, che abbandonò nel 1945 dopo per aver perso fiducia nel suo leader, Sa’d Zaghlul, ritenuto inadatto alla guida di un movimento che avrebbe dovuto guidare il popolo egiziano verso l'indipendenza. Questo fu un momento decisivo per il pensiero politico di Qutb che, come molti altri intellettuali egiziani gravitanti intorno all'ideale nazionalista, una volta disillusi dalle contingenze politiche, abbracciarono poi la causa islamista.

Dopo essersi recato temporaneamente negli Stati Uniti, l’ideologia di Qutb si fece ancor più chiara. Venendo a contatto con una società del tutto diversa da quella egiziana dell’epoca, una realtà arretrata e rurale, si acuì in lui l'avversione verso il modello americano e capitalista, complice anche il supporto degli USA alla causa israeliana. Tornato in Egitto, aderì nel 1951 al movimento dei Fratelli Musulmani e divenne direttore dell’ufficio propaganda. Questa fu una svolta cruciale per Qutb. Egli stesso, anni dopo, scriverà: «Io sono nato nel 1951». Tuttavia, nel 1952 i nazionalisti socialisti guidati da Nasser presero il potere in Egitto, instaurando una dittatura militare laica e mettendo al bando ogni organizzazione politica avversa al regime. Qutb, in quanto attivista religioso e politico, rientrava certamente tra i personaggi invisi al regime, tanto che nel 1954 venne arrestato con l’accusa di tentato golpe e condannato a 25 anni di lavori forzati. Il periodo di detenzione fu un'esperienza brutale, segnata da trattamenti degradanti, torture fisiche e psicologiche, finché, nel 1964, venne scarcerato preventivamente grazie all’intermediazione irachena.

Tuttavia, la libertà di Qutb durò per poco. Nello stesso anno venne nuovamente arrestato a causa della pubblicazione della sua fondamentale opera “Pietre Miliari”, nella quale accusava le società islamiche (inclusa quella egiziana) di essere appartenenti alla Jahiliyya, ovvero di comportarsi come le società pre-islamiche dominate dall’ignoranza della vera fede. Fu pertanto accusato di apostasia e condannato alla pena di morte, divenendo martire e simbolo della resistenza Islamista.

L’eredità ideologica di Qutb, derivante dai suoi scritti, è indubbiamente un’eredità pesante e le sue opere costituiranno un’apripista per i movimenti islamici fondamentalisti fino ad oggi. Perno del pensiero “fondamentalista” di Qutb è l’idea che l’essere umano, e soprattutto un buon musulmano, non può essere guidato solamente dalla ragione, che è sì importante in quanto dono di Dio ma non sufficiente a condurre una vita che realizzi il Suo volere. Ovvero, Dio ha dotato l’uomo di ragione affinché egli si realizzi come buon credente. Ricevendo il dono della ragione l’uomo, e in particolare l’uomo occidentale, ne ha fatto un uso sconsiderato, allontanandosi dalla devozione e perseguendo i suoi immorali vizi.

Qutb si preoccupò, quindi, di quale dovesse essere il buon musulmano all'interno della società moderna, provando lui stesso a fornire un valido esempio, che potesse rappresentare un'alternativa all'aggressivo e pressoché egemone modello culturale occidentale, che potesse preservare la centralità della religione islamica all'interno della società contemporanea. Nei suoi scritti discusse dell'unicità di Dio, della sovranità di Dio, della prassi, dell'immanenza divina, del jihad, ma anche di giustizia sociale, che in ogni caso deve essere sottomessa a Dio e alle verità di fede, uniche vie per il raggiungimento della felicità umana.

Se Qutb si proponeva di formare il buon musulmano, il buon servo di Allah, egli dovette anche occuparsi di costruirgli attorno una società nuova, una società che realizzasse l’indivisibilità della religione islamica da tutte le altre sfere della vita pubblica e privata dell’individuo. Per tali esigenze, Qutb indicava nella legge islamica (la shari’a) la soluzione alla realizzazione del buon musulmano nella società. Questo rappresentò l’aspetto più controverso della dottrina “fondamentalista” qutbiana, in quanto la legge divina, di per sé statica, non può adattarsi alle sempre nuove domande di un mondo in continua evoluzione, caratterizzato da un forte dinamismo. In quest'ottica, sarebbe comunque incongruo assumere un gruppo di esperti di legge islamica, gli “ulama”, come vicari legislatori di Dio, in quanto violazione del principio secondo il quale l’essere umano non può essere subordinato ad altro essere umano. Qutb poteva tuttavia rispondere che il ruolo degli ulama si limita semplicemente ad “interpretare” la legge, anziché innovarla, lasciando irrisolte le questioni riguardanti eventuali casi ai quali la sola interpretazione non può dare risposta.

Altro concetto cardine del pensiero qutbiano era la condizione di Jahiliyya, a cui abbiamo brevemente accennato. La Jahiliyya, definiva le epoche precedenti all'avvento dell’Islam come "condizionate dall'ignoranza", in quanto vissuta da popoli privi della luce della fede e, pertanto, costretti a vivere esistenze buie dominate dalla sola ignoranza. Ciò che si contrappone alla Jahiliyya è, ovviamente, la divina immanenza, la presenza di Allah. Tuttavia, secondo Qutb, il concetto di Jahiliyya non va applicato soltanto alle società pre-islamiche, ma anche a tutte le società odierne che non applicano il diritto divino, le società “disobbedienti”. L’imperativo era dunque richiamare i fedeli all’Islam (da’wah), così come il Profeta Maometto si rivelò ai pagani convertendoli alla nuova fede. Qutb invocava quindi il jihad (letteralmente “sforzo”), la battaglia contro gli infedeli, gli apostati e i regimi secolari in nome di Dio. Qutb definiva “infedeli” tutti coloro che non agissero secondo quanto rivelato da Dio: ne rappresenta un esempio Anwar Sadat - presidente egiziano successore di Nasser - assassinato dalle frange più estreme dell’islamismo in quanto considerato infedele.

Infine, altro punto fondamentale nel pensiero di Qutb, era la concezione dell’Islam come organismo vivente, come una totalità costituita da elementi tra loro interdipendenti. La totalità è rappresentata dalla Ummah, la comunità di credenti; i fedeli sono invece parti di questo tutto, ma il tutto è più grande della somma delle parti individuali. In altre parole, l’Islam è più grande dell’individuo e della somma dei suoi fedeli. L’Islam è l’attore, l’individuo opera in Suo nome sottomettendosi.

L’influenza di Qutb sulle generazioni a lui successive fu dunque notevole, ispirò e tutt'ora ispira movimenti islamisti ma anche mutamenti legislativi di stampo più riformista, come, ad esempio, due emendamenti all'articolo 2 della Costituzione egiziana elaborati nel 1971 e nel 1980. Il primo emendò l'articolo con la formula «l’Islam è la religione di Stato»; mentre il secondo stabilì che «La legge islamica è la principale fonte di legislazione». Questi emendamenti erano comunque insufficienti in un'ottica islamista, dal momento che non imposero l’applicazione completa della shari’a, come Qutb avrebbe certamente auspicato per la realizzazione del suo ideale politico-religioso.

Ciò che è certo è che Qutb, mediante le sue teorizzazioni e il suo sacrificio, spianò la strada alle prassi più violente dell'Islam radicale.


LETTURE E APPROFONDIMENTI

- S. Qutb, “La battaglia tra Islam e capitalismo”, Marcianum Press, 2016

- J. Esposito & E. Shahin, “Key Islamic political Thinkers”, Oxford, 2018

- M. Campanini, “Il pensiero arabo contemporaneo”, Il Mulino, 2016