La rivoluzione egiziana del 1919

ANDREA BERNABALE

LA RIVOLUZIONE EGIZIANA (1919)

Quando nel marzo 1919 Sa’d Zaghlul, leader del partito nazionalista egiziano Wafd, fu arrestato assieme ad altri suoi compagni di partito, l’Egitto era sull’orlo di una rivoluzione, una bomba pronta ad esplodere.

Il discontento popolare, di cui i nazionalisti wafdisti ne erano la voce, era senza dubbio legato alla scoppio della prima guerra mondiale e al protettorato britannico in Egitto. Lo scoppio della grande guerra, infatti, non aveva fatto altro che peggiorare drasticamente le condizioni di vita del popolo egiziano: il razionamento del cibo e dei beni primari aveva fatto impennare i prezzi, i contadini erano costretti ad abbandonare le campagne per imbracciare le armi, la presenza degli occidentali in Egitto non era vista di buon grado e l’arresto di Zaghlul costituì la goccia che fece traboccare il vaso.

L’Egitto ben presto risultò un Paese paralizzato da scontri riottosi e violenti e i quartieri dove erano insediati gli europei furono presi d’assalto dai rivoltosi che si ribellavano contro i loro privilegi e benefici economici.

Nonostante l’arresto di Zaghlul, portato in esilio a Malta, il partito Wafd riuscì a coordinare l’insurrezione grazie anche all’azione di Safia, moglie di Zaghlul che aveva preso le redini del partito in sua assenza. L’azione propagandistica portava infatti il loro volto: ovunque vi erano manifesti, poster affissi nei muri delle città egiziane e cartoline rappresentanti i volti di Safia e Sa’d Zaghlul.

Tuttavia gli inglesi, determinati a mantenere il controllo dell’Egitto decisero di sostituire l’Alto Commissario Reginald Wingate, considerato troppo debole e moderato, con il generale Edmund Allenby, grande eroe inglese della prima guerra mondiale. Allenby decise di incontrare i vertici egiziani del Wafd e arrivò alla conclusione che l’unico modo per restaurare una situazione di ordine sociale sarebbe stato rilasciare Sa’d Zaghlul.

La situazione tuttavia non migliorò e gli egiziani continuarono a boicottare i beni inglesi e a rifiutare ogni tipo di dialogo e compromesso.

Si andava ormai verso l’indipendenza egiziana, come dimostrava la creazione di una prima banca egiziana nel 1920, primo passo per l’indipendenza economica.

Iniziavano così le prime negoziazioni tra il Wafd e gli inglesi a Londra nel 1920, negoziati che registrarono il fallimento dei wafdisti nell’ottenere una piena indipendenza per l’Egitto. I negoziati infatti prevedevano il mancato ritiro delle truppe inglesi dal territorio egiziano e il mancato termine del protettorato britannico che permetteva dunque ai residenti britannici in Egitto di continuare a usufruire delle condizioni di privilegio. Era, sostanzialmente, un’indipendenza mutilata.

Nonostante tutto, i vertici del partito Wafd di ritorno in patria furono accolti come degli eroi dal popolo egiziano ma, quando nel 1921, Zaghlul fu arrestato nuovamente e deportato, una nuova ondata di nazionalismo si fece largo.

Allenby fu praticamente costretto a decretare la fine del protettorato britannico e, un anno dopo, i britannici dichiararono unilateralmente l’indipendenza egiziana che sarebbe stata governata da una monarchia costituzionale guidata da Re Fu’ad.

L’indipendenza del 1922 fu certamente un grandioso traguardo per il popolo egiziano e la sua autodeterminazione anche se, di fatto, gli inglesi mantenevano ampi poteri, incluse la possibilità di stazionamento di truppe inglesi in Egitto e un ruolo determinante riguardo la politica estera egiziana. Pertanto, il nazionalismo egiziano non cessava di esistere in funzione anti-britannica ma rimaneva un fenomeno vivo tra le due guerre e decisivo per gli sviluppi futuri. La piena indipendenza arrivò infatti solo dopo il colpo di Stato del 1952 con il programma di nazionalizzazioni di Gamal Abd al-Nasser e, non a caso, nessuno come Sa’d Zaghlul e Nasser ha mai goduto di una popolarità tanto grande e profonda in Egitto.