di Chiara Carnevale


I PATTI LATERANENSI e LA COSTITUZIONE ITALIANA


I Patti Lateranensi sono accordi di mutuo riconoscimento tra il Regno d’Italia e la Santa Sede, sottoscritti l’11 febbraio 1929. Con questi accordi per la prima volta dall’Unità d’Italia furono stabilite regolari relazioni bilaterali tra Italia e Santa Sede, mentre, prima di questi, il rapporto tra Stato e Chiesa era disciplinato unilateralmente dalla cosiddetta «legge delle Guarentigie», approvata dal Parlamento italiano il 13 maggio 1871 dopo la presa di Roma e mai riconosciuta dai Pontefici, da Pio IX in poi. A seguito dei Patti Lateranensi la Chiesa cattolica ha riconosciuto l’esistenza di uno Stato italiano ed ha accantonato definitivamente ogni pretesa territoriale su Roma.

Con i Patti, l’Italia riconosce la Città del Vaticano come Stato sovrano e indipendente; viene riconosciuto il carattere cattolico dello Stato Italiano; assicurato il libero potere spirituale della Chiesa e la libertà di culto; stabiliti gli effetti civili del matrimonio canonico e l’obbligatorietà dell’insegnamento della dottrina cattolica nelle scuole.

I Patti Lateranensi consistono in tre documenti distinti: il Trattato; la Convenzione finanziaria; il Concordato. Il Trattato riconosce l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede che fondava lo Stato della Città del Vaticano. Tramite il Trattato, invece, si definiscono i reciproci rapporti, in tema di diritto internazionale, tra lo Stato italiano e la Santa Sede. La Convenzione finanziaria prevedeva un risarcimento di 750 milioni di lire a beneficio della Chiesa. Questa convenzione regolava le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a causa delle leggi eversive. La Convenzione prevede inoltre l’esenzione dalle tasse e dai dazi sulle merci importate al nuovo Stato denominato «Città del Vaticano»; il risarcimento di “1 miliardo e 750 milioni di lire e di ulteriori titoli di Stato consolidati al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire” per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito alla fine del potere temporale. Il Concordato definisce, infine, le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo (prima d’allora, cioè dalla nascita del Regno d’Italia, sintetizzate nel motto: «libera Chiesa in libero Stato»). Il governo italiano acconsentì anche a rendere il clero esente dal servizio militare. Si garantise, inoltre, alla Chiesa il riconoscimento del cattolicesimo quale religione di Stato in Italia.

Nel 1946 i membri dell’Assemblea Costituente si trovarono a discutere dell’opportunità, o meno, di accettare il testo degli accordi e di inserirlo, eventualmente, nella Costituzione. i Patti furono inseriti nel testo della Costituzione all’articolo 7, secondo cui «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale». L’art. 7 fu quello più a lungo discusso dall’Assemblea Costituente. La formula del primo comma derivò dall’unificazione di due diverse proposte, firmate rispettivamente dal vicesegretario della Democrazia cristiana Giuseppe Dossetti e dal segretario del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti.

L’Assemblea, approvando la formula unificatrice, decise di tracciare una chiara distinzione tra ordinamenti che coesistono su territori diversi, ovvero tra lo Stato italiano e gli altri Stati, e ordinamenti presenti sullo stesso territorio, ovvero tra Stato italiano e Chiesa cattolica.

Inoltre, sempre dopo una lunga discussione, l’Assemblea riconfermò la validità dei Patti Lateranensi e stabilì che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa dovevano comunque essere regolati da intese concordate. Secondo numerosi commentatori, l’art. 7 – frutto del compromesso fra i partiti della sinistra e le forze cattoliche – presenta un profilo giuridico alquanto approssimativo. Il primo comma, infatti, utilizza nozioni (quelle di indipendenza e sovranità) che, presupponendo l’elemento della territorialità, mal si adattano a definire le relazioni della Chiesa con l’ordinamento statuale.

La formulazione approssimativa dell’art. 7 ha finito per rendere difficoltosa la definizione del principio di laicità dello Stato: secondo la Corte Costituzionale la laicità non implica «indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni», ma «garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale».

Inoltre, l’articolo stabilisce una differenza giuridicamente rilevante fra l’ordinamento canonico della Chiesa cattolica, esplicitamente riconosciuto dalla Costituzione, e gli ordinamenti confessionali delle altre religioni, riconosciuti solamente a livello amministrativo o legislativo.

L’impianto dell’art. 7, infine, rende ancora attuale la questione delle ingerenze politiche della Chiesa: alcuni commentatori considerano le prese di posizione delle gerarchie cattoliche in merito a questioni inerenti la vita politica italiana come interferenze non giuridicamente perseguibili; altri, invece, questioni di diritto internazionale da risolvere per via diplomatica.

L’articolo 8 della Costituzione sancisce che «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze». Anche questo articolo fu approvato dopo una complessa discussione. Il problema principale era rappresentato dalla regolamentazione dei rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose diverse da quella cattolica. Mentre la Chiesa cattolica era stata definita indipendente e sovrana dall’articolo 7, le altre confessioni avevano una sovranità limitata in quanto: il loro statuto non doveva contrastare con l’ordinamento giuridico italiano; il loro rapporto con lo Stato veniva regolato non attraverso la Costituzione, ma con legge ordinaria (ciò significava che per modificare il rapporto era sufficiente un normale procedimento legislativo); lo Stato italiano, inoltre, non aveva l’obbligo costituzionale di regolamentare i rapporti con una Chiesa diversa da quella cattolica.

Questi problemi furono sanati, in parte, da un nuovo accordo tra la Repubblica italiana e la Santa Sede il 18 febbraio 1984. La nuova intesa abrogò il principio che indicava la religione cattolica come religione di Stato e riconobbe uguale libertà a tutte le confessioni religiose, e in questo modo trovò attuazione il principio del pluralismo confessionale stabilito dal primo comma dell’articolo 8. Dopo l’accordo del 1984, la giurisprudenza ha iniziato a discutere la legittimità della distinzione tra «parità di trattamento» e «uguale libertà» delle confessioni religiose voluta dall’Assemblea Costituente. La disparità di trattamento tra le diverse confessioni religiose è ormai giudicata insostenibile: nel 1993, infatti, la Corte Costituzionale ha sostenuto che tutte le confessioni religiose sono «in grado di rappresentare i bisogni religiosi dei propri membri» e, quindi, non possono essere discriminate.

Tuttavia, l’ordinamento italiano non ha ancora eliminato le disparità perché distingue gerarchicamente fra la Chiesa cattolica, le confessioni dotate di intesa (Tavola valdese, Unione comunità ebraiche), le confessioni riconosciute dalla legislazione sui culti ammessi, infatti lo Stato riconosce circa 100 culti quali, per esempio, la Comunità greco orientale ortodossa, la Comunità di fedeli di rito armeno gregoriano, la Chiesa evangelica luterana e così via, e quelle prive di riconoscimento come le Chiese di Cristo, la Chiesa cristiana millenarista, la Chiesa cattolica apostolica. Secondo molti giuristi, per superare l’effettiva disparità di trattamento sarebbe necessaria l’abrogazione della disciplina sui «culti ammessi» e l’approvazione di una legislazione unilaterale sulla libertà religiosa.


LETTURE ED APPROFONDIMENTI :

I Patti Lateranensi in occasione del XC Anniversario (1929-2019) - Bernard Ardura