La dottrina Reagan

ANDREA BERNABALE
DUE MONDI

LA DOTTRINA REAGAN

«La mia idea sulla politica estera americana nei confronti dell'Unione Sovietica è semplice ed è questa: noi vinciamo e loro perdono. Che te ne pare?»

(Ronald Reagan in una conversazione con Richard Allen)

Ronald Reagan
Ronald Reagan

Pietra angolare della politica estera statunitense durante gli anni '80 e fino al 1991, la "Dottrina Reagan" proponeva l'assistenza statunitense a tutte le forze anticomuniste che si opponevano all'Unione Sovietica e i suoi alleati. Obiettivo di Ronald Reagan, presidente americano e promotore della dottrina da cui prende il nome, era quello di destabilizzare e rovesciare i regimi comunisti investendo gli USA della missione storica di liberare e donare il diritto all'autodeterminazione a tutte quelle popolazioni “vittime” del comunismo.

La dottrina, in realtà, non era nient'altro che la continuazione di una politica estera americana fondata sul "contenimento": ogni presidente americano, infatti, dagli anni '40 in poi tenterà di contenere l'espansione del comunismo, considerato come minaccia per la democrazia.

Il presidente Reagan, tuttavia, spinse ancor più avanti questo principio dichiarando apertamente il sostegno americano ai gruppi anti-comunisti in Afghanistan, Angola, Cambogia, Etiopia, Grenada, Laos e Nicaragua.

Tale supporto fu attuato in diversi modi, a seconda delle circostanze, del luogo e delle potenziali conseguenze; fu infatti un supporto politico, economico e soprattutto militare capace di generare i cosiddetti conflitti a "bassa intensità", poiché si verificavano nelle aree del Terzo Mondo e non vedevano, dunque, un diretto confronto militare tra Stati Uniti e URSS.

Dei vari paesi contemplati dalla dottrina Reagan, solo a Grenada si verificò il diretto intervento delle truppe statunitensi.

La dottrina Reagan fu comunque molto controversa e criticata: gli Stati Uniti furono infatti accusati di collaborazionismo con gruppi non curanti dei diritti umani - che venivano sistematicamente violati - e di limitare la democrazia in modo ancor più brutale di quanto lo facessero i regimi comunisti. A tal proposito, la politica e diplomatica statunitense Jeane Kirkpatrick rispose a tali accuse sostenendo che vi fosse una profonda differenza tra le dittature di destra e quelle di stampo marxista: le prime potevano trasformarsi in democrazie (come Franco in Spagna), mentre le seconde, una volta al potere, sarebbero potute essere convertite in democrazie solo tramite il loro rovesciamento. Esse non avrebbero mai rinunciato al potere e l'applicazione della dottrina Breznev - detta anche della "sovranità limitata" - ne era la prova.

Reagan, tuttavia, promuoveva la sua dottrina non solo al fine di proteggere gli interessi americani ma considerava l'opposizione al comunismo come una vera e propria crociata contro quello che definì "l'Impero del Male", sponsor di principi inumani. Sosteneva fermamente che le idee di Marx erano inconciliabili con la natura umana e che l'Unione Sovietica, seguendo i suoi principi, non faceva altro che applicare aberranti forme di repressione politica che gli costarono, appunto, l'appellativo di "Impero del Male".

In ultima analisi, i vantaggi della dottrina Reagan furono ben visibili in termini di costi, in quanto gli oneri sostenuti per finanziare i gruppi di guerrilla anti-comunista furono in larga parte minori se rapportati agli esborsi dell'Unione Sovietica per finanziare i suoi Stati satellite.

Altro vantaggio fu la mancanza di un diretto coinvolgimento delle truppe americane nei vari conflitti civili.

D'altra parte, diversi furono i suoi punti critici: oltre alle già citate accuse, dopo l'11 settembre 2001 molti critici evidenziarono come gli Stati Uniti in passato facilitarono la militarizzazione di alcuni gruppi che in futuro si sarebbero rivelati ostili agli Stati Uniti, fornendo loro armi e addestramento militare. Al-Qaeda in Afghanistan ne fu la prova più evidente.