La dottrina Breznev

ANDREA BERNABALE

LA DOTTRINA BREZNEV

« Quando le forze che sono ostili al socialismo cercano di portare lo sviluppo di alcuni paesi socialisti verso il capitalismo, questo non diventa solo un problema del paese coinvolto, ma un problema comune e una preoccupazione per tutti i paesi socialisti. » - Leonid Breznev

Per giustificare l'intervento sovietico in Cecoslovacchia nel 1968, che pose fine alla "Primavera di Praga", il leader sovietico Leonid Breznev formulò una propria dottrina nota alla storia come "Dottrina Breznev".

Tale dottrina, che sarà in seguito invocata anche per giustificare l'invasione sovietica dell'Afghanistan nel 1979, prevedeva che qualora in un paese socialista, ovvero rientrante nella sfera d'influenza sovietica, il socialismo fosse stato in "pericolo", allora tutti i paesi socialisti avrebbero avuto il diritto/dovere di intervenire per "salvare" tale socialismo.

In particolare, Mosca si riservava il diritto di stabilire la durata e le modalità d'intervento.

La dottrina fu ufficialmente formalizzata da Breznev in un discorso in Polonia nel 1968, anche se tale politica era già stata precedentemente applicata nella Germania Est (DDR) nel 1953 e in Polonia e Ungheria nel 1956.

Breznev dichiarò che seppure ogni Stato socialista avesse la libertà di adottare proprie soluzioni a specifici problemi, nessuno aveva invece il diritto di prendere decisioni che avrebbero recato danno al socialismo di quello Stato o indebolito il socialismo degli altri Stati poiché, essendo il socialismo un movimento internazionale, tutti i paesi aderenti ne condividevano la responsabilità della sua esistenza, motivo per il quale l'URSS si arrecò il diritto di intervenire in Cecoslovacchia nel 1968 per reprimere quelle che Breznev chiamava le "forze anti-socialiste cecoslovacche."

La dottrina Breznev restò un caposaldo fino al 1989, quando Mikhail Gorbachev ripudiò ufficialmente tale dottrina.