barattolo cuore leccato
barattolo cuore leccato
"Inizio a scrivere senza sapere come iniziare e, soprattutto, non so dove andrò a finire. Era una di quelle giornate in cui non sei nulla, in cui non senti nulla... Rassegnato e deluso, passeggiavo calciando un barattolo vuoto, a modo dei monelli raffigurati nelle illustrazioni della mia infanzia. Il rumore metallico del rotolio rimbalzava, riecheggiando su quella strada di periferia, sita tra il grigiore di palazzi degradati e un campo incolto in attesa di essere edificato. Unica nota di colore: una Fiat 128 gialla rottamata a lato della strada; il proprietario la starà ancora piangendo, pensai. L’abbaio di un cane randagio dal pelo spinoso e la pelle adagiata sopra le ossa si sovrappose al rumore del barattolo. Il cane era di traverso sulla strada, circa trenta metri davanti a me, e mi fissava imperscrutabile. Una specie di Cerbero malandato, messo a guardia di una periferia che, più dell'inferno, sembrava un purgatorio abbandonato. Non capivo che intenzioni avesse. Mi fermai, ci guardammo come a duello e, dopo qualche esitazione, calciai il barattolo in direzione del cane che gli arrivò vicino. La bestiola annusò la latta, mi guardò, alzò la gamba e, irriverente con le palle al vento, ci pisciò sopra. Mi avvicinai lentamente a quel furbo musetto. Non sembrava particolarmente timoroso né aggressivo, ma avevo il dubbio che, dopo esserci passato oltre, mi addentasse alle spalle. Pensai di scacciarlo con un gesto o una parola; d'altronde, volevo solo continuare a calciare un barattolo vuoto... Quando gli fui a meno di un metro, vidi nei suoi occhi una luce diversa da quel che pareva. Non era aggressività, né paura: era curiosità e un evidente bisogno di un gesto d'affetto. Il cane si mise a scodinzolare festante. Mi inginocchiai, gli porsi la mano, avvicinò il muso e me la leccò. Mi sentii toccare il cuore e, per la mia anima rassegnata, fu come il ristoro di un temporale d’estate. Forse la bestiola aveva solo bisogno di un amico, ed io, in quel momento, senza saperlo, avevo bisogno di un cane che con tenerezza mi leccasse la mano... Mi misi in piedi, gli occhi sgranati del cane mi fissavano, parlavano nel silenzio di quella periferia. Ero indeciso sul da farsi; non volevo spezzare la speranza di un cane randagio che mi guardava come fossi la sua ultima possibilità. Per fare di quei momenti un attimo eterno, gli feci un cenno; fu sufficiente un solo cenno perché mi seguisse zampettando fino a casa. Lo chiamai Barattolo, in onore del nostro primo incontro. E fu così che dopo qualche giorno, con Barattolo sdraiato vicino ai miei piedi, iniziai a scrivere una storia senza sapere come e quando sarebbe finita."