Sono una serie di fotografie scattate durante l’Inverno 2021, in pieno lockdown, mentre piazze e strade sono vuote, che ritraggono il piccolo borgo marinaro di Punta Secca in tutto il suo fascino del mare d’Inverno, quasi come qualcosa di glamour e seducente.
Il mare d'Inverno è spesso burrascoso, agitato, scuro. La bianca e densa schiuma delle onde si infrange sugli scogli schizzando eventuali passanti mentre, sulla spiaggia, arriva molto oltre il bagnasciuga. La sabbia è fredda, molto umida, fradicia sul bagnasciuga, perché il sole non ce la fa ad asciugarla.
Nella stagione fredda, il mare diventa contemplazione, esperienza interiore, alleato romantico capace di suscitare sensazioni esclusive. Da vivere direttamente sul posto o rievocare attraverso un profumo.
Ho voluto raccontare il mare come luogo di solitudine ma anche come simbolo di libertà, avventura e cambiamento. Il fascino che ha il mare d’Inverno non è semplice da descrivere, bisogna viverlo. Per me è malinconia e meraviglia, è l’Infinito e il sublime.
La città nel suo connaturato aspetto di paesaggio antropico per eccellenza è il crocevia dove tutte le discipline misurano ciascuna il proprio grado di evoluzione e dove eventualmente possono testare la possibilità di intersezioni con altre in relazione ai mutamenti del panorama sociale che caratterizza il quadro dei rapporti tra gli umani. È sul corpo della città e sulla sua pelle che si manifestano i segni che l’essere umano è in grado di produrre, realizzare e provocare in termini di orrore e bellezza, disordine e progetto, desiderio e frustrazione, incontro e scontro. La metropoli come rebus da risolvere o testo da decodificare attraverso sguardi capaci di produrre visioni.
Il termine Beni Culturali, assieme all’altro equivalente di Patrimonio culturale, è molto diffuso, usato ed abusato in molte occasioni. È probabile che non tutti quelli che utilizzano questo termine siano in grado di fornire una definizione formale o comunque univoca di questo termine.
Il problema è analogo a quello di un altro termine, pure diffusissimo quanto sconosciuto nel suo intimo significato, e cioè quello di arte; in questi casi, una risposta elegante può essere data citando Benedetto Croce che affermava che l’arte e ciò che tutti sanno cosa sia. Ed in effetti è quello che è avvenuto, in mancanza di una definizione formale di bene culturale, possiamo affermare di individuarlo in tutto quello che la nostra società riconosce come tale.
Sono beni culturali d' interesse artistico o storico le cose mobili o immobili di singolare pregio, rarità o rappresentatività, aventi relazione con la storia culturale dell'umanità.
Ho raccontato tramite immagini le voci, i colori, i volti degli uomini e delle donne che vivono la pescheria, uno dei mercati dove l’incontro sociale e umano sono il centro di una città piena di storia e di tante altre storie.
La pescheria è l’antico mercato del pesce della città di Catania ed è inserito nel percorso turistico per il contenuto di folclore che si respira passando fra i banchi dei pescivendoli.
Solo provando questa esperienza ci si può rendere conto di quanto pittoresco possa essere questo mercato che può trovare confronto solo nel gemello mercato della Vucciria di Palermo: il mercato è sempre affollato ed il vocio incessante, a vuciata, dei venditori crea un sottofondo da suq arabo e si respira la tipica atmosfera di una casbah.
I banchi si trovano dall’inizio dell’Ottocento nel tunnel scavato nel Cinquecento sotto Palazzo del Seminario dei Chierici e le mura di Carlo V, di fronte agli Archi della Marina, un tempo immersi nelle acque del sottostante porticciolo di pescatori oggi riempito e trasformato in verde pubblico, in piazza Alonzo di Benedetto ed in piazza Pardo.
Qui è come un grande teatro, protagonisti i venditori che con la combinazione di parole, gestualità̀, musica, vocalità̀ e suoni coinvolgono lo spettatore.
Tra un bancone e l’altro, sguardi e sorrisi di uomini e ragazzi che apprendono dai più̀ grandi un antico mestiere, in un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato.
Si rimane ammaliati, come si rimarrebbe guardando gli occhi di un volto interessante, dai modi di dire, dai profumi, dai colori del luogo e dai suoni che emanano le voci dei pescivendoli.
La pescheria ha una sua storia, la storia del mare e dei suoi pericoli, storia di fatica e rassegnazione ma anche di una forza e dignità unica.
L’esperienza di fotografare la pescheria, intesa come bene culturale, come modo di guardare il paesaggio di un certo tipo di arte e di architettura, mi ha riportato al tema del camminare. Camminare come forma autonoma di arte, atto primario nella trasformazione simbolica del territorio, strumento estetico di conoscenza e di trasformazione fisica dello spazio attraversato, che diventa intervento urbano.
L’esplorazione urbana, citando l’artista Robert Smithson, è la ricerca di un medium, un mezzo per desumere dal territorio categorie estetiche e filosofiche con cui confrontarsi.
Tendo ad andare alla scoperta di luoghi magici ed emozionanti per rendermi conto dell’immenso valore della vita e della libertà, rivolgendo attenzione al silenzio ed all’ascolto concentrato dell’ambiente che mi sta intorno.
Una passeggiata durante un pomeriggio di Agosto a Donnalucata, frazione più popolosa di Scicli. Grazioso borgo affacciato sul Mediterraneo caratterizzato da due grandi spiagge, quella di Micenci e la spiaggia di Ponente.
Camminare al mare è un’opportunità di ascolto di sé, anzitutto, e quindi di grande connessione interiore con la nostra verità più intima e profonda che, quando agita, ci porta esattamente nel modo di vivere più giusto per noi, creando momenti di riconoscimento profondo, di consapevolezza e di spinta creativa che aiuta a rendersi attori nuovi della propria esistenza.
I luoghi abbandonati affascinano perché raccontano, in silenzio, storie sospese tra passato e presente. Attraverso la fotografia, questi spazi dimenticati vengono riportati alla luce, trasformandosi da scenari di degrado a potenti contenitori di memoria, poesia e riflessione.
Fotografare un edificio dismesso o un luogo invaso dalla vegetazione significa catturare il momento in cui il tempo si è fermato. Queste immagini trasmettono un senso di nostalgia, mistero e malinconia: evocano ciò che è stato, ciò che è andato perduto ma anche ciò che lentamente si trasforma. L'assenza umana diventa una presenza silenziosa, raccontata attraverso oggetti lasciati indietro, muri scrostati, finestre rotte e corridoi vuoti.
C'è una forte componente estetica: la bellezza dell’imperfezione, il contrasto tra strutture costruite dall’uomo e la natura che riprende il controllo. Questo tipo di fotografia spesso comunica anche un senso di rispetto verso il passato, quasi fosse un atto di ascolto visivo verso la memoria di quei luoghi.
In sintesi, le immagini di luoghi abbandonati non parlano solo di decadenza ma anche di trasformazione, resistenza e riscoperta. Invitano chi osserva a riflettere sul tempo, sull’oblio e sul valore di ciò che spesso viene dimenticato.