Ogni fase del ciclo di vita richiede precisi compiti evolutivi e presenta una certa stabilità della struttura, mentre nei periodo di transizione la famiglia subisce profonde trasformazioni sia psicologiche che strutturali. Il modello sistemico trigenerazionale utilizza il paradigma del ciclo di vita della famiglia, che inquadra lo sviluppo spazio temporale attraverso fasi evolutive prevedibili:
separazione dalla famiglia d’origine e costruzione della coppia; nascita dei figli; la crescita dei figli fino alla svincolo; nido vuoto e ri-investimento nella vita di coppia; invecchiamento e separazione della coppia genitoriale per la morte del coniuge.
Ecco perché quando vediamo le famiglie è necessario essere consapevoli della psicologia individuale. Ogni membro individuale di una famiglia vive una famiglia diversa.
"Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro. Ogni famiglia infelice è infelice a modo suo."
(L. Tolstoy)
Superare un evento traumatico è un compito difficile, che può sconvolgere l'equilibrio psico-fisico della persona coinvolta, perché si tratta di una ferita psichica subita come conseguenza di un avvenimento negativo nella vita, che colpisce in modo drammatico e improvviso. Di fronte ad un trauma, che può essere un'aggressione, un incidente, un abuso, una perdita o qualsiasi altro accadimento che va al di là della capacità dell'individuo che lo subisce di farvi fronte da un punto di vista emotivo, le persone possono reagire diversamente: con il blocco dei ricordi traumatici, con l'angonscia emotiva o il dolore, ma spesso la reazione più comune è il silenzio. La terapia familiare sistemica offre un adeguato e utile contesto di intervento per affrontare efficacemente i problemi legati a situazioni traumatiche. Tutti i soggetti implicati in tali problemi sviluppano un ruolo che li coinvolge a livello relazionale, e tutti, nella misura in cui sono responsabili delle proprie azioni, sono protagonisti dei drammi umani e meritano considerazione e rispetto. Non possiamo cambiare il passato, quell’esperienza che ci ha causato tanto dolore farà sempre parte della nostra esistenza, ma possiamo con un aiuto qualificato integrarla nelle nostre vite, evitando che danneggi e condizioni in modo irreversibile il nostro futuro.
Sentiamo spesso parlare di bambini feriti e di infanzie infelici: bambini non ascoltati e non curati, con il loro dolore e la loro confusione, nel corpo e nell'anima. Tale sofferenza e disorientamento possono far camuffare il "bambino" in adulto o genitore, ma si tratta di un finto adulto e di un finto genitore. Ed ecco che quello stesso bambino può essere competitivo, aggressivo, prepotente, prevaricante come un vero "adulto", ma non riesce ad essere autonomo, come un vero adulto. Per cui chiede, attenzione, affetto, rispetto, riguardo, amore. Chiede continuamente e si lamenta, principalmente della mancanza di affetto, di cure e di attenzioni. E spesso accusa, di essere ingannato, di essere trascurato, di non essere capito. Senza saperlo, in modo sufficientemente affettuoso e consapevole, quel bambino condizionerà drammaticamente il giovane adulto e poi l'adulto che diventerà. Un circolo vizioso che un genitore attento può interrompere, rendendo i propri figli il più presto possibile bambini autonomi e capaci di affrontare da soli le difficoltà della vita.
>>Se non dà non è un genitore, se non prende non è un adulto; se non prende e non dà ma chiede è soltanto un bambino.>>
I meccanismi di potere veicolati dalle parole
Bisogna diffidare di chi usa il linguaggio per escludere e controllare. Oggi è difficile essere provvisti di un kit di sopravvivenza per opporsi ai meccanismi di potere veicolati dalle parole. Ma il discorso ha una quantità di parole controllabili dal potere e questo meccanismo va analizzato con metodo. Lo scopo di questo controllo è quello di selezionare i soggetti parlanti, per determinare differenze. Questi freni, tesi a escludere e selezionare, agiscono in ogni genere di contesto: famiglia, lavoro, università, ospedali, con il risultato di controllare e inibire la manifestazione dei nostri desideri, cioè il bisogno di esprimere noi stessi e di apportare modifiche al contesto. L’impegno è quello di analizzare le strutture e le parole di cui il potere si avvale, per poi scardinarle e contrastare i pericoli per oggi e per il futuro, senza subire la paura dell’isolamento quando ci capita di avere opinioni divergenti dalla maggioranza. Perché così facendo realizziamo il meccanismo del controllo contro i nostri desideri di felicità, con il divieto di trattare certi argomenti che restano tabù. Quando tutto è visibile e ascoltato e ogni discorso trova spazio le cose cambiano. Le infinite forme di esclusione non devono essere recepite come fatalità o ingiustizie, questioni magiche e incontrollabili, ma esiti e fatti stabiliti che hanno presa diretta sul nostro agire, scene di un rituale discernibile, se abbiamo gli strumenti per vederlo.
<< La depressione è un'epidemia di portata mondiale. Nel 2024 secondo le stime dell'OMS la depressione sarà la più diffusa malattia del pianeta. Personalmente credo che la maggior parte delle depressioni abbiano le sue radici nella solitudine, ma la comunità medica preferisce parlare di depressione piuttosto che di solitudine. È più facile liberarci del problema dando una diagnosi e una scatola di farmaci. Perché se cominciassimo a parlare di solitudine, sapremmo, per certo, che non ci sono farmaci. Non c'è industria medica che tenga, basta l'amore umano. Tuttavia c'è sempre uno squilibrio tra quanti continuano ad "ammalarsi" di questa malattia e coloro i quali cercano, ognun per sé, di arginarla.>>
Patch Adams - (dalla Conferenza al Teatro Ariosto di Reggio Emilia, 2008)
Una previsione azzeccata - se pensiamo che il concetto di salute si basa anche su quello di felicità - che restituisce una fotografia preoccupante dell'isolamento odierno, così come una riflessione ancora più significativa sulle conseguenze psicologiche dell'epidemia e del lockdown, facendoci capire l'importanza di richiedere un supporto e un aiuto qualificato quando ci troviamo in difficoltà e le nostre sole forze non bastano per fronteggiare il nostro malessere.
Il problema dell'anoressia mentale e dei disturbi alimentari sta diventando sempre più importante: i mezzi di comunicazione gli riservano spazi significativi, mentre terapeuti e ospedali hanno a che fare con un numero di casi in continua crescita. Si parla di una vera e propria epidemia sociale. Si tratta di una patologia che prevede il rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo normale per età e statura, con la paura costante di acquisire peso anche in condizioni di sottopeso, e la conseguente alterazione del modo in cui vengono vissute le misure e le forme corporee. La maggior parte dei pazienti riferisce di "sentire un difetto in se stessi" che si ripercuote nel contesto familiare, richiedendo differenti interventi. L'approccio sistemico familiare diventa fondamentale per comprendere la dimensione individuale del paziente e dei suoi congiunti, a loro volta presi in carico nella loro sofferenza. La disponibilità di tutta la famiglia a mettersi in discussione e a coinvolgersi in un lavoro psicologico a favore del paziente è un importante elemento predittivo all'interno della terapia e dei fattori di guarigione.
<<Il lavoro del terapeuta di comprendere la vita e la personalità di ciascun membro del nucleo familiare permette a ognuno di fare altrettanto, aprendo a una illuminazione commovente e maturativa i membri più giovani e sofferenti.>>
(Mara Selvini Palazzoli)