ARC. DEI PELLEGRINI E CONVALESCENTI DI Trinità

Composizione organigramma completo della Confraternita

Priore Pasquale Bagno

Primo assistente Giuseppe Russo

Secondo assistente Carmela Venanzio

Terzo assistente Gianfranco Russo

Quarto assistente Francesco Cuccaro

Tesoriere Alfonso Starace

Segratario Rosa Ascione

STORIA DEL SODALIZIO

La Venerabile Arciconfraternita della Santissima Trinità dei Pellegrini e Convalescenti è la più antica e per questo gode di diritti di precedenza nelle manifestazioni religiose. Seppure, ad oggi, non è certa la data di fondazione, si considera figlia primogenita della omonima Arciconfraternita di Roma, istituita da S. Filippo Neri nel 1548 in occasione del Giubileo e alla quale fu affiliata il 23 agosto del 1577. Nell’oratorio è conservato un documento firmato da Paolo V con cui si concedono agli iscritti numerose indulgenze.

Fin dalle sue origini, lo scopo del sodalizio era quello di fornire assistenza ai Pellegrini che presumibilmente approdavano al porto dello Scaricatore per poi proseguire i loro viaggi a piedi verso i luoghi santi, proprio per questo, furono costruite due stanze sopra la cappella. 

Agli iscritti e a tutti i Pellegrini che si fermavano a Trinità, veniva lasciato un “passo” ossia un documento paragonabile a un moderno passaporto che attestava la qualità di Pellegrino e invitava altresì chiunque a dare ospitalità a chi lo presentava. 

Altro scopo della confraternita era curare gli ammalati e si occupava di fornire assistenza (un lavoro, aiuto economico o anche una casa) ai convalescenti dimessi dagli ospedali e a quanti necessitavano di assistenza per reinserirsi nella società anticipando in ciò le moderne associazioni di mutuo assistenza. 

Tra le varie forme di assistenza della nostra Arciconfraternita vi era inoltre quella di assegnare una "dote" annualmente; a quei tempi la dote era spesso una condizione indispensabile e per tanto, la prima domenica dopo Pasqua, ovvero la domenica in Albis, veniva tirata a sorte fra le ragazze bisognose che avessero deciso di convolare a nozze nell'arco dell'anno. Era la cosiddetta " 'a festa 'de figliole”. Questa tradizione, si è perduta nei secoli. Dalla seconda metà degli anni ottanta e per poco più di un decennio, l'allora amministrazione ed il padre spirituale don Antonio d'Esposito, ripresero questa tradizione, dando ad essa un veste più consona ai tempi. 

Oltre ai suddetti scopi l’Arciconfraternita della Trinità aveva anche quelli della sepoltura (sotto l’oratorio sorgeva la cosiddetta Terra Santa, un vero e proprio cimitero per i confratelli), della preghiera comune e del suffragio per i confratelli defunti. 

La divisa è tutta rossa con bordo oro (unica in questo colore in tutta la Diocesi) ed è composta da saio, mantellina con lo stemma del sodalizio (cappuccio nella Settimana Santa) e guanti. 

Seppure risulta essere uno dei più antichi, il nostro sodalizio è stato uno dei primi a rendere possibile l’inserimento, la vestizione e l’elezione delle consorelle che possono così partecipare in modo attivo e fattivo alla vita sociale e amministrativa della Arciconfraternita.

La storia della Venerabile Arciconfraternita della Santissima Trinità dei Pellegrini e Convalescenti di Piano di Sorrento, è stata ed è oggetto di pubblicazioni, scritti e ricerche che hanno rappresentano oggi e domani un grande patrimonio da custodire per le generazioni presenti e future, per questo cogliamo l’occasione per ringraziare quanti a vario titolo ci hanno concesso di conoscere meglio il nostro passato, in particolar modo un grazie speciale all’indimenticabile e tanto amato don Vincenzo Simeoli e al carissimo prof Ciro Ferrigno.

 

DESCRIZIONE DELLA CHIESA DELL’ORATORIO

Annessa alla chiesa Parrocchiale di Trinità, c'è la Chiesa dell'Oratorio dell'Arciconfraternita della Santissima Trinità dei Pellegrini e dei Convalescenti posta sotto il patrocinio di Maria Santissima Annunziata. 

Qui troviamo sull'altare e sulla balaustra marmi policromi del 1738 provenienti dall'eremo Camaldoli di Arola, il bel quadro dell'Annunciazione del pittore Ippolito borghese sormontato da statue in stucco bianco raffiguranti l'Eterno Padre con, ai lati, le figure allegoriche della Fede e della Speranza (trittico tipico degli oratori fondati da San Filippo Neri) con la scritta “tutti adorino la Maestà della Trinità Eterna”, opera del 1760 di Pio Martinetti, inoltre due nicchie poste sulle pareti laterali contenenti due statue di cartapesta di manifattura napoletana del 1780, a sinistra San Giuseppe con Bambino e a destra San Filippo Neri con reliquia di argento. 

Di fronte al pulpito in radica di noce, sito sulla destra, trovasi una tela raffigurante San Gennaro che dall'alto benedice Napoli (scuola del Solimene XVII sec), sulle pareti laterali sopra il sedile del 1700 in legno di noce dei confratelli ci sono due grandi affreschi del Borboglia, il primo posto sulla destra è “Il sacrificio di Abramo” (La fede) e sul lato opposto “Il Pietoso ufficio di Tobia” che in terra d'esilio seppellisce i morti (Opera di Misericordia). Sulla parete all'entrata si trova la panca del governo sempre radica di noce del XVII secolo e poco più sopra la cantoria un organo a canne risalente al 1700. 

Sotto all'oratorio si trova la cosiddetta “Terra Santa” dove anticamente venivano seppelliti i confratelli e che oggi è un Piccolo Teatro.

(Don Vincenzo Simeoli)

il saio

(Autore  Michele Pollio)
I confratelli vestono con il saio di colore rosso, colore che indica l’effusione dello Spirito Santo e l’ardore della carità. La divisa prevede inoltre il cappuccio (o scapolare), i guanti in tinta e la mantellina rossa dai bordi dorati sormontata da uno stemma che raffigura S. Filippo Neri e il sodalizio presente anche sul gonfalone. 

Le processioni organizzate dall’Arciconfraternita hanno avuto negli anni alterne vicissitudini; inizialmente tutti i confratelli partecipavano a quella della sera del Giovedì Santo che prevedeva la visita ai sepolcri, con l’accompagnamento del canto del Miserere nella versione gregoriana a quattro voci eseguito da un coro maschile; ma questa tradizione, subì una brusca interruzione nel 1972. Intanto nel 1960, di comune accordo con l’amministrazione della Parrocchia, venne organizzata un’altra processione che si teneva il Venerdì Santo sera con la statua dell’Addolorata e il simulacro del Cristo Morto, accompagnata dal canto del “De Popoli” e del “Gesù Mio” eseguiti da un coro di voci femminili.

Verso la seconda metà degli anni 70 e fino all’anno 2009, ai tradizionali segni della Passione di Cristo, i cosiddetti «martìri» che venivano portati dai confratelli incappucciati, furono aggiunti un gruppo di persone con i costumi dell’epoca rappresentanti Giuda Iscariota e un drappello di soldati romani con centurione che “scortava” il simulacro del Cristo Morto e alcune Pie Donne al seguito della statua dell’Addolorata. Dal 1987 e fino al 2006 il simulacro del Cristo Morto fu sostituito dal Cristo Crocifisso, poiché la processione divenne parte integrante della funzione dell'adorazione della Santa Croce.

Nel 1985 l’Arciconfraternita ritenne di ripristinare la processione di visita ai Sepolcri spostandola dal Giovedì sera alle prime ore del Venerdì notte con l’aggiunta della statua dell’Addolorata ma successivamente, nel 1996 l’assemblea dei confratelli, su indicazione dell’amministrazione, volle ripristinare l’antica tradizione riportando la processione al Giovedì Santo.

Dal 1990 Il canto delle parole del Salmo 50 nell’emozionante versione "gregoriana" sono ritornate ad accompagnare le processioni, intonate dal coro del Miserere, formato da circa 100 cantori divisi in quattro voci, ricostituito grazie all'opera e all'impegno dell’allora priore Gaetano Pollio e del maestro Pino Russo.


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