Un pensiero su Gaza
Gaza 2023
Qualcosa su Gaza? Un volume, una pagina, una parola… le emozioni,quelle che emergono riannodando i fili della tua memoria permettendoti di percepire il profumo di quella terra meravigliosa, martoriata, mai doma.
Il mare, ribelle ad ogni impudicizia voluta e perciò romantico nel suo splendore, negato a chi spetta e che lo rispetterebbe, i pescatori vessati ed orgogliosamente consci del loro esistere.
E quel porto inconfondibile, ora sottratto alla sua funzione, cancellato da chi non ha memoria.
La spiaggia, tutto fuorché fine e bianca ma fonte di gioia per la moltitudine di bimbi (perché a Gaza ve ne erano tanti e troppi sono stati trucidati) felici di correre liberi in uno spazio limitato dall’odio dell’oppressore; i semplici “chalet”, capanni adibiti ad intrattenimento, dove le famiglie si illudevano di essere normali, di aver diritto di fruire della luce, dell’aria della libertà: ora sono state riportate alla realtà, quelle sopravvissute.
Cammina, cammina, ma anche a piedi sono poco più di 40 chilometri-una maratona- da nord a sud ed ecco i campi di fragole, le serre, il paziente operare di gente fiera ed ospitale, incredula della spicciola solidarietà di noi occidentale, perciò ancora più grata. Il gusto di quel succo, il fuoco che arde, le voci, i suoni, l’eco della preghiera del pomeriggio provenire dalla circostante, immancabile moschea, i sorrisi degli astanti: troppa grazia, cancellati.
Il centro della città di Gaza con palazzi, negozi, banche, mercati, alberghi tanto che potresti confonderlo con luoghi simili altrove; vi è chi finge di sorprendersi ritenendo l’intero territorio abitato da sub umani all’età della pietra; ecco siete stati accontentati, con la differenza che gli indigeni, legittimi residenti- da sfollati- su questa terra, mai se ne andranno e, comunque, ritorneranno per restarvi.
Tra una banca ed una gelateria uno spazio, addirittura simil verde, dove i piccoli possono divertirsi con macchinine, scivoli ed altalene ed i genitori chiacchierare su apposite panchine, a Gaza, ci crederesti? In questo luogo ho provato un’emozione indelebile nella mia memoria: al termine di una recita cantata dall’intera scuola dell’infanzia di cui eravamo stati ospiti, al “sciogliete le righe” i bimbi, sino allora disciplinatissimi, realizzarono la forma di empatia più consona alla loro età e più entusiasmante saltandoci letteralmente addosso: venni travolto dall’abbraccio, commuovendomi.
Quel luogo è stato divelto dall’insensibilità sub umana, quei ricordi, inutili orpelli in un’ottica di crudeltà, reciprocamente intensamente vissuti, restano eterni.
E poi la “marcia del ritorno” in quel nord pazientemente venuto su dalle macerie ed ora disintegrato assieme ad ogni essere movente, quell’iniziativa del venerdì così mistificata perché organizzata da terroristi, laddove quelli veri si celavano, vigliaccamente protetti da baluardi ed armature, dall’altra parte della barriera illegale, deliziandosi a fucilare persone disarmate, scelte a caso per il sol gusto di infierire, scommettendo su chi sarebbe risultato vittorioso nella gara della morte, di quelli a torso nudo.
I campi profughi, ben dodici disseminati in tutta la striscia, non capanne (almeno prima) bensì manufatti per la maggior parte in pietra, uno sull’altro dove il passaggio è angusto e la luce assente, quella del sole in quanto corrente elettrica ed acqua rappresentano benefit intermittenti e ciononostante gli abitanti si organizzano e cercano nella solidarietà il loro conforto, tutti consapevoli che in quella condizione sono costretti da un responsabile: l’Occupazione. Qui intere famiglie, quella stesse in grado di accoglierti e di offrirti zuccherose bevande, the e dolci tradizionali, privandosene, uomini segnati nel fisico ma pronti a tutto, donne piegate dalla fatica e prodighe di cura verso chi necessita, anziani saggi ed ognuno meritevole di una storia a parte, bambini cui viene negato il diritto ad esserlo, eppure smaniosi di una foto, di un cenno di considerazione, di un sorriso che ricambiano con i loro occhi luminosi che una volta impressi nella tua mente, ti accompagneranno per sempre, questa umanità autentica, colpevole di esistere e resistere per coloro i quali intendono disperderla, cancellarla non essendo mai esistita una realtà palestinese, sono arabi abusivi sulla terra eletta, queste persone di carne(poca) ed ossa, sono ridotte in cenere dai discendenti-infami- di chi fu vittima ridotta in cenere.
Sarà sufficiente che almeno uno sopravviva: si comincia daccapo e la Palestina sarà libera dal fiume al mare.
Enzo