«Non c'è alcun dubbio che Sirhan sia stato vittima del programma MkUltra. Riconosco tutti gli elementi propri dell’operazione. Come faccio a saperlo? Perché io ero uno di quelli che “programmava” le persone». Lo psicologo canadese Donald Olding Hebb, uno dei due motori di MkUltra insieme allo psichiatra canadese Cameron, prima di morire nel 1985 scrisse una lunga lettera-confessione, nella quale si pentiva dei suoi trascorsi all'ufficio guerra psicologica della Cia. Lui che era stato uno dei primi scienziati ad approfondire il legame tra il sistema nervoso e il comportamento, lui che era considerato il padre della neuropsicologia e del connessionismo e che aveva dato il nome a uno dei fondamentali algoritmi di apprendimento nel campo delle reti neurali: l'apprendimento hebbiano. Insomma, dopo la deflagrazione dello scandalo in Senato aveva deciso di mollare la nave.
«Ciò che ho fatto non ha giustificazioni. Ciò che ha fatto e continua a fare la Cia non ha giustificazioni. Sono un mostro. Sono dei mostri. Ho, abbiamo trasformato degli uomini in robot, li abbiamo trasformati in mostri loro malgrado. In tutte questo Richard Helms ha avuto un ruolo chiave. Lui coordinava tutto, ci spingeva a fare di più, a non fermarci davanti a nulla e a nessuno. Poi, a un certo punto, ha capito che bisognava inabissare tutto il programma e allora ha fatto finta di chiudere la baracca e con questa scusa ha fatto distruggere gran parte della documentazione, nascondendo così le sue responsabilità e con esse le responsabilità del governo degli Stati Uniti», proseguiva la lettera.
In seguito al controllo attento di tutte le immagini girate all'hotel Ambassador, il documentarista irlandese Shane O’Sullivan riuscì a identificare con certezza almeno cinque agenti della Cia presenti quella sera sulla scena del delitto, tutti appartenenti al famigerato ufficio guerra psicologica della Cia.
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Non ricordo nulla». «In che senso non ricorda nulla?». «Mi hanno detto che ho ucciso il senatore Kennedy, ma io non ricordo nulla...».
19 marzo 1944. Il giorno precedente era eruttato il Vesuvio. Non accadeva da trentotto anni. Cento chilometri più a nord da trentatré giorni infuriava la battaglia per la conquista della meravigliosa abbazia che Benedetto da Norcia fece edificare nel 529 sul Monte Cassino. Da una parte gli anglo-americani supportati dal Secondo Corpo polacco e dal Corpo di spedizione francese in Italia, dall’altra la quarantaquattresima divisione della Wermacht.
Si può leggere sul diario del tenente Karl Newedel, del quattordicesimo reggimento corazzato neozelandese: «La nostra unità era specializzata negli attacchi contro i carri armati e contro le postazioni fisse. A Cassino prendemmo posizione ai piedi di quota 593, detta “il Calvario”, in piena vista di Masseria Albaneta e del sentiero per Villa Santa Lucia, da dove arrivavano i nostri rifornimenti. Di lì non sarebbe passato più nessuno».
Mentre nel basso Lazio era in corso uno dei massacri più ricordati della seconda guerra mondiale, duemilaottocento chilometri più a sud-est nasceva nel quartiere Musrara di Gerusalemme da una famiglia araba-cristiana Sirhan Sirhan.
Quattro anni dopo in Palestina scoppiò la guerra. All’annuncio della nascita dello Stato di Israele i Paesi arabi confinanti si scagliarono contro il neonato Paese. Un inferno che rimase negli occhi, nelle orecchie e nella mente di Sirhan. Il fratello maggiore morì, investito da un veicolo militare che stava sterzando per evitare il fuoco. La casa della famiglia Sirhan fu bombardata e tutti loro dovettero scappare in Giordania, relegati in un campo profughi.
Quando Sirhan aveva dodici anni, la sua famiglia emigrò negli Stati Uniti, trasferendosi brevemente a New York e poi in California.
Munir Sirhan, l’altro fratello: «Siamo arrivati negli Usa grazie all'aiuto della comunità cristiana, la Chiesa del Nazareno. Eravamo una felice famiglia cristiana. Nostra madre lavorava nella chiesa presbiteriana, insegnando ai bambini. Un fratello era un intrattenitore, ballava, cantava».
La sua nuova vita stava iniziando. Una vita mai realmente accettata dal giovane palestinese.
Frequentò il liceo nel quartiere di Altadena (a Los Angeles), per poi trasferirsi a Pasadena, qualche chilometro più a sud, per studiare al college.
Avrebbe rimesso piede solo una volta in Medio Oriente. Da solo, per di più.
Sirhan era un adolescente timido. Lasciò il college dopo la morte della sorella, andando a lavorare in una stazione di benzina.
Munir: «Gli piaceva giocare a biliardo, la musica e leggere. Leggeva tanto. Gli interessavano le lingue. Girava per casa declamando frasi in spagnolo, francese e russo. Gli sarebbe piaciuto diventare un interprete delle Nazioni Unite».
La sua scarsa statura (uno e sessantacinque) e il suo peso di appena cinquantaquattro chilogrammi lo indirizzarono verso la carriera di fantino. Carriera che non sarebbe durata molto, però. Durante una gara, cadendo da cavallo sbatté la testa e perse il lavoro.
Munir: «Dopo la caduta e la botta in testa conseguente, non era più lo stesso»
Sirhan non è mai diventato cittadino statunitense, conservando invece la cittadinanza giordana.
Un'identità complessa, la sua. Palestinese, giordano, statunitense, cristiano, battista, poi avventista del settimo giorno e, infine, all'età di ventidue anni, membro dell’organizzazione esoterica Antico ordine mistico della Rosa Croce.
Munir: «Dopo la caduta è iniziato l'interesse di Sirhan per il misticismo. Divenne membro dell'Ordine mistico dei Rosacroce». Tessera numero 8-413-477.
Sirhan aveva anche una particolarità che lo rendeva speciale: era facilmente suggestionabile all’ipnosi.
MK-ULTRA
Denominato inizialmente “Project Bluebird” (progetto uccello azzurro) e, successivamente, “Project Artichoke” (progetto carciofo), fu una delle operazioni segrete portate avanti dalla Cia e dal Pentagono. Operazione frutto della mente del fondatore e direttore della Central Intelligence Service Allen Dulles, grande estimatore del Terzo Reich, nonché amico dei suoi vertici e ammiratore dei suoi metodi. «Sono veramente dispiaciuto dal non poter contare su abbastanza porcellini d'India (termine che Dulles utilizzava per intendere le cavie umane, nda) per sperimentare queste straordinarie tecniche. Quante belle cose la Germania ci ha lasciato», dichiarò una volta il capo delle spie statunitensi, come avrebbe raccontato in seguito Robert Kennedy.
Così innamorato della Germania hitleriana che alla fine Dulles decise di chiamare il progetto “MkUltra”, dal tedesco “Mind Kontrolle Ultra”.
Si trattava di un'operazione che raggruppava sotto un unico programma i vari progetti di interrogatorio e controllo mentale federali, usufruendo di un numero molto elevato di risorse (denaro e scienziati) su tutto il territorio statunitense e canadese.
Secondo chi l'aveva ideato, le sue scoperte avrebbero dovuto portare numerosi vantaggi, come ad esempio la creazione di assassini inconsapevoli o il controllo di leader stranieri scomodi.
Il governo stanziò venticinque milioni di dollari, e furono coinvolte almeno ottanta diverse istituzioni, tra cui quarantaquattro college e università, dodici ospedali, tre prigioni e centottantacinque ricercatori privati. Molte ricerche venivano pubblicate in giornali medici ufficiali e il clima era essenzialmente permissivo. Le sperimentazioni in ambito controllo mentale erano non solo approvate, ma incoraggiate.
Anche se non tutti erano favorevoli. C'era chi guardava con preoccupazione alla cosa. Nel 1957 un rapporto della Cia rivelò: «Devono essere prese precauzioni non solo nell’evitare che le forze nemiche vengano a conoscenza delle operazioni, ma anche nel celare le attività al pubblico statunitense in generale. Sapere che l'Agenzia è coinvolta in attività non etiche e illecite avrebbe serie ripercussioni negli ambienti politici e diplomatici».
Il progetto mirava a costruire una sorta di “teoria dell'interrogatorio” che si concretizzò nel 1963 con il manuale “Kubark Counterintelligence Interrogation”, compendio delle scoperte di ricercatori che avevano partecipato al progetto, come Donald Hebb e Donald Ewen Cameron (in seguito, molte delle tecniche descritte nel manuale sarebbero state usate in prigioni militari e della Cia, come Guantanamo Bay e Abu Ghraib, come si sarebbe evinto dai rapporti finali dalle commissioni investigative sulle tecniche di interrogatorio potenziato).
Come potevano essere estratte le informazioni da un individuo? E come, invece, potevano essere cancellate? Quali sostanze potevano permettere a un prigioniero di resistere alla tortura? Come si poteva controllare mentalmente un essere umano? Era a questo tipo di domande che MkUltra, sotto la guida del chimico Sidney Gottlieb, del Technical Service Staff della Cia, avrebbe dovuto trovare una risposta.
Gli esperimenti sugli esseri umani erano spesso praticati all'insaputa dei soggetti scelti e avevano lo scopo di sviluppare
tecniche da utilizzare durante gli interrogatori e le torture operate dalle forze armate o dai servizi segreti, possibilmente con farmaci, indebolendo l'individuo e forzando confessioni attraverso il controllo mentale. Tali esperimenti prevedevano l’uso di ipnosi, onde sonore (sottoprogetto 54) ed elettromagnetiche (sottoprogetto 119), sieri della verità, messaggi subliminali, pressione sonora, sostanze psicotrope (soprattutto Lsd) e numerosi altri metodi per manipolare gli stati mentali delle persone scelte e alterare le funzioni cerebrali, comprese pratiche di deprivazione sensoriale, isolamento, elettroshock, lobotomia, abusi verbali e sessuali, minacce, aborti forzati, così come varie forme di traumi e torture.
Le cavie erano persone comuni, dipendenti della Cia, personale militare, agenti governativi, prostitute, pazienti con disturbi mentali, detenuti, senzatetto e tossicodipendenti, di nazionalità statunitense, canadese o ispanica. A San Francisco la Cia per anni si servì di prostitute per drogare segretamente i loro clienti.
Gli agenti osservavano gli effetti di Lsd e altre sostanze attraverso uno specchio a due vie installato nelle case sicure teatro dell'operazione clandestina, diventata nota come Operazione Midnight Climax. I tecnici di MkuUltra somministrarono Lsd anche a ignari avventori di bar, ristoranti e spiagge: bastava offrire un drink o una sigaretta. Peccato che poi questi tecnici a volte, quando non adeguatamente addestrati, finivano per perdere le tracce del loro soggetto sperimentale tra la folla...
Ma per gli ampi obiettivi di MkUltra, la Cia non poteva fare affidamento solo sulle sue teste d'uovo: aveva bisogno di scienziati degni di questo nome. Così, attraverso fondazioni create ad hoc come la Society for the Investigation of Human Ecology, l'agenzia cominciò segretamente a finanziare università, ospedali e case farmaceutiche. Le ricerche di centinaia di scienziati, ignari della provenienza dei finanziamenti, erano in questo modo portate avanti e seguite dalla Cia, nella speranza che fosse possibile sfruttarle nello spionaggio.
Fu grazie ai fondi della Cia, per esempio, che lo psichiatra canadese Donald Ewen Cameron fino al 1967 studiò la possibilità di resettare la personalità di un individuo attraverso droghe, messaggi ripetuti e quotidiani elettroshock. Lo scienziato non aveva bisogno di lezioni dalle spie in merito alle sperimentazioni inumane. E queste ultime, in ogni caso, non produssero alcun risultato, eccetto i danni permanenti in alcuni inconsapevoli pazienti.
Gli esperimenti avvenivano a Montreal, nella clinica Allen Memorial del dottor Cameron, uno dei più noti e rispettati psichiatri canadesi. Un edificio stile bavarese, con tetto a spiovente, e ampi sotterranei.
Normali pazienti, afflitti da turbe psichiche più o meno gravi entravano e uscivano regolarmente per essere curati dal dottor Cameron. Qualcuno di loro, però, invece di essere curato secondo le normali procedure veniva letteralmente sequestrato dallo staff medico, che lo faceva scomparire per lunghe settimane e lo sottoponeva a una lunga serie di esperimenti segreti intesi a renderlo un automa.
Linda McDonald era una di queste persone: «Eravamo circa un'ottantina. Abbiamo scoperto che eravamo tutta gente normalissima. Potevi essere tu. Potevo essere io. Ero io, di fatto. Poteva capitare a chiunque fosse entrato all’Allen Memorial nel giorno sbagliato, nel momento sbagliato, quando il dottor Cameron aveva bisogno di un altro schizofrenico per i suoi importanti esperimenti di sopra».
Il dottor Colin Cross, autore di “Mind Control”: «Inizialmente, Linda McDonald era una persona letteralmente normale. Madre di molti bambini e leggermente stressata e depressa. Si era presentata alla clinica per un trattamento psichiatrico di routine».
Linda: «Dopo tre settimane sono stata mandata di sopra, nel “reparto del sonno”, e cinque mesi dopo ne sono uscita ridotta come un vegetale».
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Cross: «Una volta entrato nella “stanza del sonno la capacità di un individuo di ricordare o descrivere che cosa gli fosse successo diventano minime. Per cui, i racconti che abbiamo provengono dalle infermiere o da altro personale che lavorava in quel posto. E le descrizioni erano, tanto per citarne una, “come I'Inferno di Dante”».
Linda: «Ho ricevuto un totale di centonove trattamenti di elettroshock. In meno di cinque settimane ho passato ottantasei giorni consecutivi in stato di coma, durante i quali ero assolutamente incosciente. Lo scopo era quello di cancellare la mia memoria, di prendersi la mia vita e di svuotarla completamente, in modo che non avessi più un solo ricordo. Quando sono uscita dai trattamenti, e hanno stabilito che la mia memoria fosse stata cancellata a sufficienza, non sapevo nemmeno più chi fossi. Ero come una bambina. Hanno dovuto insegnarmi ad andare ai gabinetto. Hanno dovuto insegnarmi a camminare, a parlare e a mangiare da sola».
Cross: «Linda non ha nessun ricordo della sua vita prima dei venticinque anni. E non ci vuole molto a capire perché la Cia e altri gruppi d’intelligence fossero interessati a questo tipo di ricerca».
Martin Lee, autore di “Acid Dreams”: «Se Cameron era riuscito a fare ciò che ha fatto con un normale paziente psichiatrico, certamente la Cia avrebbe potuto usare lo stesso metodo per “deprogrammare” qualcuno e poi “ricomporlo”, dopo avergli fatto il lavaggio del cervello».
Solo dopo lunghi anni di sofferenza, durante i quali perse anche l’affidamento legale dei figli, Linda McDonald scoprì la verità.
Linda: «Un giorno vedo sui giornale questi titoli enormi: “Dottore Cameron”, “Cia”, “Esperimenti di lavaggio del Cervello”. Per un attimo mi è mancato il respiro. Ero rimasta di sasso. Sapevo che il dottor Cameron era stato il mio dottore. Sapevo di essere stata alla clinica Alien Memorial. Ma fino a quel momento avevo creduto, perché così mi avevano detto, che il dottore “mi aveva aggiustato”, che mi aveva fatto cose meravigliose e che ero stata fortunata a essere stata curata da fui.
A quel punto non ho potuto fare a meno di leggere l'articolo e man mano che Io leggevo sentivo l'orrore crescere dentro di me».
L'esistenza da MkUltra divenne di dominio pubblico nel 1975 grazie al Lavoro della Commissione Church del Senato sulle operazioni illegali condotte da Cia, Nsa e Fbi negli Stati Uniti, ma due anni prima (in seguito allo scandalo Watergate) il direttore della Cia Richard Helms aveva ordinato la distruzione dei documenti relativi all'operazione. Tutto quello che si sarebbe saputo sul programma deriva dai pochi testimoni, dalle vittime e dai documenti sopravvissuti e ottenuti grazie al Freedom of information Act
L'ASSASSINIO
Martedì 4 giugno 1968. California. Era il giorno delle primarie democratiche. Se Robert Kennedy, fratello dell’assassinato Presidente John Fitzgerald cinque anni prima, le avesse vinte si sarebbe aggiudicato la candidatura democratica per le presidenziali contro il candidato repubblicano Richard Nixon.
Quattro anni prima Kennedy aveva ricevuto diciassette minuti di ovazione alla convention democratica. Anche per questo, l'allora candidato alia presidenza Lindon Johnson lo mise ai margini del partito. Aveva atteso e quattro anni dopo si era rifatto sotto.
Nel 1968 gli Stati Uniti d'America erano logorati da una guerra tanto costosa quanto ingiustificata, che durava ormai da troppi anni. Troppe vite di giovani statunitensi erano state spezzate per far sì che il conflitto meritasse ancora di essere combattuto.
La guerra del Vietnam era stata voluta dai falchi repubblicani con l’aperta complicità del Presidente democratico Lindon Johnson.
Partito svantaggiato, Robert Kennedy si era conquistato la nomination del partito grazie alla sua posizione chiaramente favorevole al ritiro immediato delle truppe. Posizione che prevalse rispetto a quella molto più ambigua del favorito e concorrente Hubert Humphrey.
Kennedy aveva portato il suo discorso politico direttamente alle masse dei poveri, delle minoranze segregate e dei dimenticati di tutto il Paese, con una piattaforma decisamente liberal. Egli si mise a combattere lancia in resta contro la mafia o le multinazionali dell'acciaio.
Quelli erano tempi di idealismo, di ideologie e di ridefinizione dei valori.
I risultati giunsero in prima serata: Kennedy 46 per cento, McCarthy 42%.
Era giunta l'ora di fare il discorso della vittoria. Salì su un palco allestito in una delle sale da ballo dell'hotel Ambassador di Los Angeles (la sede del suo comitato elettorale californiano) e parlò: «È chiaro che possiamo lavorare insieme e quello che è accaduto negli Stati Uniti negli ultimi tre anni, le divisioni, la violenza, il disincanto della nostra società, le divisioni tra neri e bianchi, tra poveri e benestanti, tra generazioni diverse e a causa della guerra in Vietnam. Possiamo iniziare a lavorare insieme. Siamo un grande Paese, un Paese autosufficiente e un Paese compassionevole. E io intendo dare l’anima nei prossimi mesi di campagna. Il sindaco Yorty mi ha appena inviato un messaggio, dicendo che siamo stati qui troppo a lungo. Grazie a tutti voi. E adesso sotto con Chicago per vincere anche lì».
Terminato il discorso invitò tutti i suoi sostenitori a seguirlo. Era passata la mezzanotte da dieci minuti.
«Dopo aver terminato il discorso il senatore sarebbe dovuto andare al piano di sotto. Ho sentito Eddie Minasian dire: “Andiamo alla Colonial Room per la conferenza stampa”. Così, invece di andare verso le scale, si è girato verso il retro del palco», dichiarò successivamente alla polizia Vincent Di Pierro, cameriere dell'hotel.
Frank Burns, assistente di Kennedy: «Il piano prevedeva che lui dovesse scendere dal podio dal lato opposto e scendere verso l’altra sala da ballo, quella del piano inferiore, per parlare alla folla. Ma improvvisamente Bobby mi si avvicinò, dirigendosi verso la porta sul retro. Non capivo che cosa stesse accadendo. Così, decisi di raggiungerlo e chiedergli che cosa stesse succedendo».
Quando una voce disse, «Senatore, da questa parte», Kennedy si girò e seguì il maître Karl Uecker, depistando la sua squadra di sicurezza. Lasciarono il palco dalla porta di dietro, entrando in un corridoio per finire nella cucina, stipata da settantasette persone. Kennedy iniziò a stringere mani.
Di Pierro: «Il posto era così affollato e stipato. Faceva caldo. Ho deciso di scendere dal palco e ho iniziato a camminare attraverso le porte. A un certo punto è apparso da dietro una porta basculante. Si è fermato e ha stretto la mano a due ragazzi della cucina, che si trovavano appoggiati al muro. Mi ricordo di aver detto: “Quest'uomo diventerà presidente”. Quando si è girato per muoversi di nuovo l’ho seguito. Improvvisamente flash e botti. Ho iniziato a scuotermi violentemente. Ricordo solo che sono uscito».
Intanto, nella cucina i lavoratori urlavano. «Viva Kennedy!», «Kennedy for president!».
Paul Schrade, un funzionario del sindacato United Automobile Workers, che si trovava a pochi passi dal candidato democratico: «Appena ha terminato di stringere mani mi sono reso conto che si sarebbe girato e che avrei potuto dirgli: “Sta andando dalla parte sbagliata”. Ma in quel momento ci fu una scarica di colpi improvvisa. Inizialmente ho creduto fossero petardi. Ho pensato a qualche idiota. Ho guardato avanti, da dove provenivano quei suoni e tra la folla accalcata, sul tavolo di ferro, c'era questa mano con una pistola».
«Dopo il primo sparo Kennedy si è portato le mani alla testa, coprendosi le orecchie, iniziando a girarsi verso destra. Il secondo colpo lo ha abbattuto ed è iniziato a cadere. Il terzo proiettile è quello che mi ha colpito. Quanti proiettili? Non ricordo. Mi ha colpito alla spalla destra e sono caduto sul pavimento. Mi sono ritrovato Kennedy sulle mie gambe, Paul sotto il mio braccio destro e Golstein sulla mia spalla destra. Mi sono ritrovato sotto una pila di persone e ho iniziato a urlare. Ero isterico. Karl continuava a sbattere la mano contro il tavolo di ferro, anche dopo che la pistola si era scaricata. Continuava a sbattere la mano contro il tavolo e si sentiva distintamente la pistola ancora fare clic, come se qualcuno stesse ancora sparando, questa volta senza pallottole. Lo ricordo distintamente», ha dichiarato William Weisel, manager di un’unità televisiva della Abc.
Robert Kennedy era stato colpito ripetutamente con un revolver calibro ventidue mentre salutava il personale della cucina dell'hotel Ambassador. Aveva appena vinto le primarie democratiche. Tutti davano già per scontato che avrebbe battuto Nixon a mani basse nella corsa alla Casa Bianca. Probabilmente sarebbe stato il Presidente statunitense più rivoluzionario della Storia. Una sorta di anomalia. Anche per questo motivo in tanti non lo amavano nelle stanze del potere di Washington. Il Pentagono non lo amava. La Cia non lo amava. Chi traeva vantaggio dalla guerra in Vietnam non lo amava. La grande finanza non lo amava. Chi credeva nel governo delle élite non lo amava.
Fu trasportato immediatamente in un primo ospedale, dove viene sottoposto a un primo intervento chirurgico. E poi in un secondo, più attrezzato, il Good Samaritan, subendo una seconda operazione al cervello.
La folla in attesa in piedi, accalcata, davanti all'ospedale. Perché Robert Kennedy era amato, molto amato. Forse è stato il politico statunitense più amato della Storia.
«È stata effettuata un'operazione al cervello di quaranta minuti per estrarre il proiettile dal cervello insieme ai frammenti ossei che ha provocato. Rimane ancora in condizioni assolutamente critiche», si lesse in un primo comunicato.
Poi, un medico uscì e parlò alla folla: «Il senatore Robert Francis Kennedy è morto all'una e quarantaquattro del mattino. Oggi. 6 giugno 1968. Aveva quarantadue anni». Morì senza aver più ripreso conoscenza, ventisei ore dopo l'attentato.
Era morto il probabile futuro Presidente degli Stati Uniti. Era morto l’uomo che parlava ai bianchi e ai neri di giustizia, di saggezza e di bellezza. Era morto l’uomo che accarezzava i poveri e che si schierava contro ia guerra in Vietnam. Il 6 giugno 1968 Robert Kennedy viene assassinato all’hotel Ambassador. Ma da chi?
La risposta era semplice e sotto gli occhi di tutti. Un uomo si era parato davanti a Kennedy, aveva alzato il braccio e scaricato l’intero caricatore contro il politico democratico. Intorno a loro almeno ottanta testimoni.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che le cose fossero state molto più complicate di così. Anzi, che l'assassino non fosse per nulla l’uomo che sparò.
«Il giorno dell'assassinio mi sono svegliato come al solito. Mia madre era già uscita. Mia sorella Adelle stava ancora dormendo. Sono andato al lavoro come al solito, incontrando i miei colleghi in una caffetteria. Ho guardato la tv e diceva che avevano sparato a Bobby Kennedy. Improvvisamente ho visto la foto di Sirhan. Sono corso a casa. Ero scioccato. Ero scioccato. Ero devastato. Quando andammo a trovarlo per la prima volta in prigione nostra madre gli chiese: “Cos'è successo?”. Rispose: “Mamma, non ricordo. Non so che cosa è successo”», dichiarò in seguito Munir Sirhan. «Sirhan non era nemmeno in grado di uccidere una mosca. Figurarsi un essere umano».
Eppure, il giorno dell'assassinio Sirhan comprò due scatole di pallottole calibro ventidue da Lock Stock and Barrell per tre dollari e novantanove e fece pratica al poligono di tiro di San Gabriel Valley per sei ore. E, nonostante fosse astemio, quella sera, prima dell'assassinio, bevve quattro cocktail Tom Collins.
L'uomo di fronte a Kennedy con la pistola in mano che urlò «Robert Kennedy deve morire! Robert Kenendy deve morire!», come se si trattasse di un proclama e il politico non fosse di fronte a lui, e che poi scaricò l’intero caricatore prima di fermarsi era lui, era proprio Sirhan Sirhan.
Karl Uecker era il maître dell’Ambassador. Alla fine del discorso di Kennedy fu lui a prendere il senatore per il polso per guidarlo fuori dalla sala per passare attraverso le cucine dell'hotel.
Uecker si trovava davanti a Kennedy, un po' sulla destra.
Quando Sirhan aveva iniziato a sparare, Uecker aveva perso la presa di Kennedy e si era lanciato sul palestinese, spingendolo contro il tavolo metallico mentre gli teneva bloccato il polso della mano che reggeva Ia pistola. A quel punto altri due erano intervenuti per togliergli la pistola dalla mano. Kennedy, che si trovava alle spalle di queste persone, nel frattempo era crollato a terra, e non poteva essere più raggiunto da nessun proiettile, nonostante la pistola continuasse a sparare.
«L'ho spinto giù contro il tavolo metallico. A questo punto Sirhan comincia a spingere verso sinistra e ha cominciato a sparare velocemente i colpi finali. Lo tenevo e picchiavo la pistola contro il tavolo», raccontò successivamente Uecker. «Il proiettile che ha ucciso Kennedy era a tre centimetri di distanza dalla testa. Quel proiettile non è partito da Sirhan. Non è partito da Sirhan. Perché non gli è mai arrivato così vicino».
Intervistato dalla Abc, il maître rispose così alla domanda: «Sarebbe stato possibile per Sirhan arrivare dietro a lei e dietro il senatore Kennedy, e sparargli da dietro?». «No. Era assolutamente impossibile, perché Sirhan era davanti a me e non aveva modo di passarmi di dietro. E non aveva modo di arrivare dietro di me, per sparare da dietro. Lo avevo proprio davanti, e non gli ho permesso di superarmi. Avevo il mio piede sinistro contro il suo ginocchio e lo spingevo contro».
Il giornalista: «Quindi, Sirhan sparava alla cieca, dopo il secondo colpo?».
«Sì, assolutamente. Sparava alla cieca. Sentivo la sua mano che continuava a premere il grilletto e la mano si muoveva. Ma lui non vedeva dove sparava, perché lo avevo completamente coperto con il mio corpo».
Parole confermate da molti altri testimoni.
Come, ad esempio, quella del fotoreporter Evan Freed, che si trovava a circa due metri da Kennedy: «Sirhan Sirhan si trovava di fronte a me. Il senatore alla mia sinistra. Il senatore fece due passi avanti quando cominciarono gli spari, come se stessimo camminando uno verso l’altro. Ho realizzato che cosa stava accadendo dopo il secondo sparo. In quel momento ho guardato davanti e ho visto Sirhan sparare. Era preso solo da se stesso, come se fosse in trance. In piedi di fronte al senatore, con tanta gente che stava convergendo su di lui. Ma in quel momento era libero di sparare con la sua pistola. Mentre sparava non si muoveva. Stava fermo, in piedi, con il braccio steso in avanti e la pistola puntata orizzontalmente, mentre sparava. Ho calcolato che la distanza dal senatore in quel momento era di un metro e mezzo. Ho seri dubbi che Sirhan Sirhan possa aver sparato il colpo fatale».
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John Burns era il direttore dell'archivio nazionale della California. Prima che venissero distrutte dalla polizia ebbe accesso a tutte le prove sul caso. Intervistato dalla Cbs dichiarò: «Ci debbono essere state due pistole».
Burns non sarebbe mai stato interrogato dalla polizia.
Come non fu ascoltato il medico legale (primo e ultimo caso della storia giudiziaria mondiale). Peraltro, Thomas Noguchi all’epoca era considerato un vero luminare del campo. Noguchi aveva dichiarato nel suo rapporto (ignorato dalla polizia): «La traiettoria dei tre colpi che hanno colpito Bobby è partita da dietro, dal basso verso l'alto, da destra verso sinistra. La pallottola che ha perforato la nuca, è stata sparata a due, tre centimetri di distanza, a bruciapelo. Ci sono anche i segni di bruciatura. Sirhan si trovava troppo lontano e di fronte per averlo potuto colpire in quel modo».
Insomma, qualsiasi investigatore di medio livello avrebbe raggiunto le stesse e ovvie conclusioni: Sirhan non era l’assassino di Kennedy. Eppure, egli fu processato e condannato prima alla pena di morte e poi all'ergastolo. Senza appello.
E, allora, perché Sirhan ha agito in quel modo? Se fosse stata una persona così pacifica come sostiene la sua famiglia (e i suoi vicini di casa) come mai aveva una pistola, perché andava al poligono ad allenarsi e, soprattutto, perché ha sparato a Kennedy?
LA RAGAZZA COL VESTITO A POIS
«Gli ho chiesto: “Figlio mio, perché l'hai fatto?”. Con le lacrime che gli scendevano, lui mi ha detto: “Mamma, mi dispiace, ma io non ricordo nulla. Mi hanno detto che ho ucciso il senatore Robert Kennedy», raccontò la mamma di Sirhan.
«Dopo quindici anni ad analizzare tutte le prove esistenti e a intervistare esperti e testimoni, l’unica conclusione logica a questo caso, a mio parere, è che Sirhan Sirhan fosse un assassino programmato. Programmato per essere presente all’assassinio Kennedy e poi programmato per non ricordare». Herbert Spiegel è stato uno dei più prestigiosi psichiatri statunitensi, nonché inventore del metodo per misurare il grado di ipnotizzabilità di un paziente: «La totale e completa amnesia mostrata da Sirhan, mostrata dal primo giorno fino a oggi, suggerisce che fosse facilmente ipnotizzabile e che fosse stato programmato per compiere quel gesto».
Il capo investigatore del collegio difensivo di Sirhan era l’ex poliziotto della polizia di Los Angeles Michael McCowan. Il suo vice era Bob Kaiser. Come psichiatra perito di parte, la difesa scelse il dottor Bernhard Diamond. Questi utilizzò l'ipnosi per far tornare a Sirhan la memoria.
Il dottor James Bryan è stato primo medico negli Usa a specializzarsi sull’ipnotismo: «Sirhan potrebbe aver agito sotto l’effetto della suggestione ipnotica».
Kaiser: «Abbiamo scoperto che Sirhan era facilmente suggestionabile dall’ipnosi. Un giorno Diamond disse a Sirhan, mentre era sotto ipnosi: “Quando mi soffio il naso devi appenderti alle sbarre della cella e iniziare a urlare come una scimmia”. Poi lo svegliò e iniziò a parlargli normalmente. A un certo punto si soffiò il naso e Sirhan improvvisamente si appese alle sbarre e iniziò a urlare come una scimmia. Il dottore a quel punto chiese a Sirhan: “Che cosa stai facendo?”. “Nulla. Perché, sto facendo qualcosa di strano?”. Non si era reso conto di nulla».
«Il dottor Diamond ha provato a ipnotizzare Sirhan e ha scoperto che la cosa era molto facile. Ha semplicemente tenuto una moneta di fronte al suo volto e Sirhan è immediatamente caduto in trance, indicando al dottor Diamond che Sirhan fosse un soggetto eccellente, che era già stato ipnotizzato in precedenza ed era abituato all’ipnosi», ha dichiarato Lawrence Teeter, avvocato di Sirhan.
È vero che è stato ritrovato un quaderno a casa di Sirhan Sirhan con pagine interamente scritte da frasi come «RFK must die», e lo stesso palestinese ha confermato che si tratta della sua calligrafia, ma ha sempre affermato di non ricordare nulla di quanto accaduto.
«È stato chiesto a Sirhan, sotto ipnosi: “Dicci qualcosa di Robert Kennedy”. E lui ha reagito mettendosi a scrivere frasi come “Rfk deve morire. Rfk deve morire. Rfk deve morire” », ha spiegato in proposito Teeter.
Diamond: «Sirhan ha scritto il suo diario durante una trance ipnotica».
Lo psichiatra Herbert Spiegel ha insegnato alla Columbia University per oltre quarant'anni: «Abbiamo inventato un test sull’ipnotizzabilità. Con una scala da zero a cinque. Il quindici, venti per cento della popolazione sono zero, percentuale che include i malati di mente, come gli schizofrenici, i depressi cronici e alcune personalità psicopatiche od ossessivi compulsivi. Tutti loro non sono ipnotizzabili. Non ne hanno le capacità biologiche. Circa il cinque, dieci per cento della popolazione sono facilmente ipnotizzabili. Il resto delle persone si trovano nel mezzo».
Spiegel studiò Sirhan fin dagli anni Settanta. E sulla base del rapporto di Diamond sostiene che egli sia stato programmato: «È una persona facilmente ipnotizzabile. Chi l’ha programmato ha fatto leva sulla guerra arabo-israeliana per far montare la sua rabbia contro il bersaglio».
Subito dopo il discorso pronunciato da Kennedy, un’assistente del suo team elettorale, Sandra Serrano, era uscita a prendere un po’ d’aria sulle scale antincendio dell'albergo. A un certo punto aveva visto uscire di corsa un ragazzo accompagnato da una ragazza con un vestito a pois uscire dalla porta antincendio e subito dopo precipitarsi giù dalle scale.
Serrano: «Ero lì che riflettevo. Pensavo a quanta gente c’era, a com'era tutto bello, quando questa ragazza è arrivata di corsa,
giù dalle scale, sul retro. Scendendo di corsa le scale ha detto: “Gli abbiamo sparato! Gli abbiamo sparato!”. E io ho chiesto: “A chi avete sparato?”. E lei dice: “Abbiamo sparato al senatore Kennedy!”. Portava un vestito bianco a pois. Aveva la pelle chiara e i capelli scuri».
Lo stesso scambio di frasi era stato udito da una coppia di passaggio, i signori Bernstein, che avrebbero poi raccontato il fatto al detective Sharaga, che stava raccogliendo le prime informazioni dopo l'omicidio.
Sharaga: «Ho chiesto cosa fosse successo. La donna ha raccontato che lei e suo marito erano fuori dalla Embassy Room, quando una coppia di giovani sui diciotto-vent’anni (la ragazza portava un vestito a pois) gli sono passati accanto di corsa, gridando: “Gli abbiamo sparato! Lo abbiamo ucciso!”. La ragazza le ha chiesto: “A chi avete sparato?”. La giovane ha risposto: “Kennedy! Gli abbiamo sparato. Lo abbiamo ammazzato!”. Dopodiché, i due sono scomparsi, felici e contenti».
E poi, ancora, videro la ragazza e ascoltarono le sue parole altri otto testimoni, in momenti diversi, in luoghi diversi. Una presenza di sicuro non passata inosservata. Una figura chiave di quell’assassinio.
Eppure, la ragazza con il vestito a pois non sarebbe mai stata ritrovata. Fino ad oggi la sua identità resta misteriosa.
Test psichiatrici effettuati nei mesi e negli anni successivi avvalorarono lo stato di amnesia di Shiran riguardante quel giorno. Sirhan ha continuato a non ricordare nulla delle ore che intercorsero tra quando all'hotel Ambassador era stato visto prendere un caffè con una ragazza e il momento in cui ricorda di aver aperto gli occhi all’interno della volante della polizia.
Lo psichiatra Spiegel: «Quando stava bevendo il caffè non si trovava in stato di trance. L’ipnosi è stata indotta subito dopo. E così per tutto il resto del tempo è stato in stato di trance. La sua amnesia è spontanea. Non è cosciente di aver commesso un crimine. Sirhan è un bugiardo onesto. È totalmente dissociato da se stesso».
Il cameriere dell'hotel Vincent Di Pierro: «C'era una ragazza.
Non so se fosse insieme a Sirhan. Ma lei si trovava dietro di lui, alla sua sinistra. Indossava il famoso vestito bianco a pois neri, Capelli neri. Molto carina».
«Per preparare Sirhan c'è voluto qualche mese. Perché è facilmente ipnotizzabile. Può essere facilmente programmato. La ragazza con il vestito a pois e il ragazzo erano certamente parte della squadra che l’ha programmato. Non più di una, due ore al giorno. Più che sufficienti. Sarebbe bastato dirgli che era un loro segreto per fargli tenere la bocca chiusa», ha aggiunto Spiegel.
Per avere la conferma di questa teoria, «Diamond ipnotizzò Sirhan per fargli ricordare la sera dell'assassinio», come spiegò l'investigatore del collegio difensivo di Sirhan, Bob Kaiser.
Ecco la trascrizione esatta di ciò che accadde durante questo esperimento. Diamond: «Martedì notte sei tornato alla tua auto. Sei stanco.
Hai bevuto quattro Collins. Sei troppo ubriaco per guidare e torni alla tua auto. Vedi la pistola sul sedile di dietro. Ricordi?».
Sirhan: «Ero impazzito, dottore. Volevo dormire».
«Ok. Hai dormito?». «Il caffè era di nuovo nella mia testa. Sono tornato all'hotel per cercare del caffè. Ho incontrato una ragazza con una caffettiera».
«Ti ha dato lei il caffè?».
«L'ho chiesto a lei».
«Poi che è successo?».
«Le ho dato una tazza. Poi ne ho versato un po’ a me. Eravamo seduti».
«Come la chiamavi, la ragazza?».
«Non lo so».
«Ti ha detto il suo nome?».
«Era stanca anche lei. Voleva ancora caffè».
«Ti ha detto il suo nome? Gliel’hai chiesto? Come la chiamavi? Ragazza?».
«Non lo so, signore. Il caffè è stato il nostro unico argomento di discussione. Poi si è mossa e io l'ho seguita. Mi ha portato in un luogo buio».
«Ti ha portato in un posto buio? Era per caso dove si trovava la telescrivente?».
«Non lo so».
«Che cosa aveva in mente? Che cosa stavi pensando?».
«La stavo solo seguendo. Tutto qui».
«Ma volevi scopartela?».
«Penso di sì».
«Pensi di sì?».
«C'erano molte stanze vuote laggiù».
«Cosa?».
«C'erano molte stanze vuote laggiù».
«Stavi pensando di portarla in una stanza vuota?».
«Perché no?».
«E poi?».
«Era buio. Era buio. Cavolo, se era buio. C'erano anche molte luci. Era un inferno di luci».
«C'erano molte luci ma stavate al buio».
«C'era un poliziotto».
«Era quello con l'uniforme buffa, vero?».
«Aveva un’uniforme. Anche se non ricordo».
«Mi sa che era un vigile del fuoco. Era un’uniforme da poliziotto?».
«Non ricordo».
«Che cos’è successo?».
«Dannazione! Ero stanco».
«Eri stanco».
«Ricordo di essere steso su un tavolo con il caffè».
«Steso su un tavolo?».
«Ci avevo poggiato il gomito».
«Il gomito sul tavolo».
«All'improvviso mi è mancato il respiro».
«Un momento, stai saltando qualcosa. Eri stanco perché qual. cosa è accaduto».
«Perché non mi ipnotizza di nuovo, dottore? Solo su questa parte».
«Uno, due, tre, quattro, cinque. Prova a dormire leggermente. Così. Adesso prova a immaginarti la scena nella tua mente. Sei nella cucina, adesso. Ti trovi in un angolo. Ci sono tante persone intorno. Molto rumore e vedi Kennedy arrivare. Che cosa vedi, Sirhan? Kennedy sta arrivando davanti a te. Guarda il suo volto».
«Mi sta correndo incontro. Mi sta correndo incontro».
«Sirhan, ti ordino di guardarlo. Apri gli occhi! Apri gli occhi Sirhan e guarda Kennedy. Non scuotere la testa Guardalo! Devi ricordare».
«Tu, figlio di puttana».
«Sirhan! Il figlio di puttana sta arrivando. Che cosa vedi?».
«Che cosa sta facendo lì?».
«Che cosa sta facendo qui? Vai!».
(respiro affannoso) «Figlio di puttana!».
«Stai parlando a Kennedy. Apri gli occhi e guarda Kennedy (è la prima volta che parla di questo, dice il professore sottovoce a un terzo interlocutore, nda). Eccolo qui, Sirhan. Apri gli occhi. Stai soffocando?».
(Si sente ansimare)
«Sirhan, non stai realmente soffocando. Sirhan apri gli occhi. Non gli hai ancora sparato. Non gli hai ancora sparato. È ancora lì. Figlio di puttana, gli hai detto, Sirhan...».
«Non può»
«Cosa?». .
«Non può! Non può! Non può!».
«Non può fare cosa?».
«Non può! Non può! Non può!».
«Non può fare cosa?».
«Non può inviare quei bombardieri».
«Glieli lascerai inviare, Sirhan? Lo vedi adesso. Sta venendo. Sta attraversando la sala. Guardalo, Sirhan. Apri gli occhi».
«Sta correndo. Sta venendo verso di me».
«Guardalo!».
«Succhiacazzi!».
«Succhiacazzi. Sì. Continua»,
(Si sente ansimare) «Non può! Non può! Non può! Non può! Non può!».
«Stai cercando la pistola, Sirhan!».
(Ansima ancora) «Non può! Non può! Non può! Non può!».
«Non può farlo. Non può inviare i bombardieri Li fermerai, Sirhan?». :
(Ansima e sbuffa)
«Sirhan, apri gli occhi e guarda Kennedy. Dov'è la tua pistola. Trovala».
(ansima)
(per la registrazione: sta cercando spasmodicament nella tasca sinistra dei pantaloni di afferrare la pistola immaginaria e tirarla fuori dalla tasca) «Tira fuori la pistola dalla tasca. Tieni la pistola in mano, adesso. Fammi vedere come spari, Sirhan. Spara. Spara».
(ansima)
«Sirhan, tira fuori la pistola e spara. A chi stai sparando, Sirhan? A chi stai sparando?».
Si sente il professor Diamond sussurrare: «Le sue dita stanno spasmodicamente ripetendo il tentativo di premere il grilletto».
Dieci minuti dopo, quando Sirhan non era più sotto ipnosi. Diamond: «Ti ricordi dove ci hai detto che tenevi la pistola?».
«Non ricordo».
«Me l'hai detto. Cerca di ricordare. Dov'era? Me l'hai mostrato cinque minuti fa».
Sirhan: «Non ho mai cercato la pistola».
Sottoposto a ipnosi il giorno successivo, il palestinese avrebbe dichiarato quand'era in trance: «Quando l’ho visto per la prima volta c'era una ragazza dietro di lui. C'erano due persone che ho visto. C'era questa bella ragazza che lo teneva per mano. È entrata prima lei nella stanza e poi lui. Nella stanza
dove si trovava il senatore. Aveva un vestito bianco con pois neri e viola, non ricordo bene, e con un collare di pizzo. Era bruna».
L'ARMA
Non c'è alcun dubbio che Sirhan sia stato vittima del programma MkULTRA, Riconosco tutti gli elementi propri dell'operazione, Come faccio a saperlo? Perché io ero uno di quelli che “programmava” le persone», Lo psicologo canadese Donald Olding Hebb. uno dei due motori di MkULTRA insieme allo psichiatra canadere Cameron, prima di morire nel 1985 scrisse una lunga lettera-confessione, nella quale si pentiva dei suoi trascorsi all'ufficio guerra psicologica della Cia. Lui che era stato Uno dei primi scienziati ad approfondire il legame tra il sistema Nervoso e il comportamento, lui che era considerato il padre della neuropsicologia e del connessionismo e che aveva dato il nome a uno del fondamentali algoritmi di apprendimento nel campo delle reti neurali: l'apprendimento hebbiano. Insomma, dopo la deflagrazione dello scandalo in Senato aveva deciso di mollare la nave.
«Ciò che ho fatto non ha giustificazioni. Ciò che ha fatto e continua a fare la Cia non ha giustificazioni, Sono un mostro, Sono dei mostri. Ho, abbiamo trasformato degli uomini in robot, li abbiamo trasformati in mostri loro malgrado, In tutto questo Richard Helms ha avuto un ruolo chiave. Lui coordinava tutto, ci spingeva a fare di più, a non fermarci davanti a nulla e a nessuno, Poi, a un certo punto, ha capito che bisognava inabissare tutto il programma e allora ha fatto finta di chiudere la baracca e con questa scusa ha fatto distruggere gran parte della documentazione, nascondendo così le sue responsabilità e con esse le responsabilità del governo degli Stati Uniti», proseguiva la lettera.
In seguito al controllo attento di tutte le immagini girate all'hotel Ambassador, il documentarista irlandese Shane O’Sullivan riuscì a identificare con certezza almeno cinque agenti della Cia presenti quella sera sulla scena del delitto, tutti appartenenti al famigerato ufficio guerra psicologica della Cia.
Ed Lopez è stato per molti anni investigatore per il Congresso Usa. Lo è stato anche per la Commissione Church, quella che ha portato alla scoperta di MkUltra: «Se devo indicare qualcuno che possa essere stato certamente a conoscenza di quest'operazione indico Richard Helms, direttore della Cia in quel periodo. Ho avuto il dispiacere di incontrare Helms quando lo abbiamo interrogato in commissione. È una persona sgradevole, cruda e arrogante. Non aveva rispetto per ciò che stavamo facendo. Era arrabbiato per doversi trovare dove si trovava».
Anni dopo emerse che Helms era entrato nel programma di controllo della mente della Cia addirittura nel 1953, ai suoi albori.
MkUltra ha lasciato una tangibile eredità.
Come ha spiegato il professore di antropologia David Price, molte ricerche finanziate da MkUltra su isolamento, deprivazione sensoriale, stress, droghe (e persino grafologia) divennero parte integrante del manuale di interrogatorio della Cia chiamato in codice “Kubark”. E l'Agenzia non ha mai abbandonato questo tipo procedure, che oggi va di moda chiamare interrogatorio avanzato, né ha smesso di cercare l’aiuto della scienza. Soprattutto, spiega Price, «la Cia non ha mai smesso di credere nella programmazione degli esseri umani da usare come armi inconsapevoli. In qualche modo MkUltra continua a vivere. E questa volta lo fa con l’aiuto decisivo del Pentagono. Perché il progetto è passato a Darpa e a loro è concesso tutto, anche l’inimmaginabile, anche di commettere crimini contro l'umanità».
Quella del controllo mentale è una delle armi non convenzionali in possesso delle forze armate degli Stati Uniti d’ America. Questo libro parlerà di questo, proverà a superare l’immaginario, mostrerà come alle armi non c’è più limite e che, se mai ci fosse stata nella guerra, l'etica è svanita e la potenza di fuoco in mano agli eserciti del presente deve farci paura, perché questa volta non li vedremo arrivare.
Tratto da NEXT - di Franco Fracassi e Carmen Tortora
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