La Corte Penale di Giustizia chiede l’arresto per i due criminali sionisti. È vero che lo chiede anche per i leader di Hamas, provando a posizionarsi in quella odiosa equidistanza che non da’ conto di chi sia la vittima e chi il carnefice e di quanto esista una chiara legislazione internazionale che legittima la resistenza sotto occupazione.
È anche vero che assai probabilmente non vedremo mai i criminali sionisti processati da un tribunale internazionale. Ne’ finire nel solo posto che li dovrebbe ospitare: una cella.
La novità però a mio parere sta nel tabù infranto.
Il giudice Kahn ha finalmente aperto un varco: questi criminali non possono più nascondersi dietro le vittime di 100 anni fa per compiere un genocidio programmato, non possono più piagnucolare mentre torturano in modo efferato e scientifico un’intera popolazione.
E non è cosa da poco.
Non lo è perché fino a ieri il mondo cosiddetto “occidentale” gli ha concesso ogni nefandezza, a partire dal giustificare la nascita sulla carne altrui di uno staterello coloniale razzista suprematista, per proseguire con 75 anni di cieca brutalità.
Ieri si è incrinato il dogma vergognoso dell’ impunità assoluta.
E se questa crepa, come è naturale, si allarga e si consolida, minerà le fondamenta del sionismo.
E infatti gli USA e tutti i vassalli si sono strappati le vesti.
Ma se i due e con loro l’intera entità, e i suoi abitanti, diverranno dei paria agli occhi del mondo, allora abbiamo qualche speranza.
È l’inizio di qualcosa, di ciò che Ilan Pappe ha preconizzato, ossia la caduta del colonialismo suprematista del sionismo.
Sarà un processo lento e doloroso, che passerà attraverso una immane sofferenza per i palestinesi, ma ora comincio a vedere un barlume di luce oltre il nero più nero.
Viviana Codemo