Come nacque
il focolaio ebraico
- parte prima
UNA PARTENZA SBAGLIATA
La prima guerra mondiale stava infuriando. La Germania non se la stava passando bene. Ma nemmeno la Francia e il Regno Unito. I britannici avevano disperatamente bisogno di aiuto, magari degli Stati Uniti. Purtroppo per loro, la Casa Bianca non aveva la minima intenzione di entrare in guerra e il popolo statunitense nemmeno.
L'idea di Lord Rothschild era: Wilson avrebbe optato per l’intervento se il suo principale consigliere Louis Brandeis lo avesse consigliato in tal senso. Il sionista Brandeis, di contro, avrebbe messo pressione al Presidente se da Londra fosse arrivato un segnale concreto che avrebbe dato il proprio assenso alla nascita di uno Stato ebraico. Se tutto ciò fosse avvenuto, gli Stati Uniti sarebbero entrati in guerra inviando uomini, artiglieria e mezzi sul fronte occidentale.
Quindi, i sionisti convinsero il Congresso degli Stati Uniti a dichiarare guerra alla Germania contro la volontà dell’ottantasette per cento dei cittadini. Per fare questo, i britannici, con la complicità degli Stati Uniti, promisero la Palestina ai sionisti, nonostante non esistesse alcuna legge internazionale che permettesse loro di farlo.
IL TRADIMENTO
I sionisti erano decisi ad andare fino in fondo, ma anche disperati, perché vedevano il loro obiettivo sfuggirgli di mano. La prima guerra mondiale aveva fatto saltare i loro piani. Per gli arabi, invece, il conflitto si stava quasi rivelando una benedizione. Ecco i fatti.
Era il 1914. La guerra era appena iniziata e l'Impero britannico era deciso a piegare l’Impero ottomano in Medio Oriente sperando di sostituirlo nel potere, intravedendo già l’importanza di quell'area geografica.
Ma da solo non poteva farcela. E allora, Lord Horatio Kitchener (comandante delle forze britanniche) offrì ad al Hussein ibn Ali (l'Alto Sceriffo della Mecca) una garanzia condizionata di indipendenza. I negoziati tra lo sceriffo e il governo britannico iniziarono nel luglio 1915. Il 30 gennaio 1916, i britannici accettarono le condizioni di Hussein, lasciando indeterminato lo status esatto di Baghdad e Bassora e la sfera d'influenza francese in Siria. Per gli arabi era sufficiente.
Il 5 giugno 1916 iniziarono le rivolte arabe nell’Hijaz (la regione della penisola arabica che si affaccia sul Mar Rosso) e fu sferrato un attacco alla guarnigione turca di Medina.
Il 7 giugno, Hussein proclamò l'indipendenza dell'Hiiaz e la guarnigione (turca) di Medina si arrese.
ll 29 ottobre Hussein appena proclamato re di tutti gli arabi Invitò i suoi “sudditi” a muovere guerra ai turchi.
ll 15 dicembre, il governo britannico riconobbe Hussein come re dell'Hijaz e di tutti gli arabi. Decisione che fu presa soprattutto per rafforzare l'insurrezione araba che Sir Archibald Murray (comandante in Egitto dal 19 marzo 1916) aveva sobillato nel Sinai e in Palestina.
In tutte queste revisioni e azioni militari, nei negoziati e negli accordi tra il governo britannico e gli arabi non si parlò mai di un “focolare ebraico” in Palestina. È lecito supporre che se questo concetto fosse stato menzionato gli arabi si sarebbero rifiutati di insorgere contro gli ottomani e non avrebbero mai preso la città di al Arish, nel Sinai del nord.
La maggior parte degli storici concorda su questo punto essenziale. Ma proseguiamo.
Il 21 dicembre 1916, gli inglesi, grazie agli arabi presero al Arish, dopo aver costruito una ferrovia e un oleodotto attraverso il deserto.
Il 28 giugno Murray fu sostituito dal generale Edmund Allenby, eroe della guerra boera.
Il 6 luglio iniziò a emergere un personaggio singolarmente spettacolare, il colonnello Thomas E. Lawrence. Questi riuscì ad allearsi e a galvanizzare così tanto alcune tribù arabe del deserto a est della Palestina da riuscire a conquistare la città di Aqaba, sul Mar Rosso, dando così inizio alle brillanti operazioni militari contro le guarnigioni turche e soprattutto contro le guardie della ferrovia dell’Hijaz, l'anello più importante delle comunicazioni ottomane.
La storia conferma che tutti questi combattimenti lungo la ferrovia di Hijaz e Aqaba furono condotti esclusivamente dalle forze arabe sotto il comando di Lawrence. Nessuna truppa britannica fu coinvolta in queste campagne chiave e non vi sarebbe nemmeno mai stata alcuna menzione di una partecipazione di forze ebraiche.
Tutti gli storici avrebbero concordato che senza l’aiuto degli arabi i britannici non sarebbero stati in grado di cacciare la Turchia dall’Arabia e dalla Palestina. Anzi, furono gli arabi da soli a farlo, seppur sotto la guida di Lawrence.
Fonte GUERRA ALLA PACE di Franco Fracassi pagg. 94-97
- parte seconda
LA PERSUASIONE
«Con l’esercito britannico in marcia sulla Terra Santa, le prospettive degli ebrei di avere la Palestina nelle mani del Kaiser cominciarono a svanire, Se l'Impero britannico avesse potuto garantire agli ebrei del mondo un punto d’appoggio in Palestina, essì avrebbero lavorato per l'Impero britannico. I negoziati con Londra iniziarono nel febbraio 1917, con Sir Mark Sykes come principale intermediario. ll 2 novembre 1917, Lord Balfour riassunse i risultati dei negoziati segreti e delle ampie comunicazioni tra privati negli Stati Uniti in una lettera a Lionel Rothschild, il re d'Israele non ancora incoronato», ha scritto lo. storico Joseph O'Grady.
Così ricostruì i fatti concitati di quelle settimane decisive per la soluzione della Grande Guerra Samuel Landman. Costui, in guanto segretario onorario del secondo Consiglio sionista congiunto del Regno Unito, editore della rivista “Zionist” e segretario e avvocato dell'Organizzazione sionista (in seguito, sarebbe stato anche consulente legale della Nuova organizzazione sionista) era in grado di avere informazioni su retro ena che sfuggirono a molti storici.
In un articolo dal titolo “Great Britain, the Jews and Palestine” pubblicato sul “London Jewish Chronicle” il 7 febbraio 1936, Landman scrisse: «Durante i giorni critici della guerra del 1916, quando la defezione russa era imminente e l'opinione pubblica ebraica era generalmente anti russa sperando che la Germania, in caso di vittoria, avrebbe concesso loro la Palestina in determinate circostanze, gli Alleati fecero diversi tentativi per convincere l'America a entrare in guerra al loro fianco. Questi tentativi non avevano avuto successo, George Picot dell'ambasciata di Francia e Gout della sezione Orientale del Quay d'Orsay, all’epoca in stretto contatto con il defunto Sir Mark Sikes del segretario del Gabinetto (britannico, nda), colsero l'occasione per convincere i rappresentanti dei governi britannico e francese che il modo migliore e forse l’unico per indurre il Presidente americano a entrare in guerra era quello di assicurarsi la collaborazione degli ebrei sionisti promettendo loro la Palestina».
«Così facendo, gli Alleati avrebbero arruolato e mobilitato la potente forza, fino ad allora insospettata, degli ebrei sionisti in America e altrove, a favore degli Alleati sulla base di una contropartita», proseguì l'articolo. «All'epoca, il Presidente Wilson attribuì la massima importanza al parere del giudice Brandeis».
E ancora: «Sir Mark ottenne il permesso dal Gabinetto di Guerra di consentire a Malcolm di rivolgersi ai sionisti su questa base, ma né Mark Sykes né Malcolm sapevano chi fossero i leader sionisti, e fu a L. J. Greenberg che Malcolm si rivolse per sapere a chi doveva rivolgersi. I sionisti avevano svolto il loro ruolo e contribuito a far entrare l'America, e la Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917 era solo la conferma pubblica dell'accordo verbale del 1916». «Questo accordo verbale è stato fatto con l'assenso e l’approvazione preventiva non solo dei governi britannico, francese, americano e degli altri alleati, ma anche dei leader arabi. Come già spiegato altrove in dettaglio, il dottor Weitzman e il signor Sokolow sapevano che il signor James Malcolm era venuto da loro come emissario del Gabinetto di Guerra britannico, che lo aveva autorizzato a dire a loro nome che l'Inghilterra avrebbe dato la Palestina agli ebrei in cambio dell'aiuto sionista, attraverso il giudice Brandeis, per indurre gli Stati Uniti a venire in aiuto degli Alleati. Sia Sir Mark Sykes che Malcolm informarono i rappresentanti arabi a Londra e Parigi che, senza l'aiuto americano, le prospettive di uno Stato arabo dopo la guerra erano problematiche e che quindi avrebbero dovuto accettare la restituzione della Palestina agli ebrei in cambio del loro aiuto nel coinvolgere gli Stati Uniti», concluse Landman.
Purtroppo, i nomi dei rappresentanti arabi a Parigi e a Londra informati di ciò che stava accadendo non furono mai fatti dai protagonisti.
È evidente che né il colonnello Lawrence (d’Arabia) né Hussein bin Ali furono informati di ciò che stava accadendo, nonostante stessero rischiando la loro vita e quella dei loro uomini nella guerra contro l'Impero ottomano, e che non sarebbero stati trovati documenti che indicassero che questi due uomini erano a conoscenza dei negoziati segreti con i sionisti e che fosse stato chiesto loro di inviare i loro rappresentanti a Londra e a Parigi.
Avrebbe scritto lo storico O'Grady: «Per correttezza nei confronti del popolo ebraico, ho cercato, ma non ho trovato alcun riferimento a Lawrence d’Arabia o allo sceriffo Hussein, o a qualsiasi altro leader del popolo che viveva in Palestina, consultati da Balfour o da Sykes, anche se è stata fatta una ricerca diligente per vedere se questo potesse essere stato registrato e sfuggito all'attenzione dei ricercatori, ma non è stato così».
Le seguenti citazioni sono tratte da “Propaganda nella prossima guerra”, un articolo pubblicato sul “London Times” a opera del capitano Liddell Hart, scrittore e autorità militare in Europa: «Di tanto in tanto, la questione di quale parte avrebbero preso gli Stati Uniti era in bilico, e il risultato finale faceva onore alla nostra macchina dissacrata. Rimangono gli ebrei. Si stima che dei quindici milioni di persone nel mondo, ben cinque si trovino negli Stati Uniti, il venticinque per cento della popolazione di New York è ebrea».
«Durante la Grande Guerra, abbiamo conquistato questo enorme pubblico ebraico con la promessa di “un focolare nazionale in Palestina”, considerata dal generale Erich Ludendorf (il vice capo di stato maggiore tedesco, nda) un colpo di genio della propaganda, perché ci ha permesso di fare appello non solo agli ebrei d'America, ma anche agli ebrei di Germania».
George Armstrong, nel suo libro “The Rothschild Money Trust”, spiega come ciò sia avvenuto: «Non c'è dubbio che prima della seconda elezione del Presidente Wilson nel 1916, egli ci tenne fuori dalla guerra. Wilson non era interventista. Perché ha cambiato idea poco dopo le elezioni? Perché fece un accordo con il governo britannico per aiutare gli Alleati?».
«Per rendere il mondo sicuro per la democrazia», scrisse all’inquilino della Casa Bianca il professore di politica internazionale al prestigiosissimo Balliol College di Oxford John Hill. Era esattamente il tipo di giustificazione di cui Wilson aveva bisogno per spiegare perché Washington doveva mandare i suoi figli a morire in Francia.
Lo storico Hubert Herring, nel suo libro “And So to War”, ha riassunto il prezzo che gli Stati Uniti dovettero pagare perché i sionisti avessero la Palestina: «Abbiamo pagato per la guerra, abbiamo pagato con la vita di centoventiseimila morti, duecentotrentaquattromila mutilati e feriti. Abbiamo pagato con le vite spezzate di centinaia di migliaia di persone che la guerra ha strappato dal loro giusto posto in un mondo pacifico. Abbiamo pagato con l’imponderabile danno arrecato al nostro morale nazionale dalle frustate dell’isteria bellica. Abbiamo pagato con il periodo di confusione economica da cui non siamo ancora usciti. Il costo diretto della guerra ha raggiunto la cifra di cinquantacinque miliardi di dollari. Quello indiretto non potrà mai essere calcolato».
Fonte GUERRA ALLA PACE di Franco Fracassi pagg. 97-101