Introduzione

di Enzo Lovisi

Quando il mio amico Valerio Grosso mi ha chiesto di presentare il suo lavoro sul recupero della storia e delle storie del Novecento casalettano sono stato davvero felice. La sua richiesta, infatti, mi ha subito riportato indietro nel tempo: all’epoca in cui, già da bambini, si festeggiava il Carnevale andando di casa in casa mascherati. Bastava solo che io pronunciassi la parola “Carnevale” e lui era già pronto a salire con me nelle nostre soffitte a rovistare nei bauli, spesso provenienti dall’America, alla ricerca di abiti da utilizzare in quell’occasione. Ma il momento clou fu quando organizzai un’esposizione estemporanea della casa contadina sotto il Palazzo: tutti i ragazzi di quel tempo furono entusiasti e gareggiavano nel fornirmi materiali e oggetti per la mostra. Ma lui più di tutti si adoperò con enorme zelo a recuperare oggetti ovunque avesse accesso, rendendo così l’evento unico e particolare. Questo fu il germe in base al quale mi resi conto che Valerio sarebbe stato un vero pilastro per tutte le iniziative che avevo già in mente di realizzare. Per fare un esempio, quell’esposizione mi dette l’idea per la fondazione di un vero e proprio Museo della Civiltà Contadina, che riuscii ad allestire presso quello che allora era il Mulino al Capello, anche grazie alla sua estrema disponibilità ed entusiasmo nelle sue nuove vesti di assessore comunale. Il Museo fu per noi motivo di orgoglio in quanto fu uno dei primi realizzati in Campania ed è tuttora citato in numerose pubblicazioni della Regione, anche se da molto tempo è soltanto un ricordo.

Il lavoro che oggi ci propone è il frutto di anni di ricerca in diversi ambiti del nostro paese: quando collaborava con la Parrocchia ebbe modo di appropriarsi della cultura ecclesiastica che nel corso dei secoli era sempre stata tenuta viva a Casaletto e di trarne materiali e preziose informazioni. La stessa cosa è avvenuta durante la sua esperienza come amministratore, attraverso la quale ha avuto modo di accedere a nuove fonti storiche e culturali che ha con amore elaborato in modo encomiabile, grazie anche alla collaborazione fattiva dei suoi figlioli Delia e Pasquale.

Tutti gli argomenti da lui trattati ci riportano alla memoria la nostra vita passata, mediante la rievocazione dei luoghi e della storia recente del paese, con particolare riferimento al periodo dell’emigrazione, che mutò l’economia e la cultura locali, facendole passare dall’ambito contadino e pastorale a quello piccolo-borghese. Difatti, proprio in quel periodo si vide in paese la fioritura di settori quali l’artigianato e il commercio. Non mancano nel suo lavoro accenni alle nostre tradizioni sacre e profane, nonché ai momenti salienti della nostra storia, come il terremoto del 1980, a seguito del quale cambiarono radicalmente i connotati di molte, se non tutte, aree del paese.

Per quanto riguarda gli aspetti più folkloristici, Valerio ripropone a quanti le avessero dimenticato una serie di tradizioni popolari quali l’uccisione del maiale e la lavorazione delle sue carni, il gioco del cascavallo, la cuccìa (che negli anni Settanta ho recuperato, grazie all’entusiasmo dei ragazzi e delle ragazze che mi coadiuvavano, in una forma non più legata al vicinato ma quale momento aggregativo dell’intera comunità), un rituale antichissimo che ci riporta addirittura alla mitologia greca dei misteri di Eleusi.

Ricordo ancora con un sorriso tanti episodi vissuti insieme, come quando riportai anche il festeggiamento del carnevale a una forma che ne esaltasse la ritualità collettiva, a seguito dei miei studi universitari ed etnografici sulle tradizioni popolari della Campania. Non era più una semplice questua mascherata come ci era stata riportata dalla tradizione, ma un vero momento teatrale che coinvolgeva tutta la popolazione attraverso il divertimento e l’arguzia tipica dei casalettani. Ogni anno si sceglieva un tema diverso, magari proprio sulla base di uno dei tanti ritrovamenti di Valerio, come quando recuperò un’antica macchina fotografica che mi dette l’idea per sviluppare una rappresentazione del matrimonio di Carnevale. I cronisti dell’epoca rimasero un po’ scandalizzati da due di queste rappresentazioni annuali: la prima fu quando mettemmo in scena il rituale del parto a seguito della morte di Carnevale, mentre la seconda fu l’arrivo del Papa, impersonato per l’occasione dallo stesso Valerio.

Ma la sua collaborazione è proseguita nel corso degli anni, soprattutto per quanto concerne iniziative culturali legate al mondo delle tradizioni casalettane: dall’allestimento della mostra fotografica “Il pungolo della memoria”, basata su materiali provenienti dall’archivio della sua famiglia, al “Magnaru r’a vava”, un evento la cui risonanza prosegue anche oggi e che è stato imitato in molti paesi del circondario mentre – con mio grande rammarico – da noi si è ripetuto solo per pochi anni per poi cadere nel dimenticatoio.

Avevamo bisogno di questo suo lavoro per ricordarci tanti momenti ormai sopiti nella memoria collettiva. È per questo che ci felicitiamo con l’amico Valerio per il suo operato e lo sforzo compiuto che viene a colmare un vuoto.