1^ coordinata – Gli adolescenti: ragazzi capaci di esprimere domande esigenti
Il gruppo di lavoro non si è dato in alcun modo l’obiettivo di svolgere un’analisi approfondita degli adolescenti che frequentano la scuola di seconda opportunità di Smac e le scuole cittadine. Va anche ricordato che Smac ha prodotto nel tempo e pubblicato varie riflessioni sull’esperienza, delle quali una è riportata nella bibliografia. I componenti il gruppo hanno avuto modo di scambiare i propri saperi, le conoscenze e le esperienze costruite nel quotidiano lavoro con i ragazzi. Sono stati evidenziati degli impoverimenti nei loro percorsi di crescita (come ad es. l’esperienza oramai quasi scomparsa dei gruppi naturali) ma anche il desiderio, non sempre espresso, di fare esperienze positive, la capacità resiliente che tanti dimostrano nei fatti, non soccombendo all’interno di situazioni familiari dolorose, a volte traumatiche, a solitudini, a percorsi scolastici fallimentari.
Si è individuato nel termine “domanda” una categoria utile, capace di dare voce a esigenze, ad aspettative, a desideri che i ragazzi nutrono, spesso inconsapevolmente; occorre l’intelligenza e la sensibilità degli adulti che cooperano per il bene dei ragazzi per poter leggere i loro comportamenti visibili, interpretare i loro silenzi, le loro diffidenze, a volte i loro rifiuti, aiutarli a dare voce ai loro vissuti e accompagnarli a dare significato ai loro comportamenti, a scoprire e a esprimere essi stessi voce i propri desideri e i propri sogni. Sono emerse all’attenzione comune domande di relazioni significative, di stima, di valorizzazione di sé; domande di adulti capaci di dare affetto e fiducia, di orientare, di contenere, di proporsi come riferimenti credibili e autorevoli. Sono nell’insieme domande esigenti, non certo di basso profilo, che richiedono agli adulti (persone e istituzioni) una collettiva assunzione di responsabilità, anche nella prospettiva di un potenziamento delle proprie competenze attraverso la formazione e l’autoformazione.
2^ coordinata – I ragazzi in difficoltà: problemi superabili se….
Il termine difficoltà ha una precisa connotazione sul piano pedagogico: indica quelle situazioni (personali, familiari, scolastiche, sociali) in cui i ragazzi non dispongono delle risorse utili ad affrontare e superare positivamente i problemi che stanno vivendo. Ciò è conseguenza di una strutturazione debole o disadattiva della loro visione di sé, di sé in relazione agli altri e di sé in rapporto alla realtà in cui sono inseriti. Gli agiti e gli esiti non positivi sul piano scolastico, la difficoltà a ricostruire una relazione utile con l’apprendimento sono frutto di una rielaborazione personale – quasi sempre inconsapevole – dei loro percorsi familiari, scolastici etc. Tali vicende hanno portato tanti ragazzi a ritenersi incapaci, a non stimarsi, a non avere fiducia in se stessi e negli altri. Necessita un impegno grande per restituire loro speranza, consapevolezza di valere e di poter ri-costruire un proprio futuro. Necessita per questi ragazzi incontrare persone adulte capaci di accoglienza incondizionata, di pazienza, di passione, di ottimismo esistenziale.
3^ coordinata – Tutti i ragazzi sono educabili: una certezza, non un interrogativo
I ragazzi sono (debbono essere) allo stesso tempo protagonisti e destinatari primi delle attività, sia della “scuola SMaC” che della scuola pubblica. Il che implica da parte loro un’indubbia assunzione di responsabilità, passaggio che va letto in un’ottica educativa e quindi come un apprendimento in itinere. Le azioni messe in atto debbono tener conto delle loro domande, delle loro esigenze, del loro diritto a essere ascoltati e che il loro parere sia tenuto in considerazione dagli adulti (art. 12 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, legge dello Stato n. 176/1991). Da questo punto di vista il “prevalente interesse del ragazzo” (art. 3 della Convenzione citata) rappresenta un criterio imprescindibile nelle scelte degli adulti che ne accompagnano il cammino.
Va detto con convinzione che tutti i ragazzi hanno la possibilità di recuperare eventuali svantaggi e carenze: la loro vulnerabilità non rappresenta un dato definitivo (tantomeno uno stigma) ma transitorio, a condizione che vengano messe in atto opportunità e processi adeguati. L'intento del progetto “Non uno di meno” è quello di contribuire a fare in modo che nessun ragazzo venga perduto e chi è in difficoltà possa ritrovare motivazione all’apprendimento e voglia di partecipare alla vita scolastica. Tali considerazioni vanno accompagnate dalla consapevolezza che gli adolescenti sono soggetti in età evolutiva, soggetti che stanno attraversando un periodo cruciale della loro maturazione personale e sociale. Per tale motivo essi vanno visti sempre con uno sguardo fiducioso, rivolto sia al presente che al futuro, in quanto sono costitutivamente portatori di potenzialità e di possibilità di cambiamento, a volte tumultuoso, a volte repentino, a volte inaspettato. Occorre esprimere veramente un impegno grande per restituire ai ragazzi in difficoltà l'autostima e la convinzione di poter costruire qualcosa di positivo, a partire dalla loro pregressa esperienza scolastica.
4^ coordinata – Il linguaggio delle cose concrete: il fare riflessivo
Il titolo della quarta coordinata focalizza il tema centrale affrontato dal gruppo di lavoro, vale a dire l’importanza cruciale per gli adolescenti – e non solo quelli in difficoltà – di vivere esperienze di apprendimento diversificate. Fra queste assume particolare rilevanza il cosiddetto linguaggio delle cose concrete, l’apprendere attraverso l’esperienza e dall’esperienza. Si tratta di quella particolare forma di comunicazione attivata dall’adulto che passa per l’azione, per il toccare con mano le cose, per il contatto diretto con la realtà, per il personale coinvolgimento. L’esperienza diretta e vissuta in prima persona è giustamente considerata degli adolescenti quella più attraente, ragione per cui tale approccio non può non essere inserito stabilmente nel lavoro pedagogico-didattico con i ragazzi in difficoltà. Non solo. Diversi apprendimenti degli adolescenti si realizzano solo attraverso la pratica, come ad esempio la dimensione della responsabilità, che essi possono acquisire se hanno la possibilità di sperimentare concretamente forme di impegno che li facciano maturare in tale aspetto. I partecipanti al corso hanno esplicitato una serie di fattori e di condizioni che rendono (possono rendere) effettivamente educativa e quindi apprenditiva l’esperienza. E’ sempre presente infatti il rischio che l’apprendimento esperienziale si riveli un mero consumo del tempo, uno sterile fare per il fare, cadendo quindi in forme di attivismo inconcludente. Il fattore ritenuto essenziale è la riflessività, intesa come l’insieme di opportunità – promosse e gestite dagli adulti educatori e docenti con chiara intenzionalità pedagogico-didattica – che stimolano i ragazzi a “riappropriarsi” di quanto sperimentato, di quanto vissuto, a comprendere cosa si è fatto e come, ad accrescere i loro livelli di consapevolezza rispetto a se stessi, al rapporto con gli altri e con le realtà in cui vivono e primariamente fra queste l’esperienza scolastica. Tale maggiore consapevolezza aumenta nei ragazzi la capacità di affrontare le situazioni problematiche della vita e di poter utilizzare le capacità e le risorse di cui dispongono.
5^ coordinata – Un approccio all’apprendimento in cui riconoscersi
Il tema dell’apprendere non è stato affrontato con l’obiettivo di disvelare i tanti cambiamenti intervenuti nel modo con cui i adolescenti affrontano l’impegno scolastico (sia presso SMaC che in ambito scolastico). La riflessione dei partecipanti si è focalizzata sull’individuazione di un modello capace di uscire dalla stereotipata contrapposizione fra l’approccio trasmissivo e quello esperienziale. Si è convenuto sulla necessità di un modo di pensare e di declinare operativamente l’apprendere capace di integrare possibilmente i due approcci, capace di costruire un dosaggio equilibrato e dinamico nel lavoro pedagogico-didattico con i ragazzi, in tutti i contesti. Recuperando all’attenzione le domande degli adolescenti, emerge con forza una dimensione imprescindibile dei processi di apprendimento: l’esigenza di vivere un’esperienza scolastica (di prima e di seconda opportunità) altamente significativa, capace di raccordare i contenuti disciplinari con la loro vita, con i loro interrogativi, con i loro problemi. Ciò vale sia per gli strumenti e le modalità con cui vengono proposte le “tradizionali” lezioni, sia per quanto concerne un’uscita sul territorio, un gioco, la visione di un film, una testimonianza, una discussione in gruppo, un’attività interdisciplinare…...vale a dire tutto ciò che può coinvolgere gli adolescenti in un fare che, come sottolineato, deve connotarsi in termini riflessivi, in termini di un educare a pensare, a sviluppare un pensiero autonomo che oggi rappresenta una delle sfide più complesse per chi si occupa di giovani generazioni.
6^ coordinata – L’impegno di “Non uno di meno”: un’esperienza di confine
Quest’anno ricorre il decennale di “Non uno di meno”. Il progetto - cui dovrebbe essere attribuito oramai lo status di servizio con finanziamenti certi, avendo da tempo superato la fase di sperimentazione e acquisito stabilmente risultati positivi come ampiamente riconosciuto – rappresenta l’unica iniziativa in atto nella regione Friuli Venezia Giulia costruita e gestita in collaborazione con il Comune (Servizio Sociale) come scuola di seconda opportunità, definizione che sul piano nazionale e internazionale è stata data alle esperienze rieducative rivolte ai ragazzi che hanno interrotto prematuramente gli studi. L’assetto di lavoro del progetto/servizio è consolidato, l’apporto degli insegnanti volontari, affiancati da educatori professionali di SMaC e di due cooperative della città, è essenziale e va sottolineato che è a titolo completamente gratuito, senza il quale l’esperienza non potrebbe sussistere. Oltre al ruolo del Comune di Trieste, altrettanto necessaria è la collaborazione con gli istituti scolastici cittadini: senza un raccordo permanente con le scuole di provenienza dei ragazzi, il loro reinserimento una volta portato a termine il loro percorso in “Non uno di meno” risulterebbe in diversi casi non facile e probabilmente non generativo di ulteriori percorsi di istruzione e formazione. In altre parole, il progetto/servizio di SMaC non ha mai inteso essere un bacino di carenaggio dove aggiustare ragazzi disadattati, né tantomeno una riserva indiana per soggetti a rischio che vanno messi socialmente da parte, quasi fossero dei vuoti a perdere. Esso si propone come un’area di confine, intesa non come delimitazione di aree di competenza ma come opportunità per ricomporre una frattura dolorosa e pericolosa – quella fra tanti ragazzi e la scuola – che crea distanze e diffidenze che vanno rapidamente colmate e superate. In tale prospettiva SMaC auspica che sia possibile consolidare e potenziare la cooperazione con il mondo scolastico, conditio sine qua non per costruire con i ragazzi percorsi generativi di speranza, di fiducia, di possibilità.
7^ coordinata – Un’esigenza imprescindibile: riflettere insieme fra adulti
Pur nella sua brevità, l’itinerario percorso dai componenti il gruppo si è rivelato particolarmente significativo sia in ordine al clima che si è creato, sia in relazione ai contenuti che sono stati approfonditi. Seppure si trattava di persone che non avevano mai lavorato insieme, esse si sono dimostrate da subito disponibili e interessate a mettere in gioco i propri saperi, le conoscenze acquisite e le esperienze maturate nell’ambito della propria attività professionale e di volontariato. A tale collettiva partecipazione va attribuito il positivo bilancio del lavoro svolto, che ha messo in evidenza l’esigenza di un confronto non occasionale ma permanente fra coloro che a vario titolo si occupano di giovani generazioni. E’ stato perciò messo in atto, anche nel gruppo, l’approccio dell’apprendimento esperienziale, facendo costante riferimento al patrimonio di “apprendimenti” personali e gruppali. L’approccio si rivela fecondo se il gruppo si costituisce come (piccola) comunità di ricerca, come gruppo di persone che fanno proprio un metodo che non prevede di partire da ipotesi preconfezionate o peggio blindate, ma che siano motivate a una riflessione aperta a nuove chiavi di lettura, a inedite sintesi. E’ pensabile riproporre tale esperienza allargandola ad altre scuole? Essa infatti, va ridetto, non riguarda “solo” i ragazzi in difficoltà ma tutti gli alunni (non uno di meno….), evitando percorsi autoreferenziali, di nicchia, individuando invece approcci e metodologie pedagogico-didattiche fruibili in tutte le realtà che si occupano di formazione.
8^ coordinata – Dai progetti alle politiche per le giovani generazioni
La consapevolezza della complessità del lavoro educativo con le giovani generazioni ha indotto i componenti il gruppo di ricerca a proporre un coordinamento a livello cittadino degli interventi, dei servizi, dei progetti rivolti ai soggetti in età adolescenziale (11-18/19 anni). E’ un’età cruciale per la costruzione della propria identità personale e sociale e le tante opportunità e i tanti rischi che oggi i ragazzi incontrano richiedono un’assunzione collettiva di maggiore responsabilità rispetto alle strategie in atto da parte di tutti i soggetti della città, pubblici e privati. Uno sforzo in tal senso è stato fatto alcuni anni fa su iniziativa del Comune di Trieste, ma non ha avuto il seguito atteso (cfr. il progetto “Educare a Trieste”, anno 2013). Si reputa che questa prospettiva non vada abbandonata ma vada ripresa, orientandola prioritariamente (ma non esclusivamente) ai ragazzi in difficoltà.
9^ coordinata – Bilancio e valutazione del lavoro del gruppo
Si è ritenuto doveroso riportare nel documento gli ulteriori elementi di valutazione espressi dai partecipanti in sede di chiusura del percorso. Si è dichiarato che il riflettere insieme non rappresenta solo un’occasione utile per uno scambio di idee e di esperienze, in quanto contribuisce a costruire e a consolidare nelle persone una vera e propria forma mentis, un modo di pensare e di porsi di fronte alle cose diverso sul piano dell’apertura mentale, dei propri costrutti cognitivi; condizione irrinunciabile per costituirsi come comunità di ricerca (nel senso ricordato). Un clima di questo tipo favorisce una spontanea partecipazione, facilitata dal non avvertire in alcun modo atteggiamenti e interventi improntati a (pre)giudizi. Non solo, in questo modo si aiutano le persone a superare il rischio di solitudine che spesso attraversa la propria attività, frequentemente connotata da urgenza e da frettolosità. Si è ancora sottolineato il fatto che oggi più che mai è necessario dotarsi di spazi e di tempi adeguati di riflessività. Lo esigono i ragazzi e l’iniziativa di SMaC ne ha dimostrato il beneficio.
10^ coordinata – Dopo il Convegno del 22 novembre: rigenerare il patto fra le istituzioni
Nel 2019 il progetto “Non uno di meno” compie 10 anni ma soprattutto si celebra il trentennale della Convenzione già citata. Questo ci ha fatto pensare all’opportunità di organizzare un convegno a livello cittadino che riproponga la centralità delle giovani generazioni nelle politiche delle istituzioni cittadine pubbliche e private. Ciò richiama necessariamente la strategia delle alleanze, strategia irrinunciabile per affrontare positivamente la complessità dei percorsi evolutivi delle giovani generazioni e le difficoltà elevate che tanti ragazzi incontrano e che rischiano di bloccarne gli itinerari di crescita. Da questo punto di vista i componenti il gruppo avvertono l’importanza di rivedere il patto esistente, che ha la veste di una Convenzione fra Comune, Scuole, Cooperative e SMaC. Le firme a suo tempo apposte certificano l’impegno assunto di lavorare insieme, ma tale responsabilità va declinata in termini operativi individuando tempi, criteri, modalità per dare pregnanza ed efficacia agli intenti sanciti nel documento. Si auspica quindi un consistente ampliamento e rafforzamento della collaborazione attiva da parte di tutte le scuole cittadine.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- D. P. Ausubel, Educazione e processi cognitivi, FrancoAngeli, Milano 1978
- P. Bertolini, L. Caronia, Ragazzi difficili. Pedagogia interpretativa e linee di intervento, La Nuova Italia, Firenze 1993. Nuova edizione aggiornata a cura di P. Barone e C. Palmieri, FrancoAngeli, Milano 2015.
- J. Delors, Nell’educazione un tesoro. Rapporto all’Unesco della Commissione Internazionale sull’Educazione per il Ventunesimo Secolo, Armando ed., Roma 1997.
- J. Dewey, Esperienza e educazione, Cortina, Milano 2014.
- V. Iori (a cura di), Il sapere dei sentimenti. Fenomenologia e senso dell’esperienza, FrancoAngeli, Milano 2009.
- V. Iori, A. Augelli, D. Bruzzone, E. Musi, Ripartire dall’esperienza. Direzioni di senso nel lavoro sociale, FrancoAngeli, Milano 2010.
- V. Iori (a cura di), Animare l’educazione. Gioco pittura musica danza teatro cinema parole, FrancoAngeli, Milano 2012.
- L. Mortari, Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione, Carocci, Milano 2003.
- L. Mortari (a cura di), Dire la pratica. La cultura del fare scuola, B. Mondadori, Milano-Torino 2010.
- P. Reggio, L’esperienza che educa. Strategie di intervento con gli adulti nel sociale, Unicopli, Milano 2003.
- P. Reggio, Il quarto sapere. Guida all’apprendimento esperienziale, Carocci, Milano 2010.
- L. Zanchettin, Un pezzo di strada con chi fa fatica a scuola. Il lavoro con ragazzi e adolescenti abbandonati e abbandonanti, in F. Santamaria (a cura di) Stare con ragazze e ragazzi in difficoltà. La via educativa nei territori, supplemento alla rivista Animazione Sociale, n. 1/2018.
Elenco componenti il gruppo
- Patrizia Chiaratto - insegnante volontaria Smac
- Marina Donati - insegnante volontaria Smac
- Francesca Iacoviello - psicologa tirocinante post lauream
- Bruna Ivancic - insegnante scuola secondaria di 1° grado - “A. Bergamas”
-Miriam Kornfeind - coordinatrice della Comunità di San Martino al Campo
- Rossana Penta - coordinatrice Servizi educativi Servizio Sociale UTS 3 Comune di Trieste
- Marina Petrini - insegnante volontaria Smac
- Rosalba Scrima - insegnante scuola secondaria di 1° grado “E. Caprin”
- Paola Spinelli - insegnante volontaria Smac
- Alessandra Maria Topazi - insegnante scuola secondaria di 1° grado “A. Bergamas”
- Daniela Versolatto - insegnante volontaria Smac
- Riccardo Taddei - coordinatore progetto “Non uno di meno”
- Franco Santamaria (docente a contratto Università di Trieste) ha coordinato il lavoro del gruppo e ha curato la stesura del documento finale.