Prologo

Prologo

Sono passati due anni da quando e’ stato pubblicato il primo libro – “M.A.D. Mamme Adottive Disperate – Storie complicate di adozioni difficili”. Due anni intensi, in cui con le mamme protagoniste abbiamo girato l’Italia per portare alla luce il tema spinoso e poco conosciuto delle crisi adottive, attraverso incontri e dibattiti. Abbiamo parlato delle difficolta’ che si incontrano con i ragazzi adolescenti (non solo adottati) nelle associazioni e nelle scuole. Dal libro e’ anche nato lo spettacolo “M.A.D. Mamme Adottive Disperate” che con la forza espressiva del teatro ha fatto commuovere ed emozionare.

Libro, teatro, dibattiti… un piccolo progetto che e’ soltanto “una goccia nel mare”, ma che speriamo possa aiutare a comprendere quello che accade nelle famiglie che attraversano queste difficolta’.

Abbiamo parlato al mondo adottivo e anche al mondo non adottivo, perche’ non solo i ragazzi adottati possono avere comportamenti rischiosi e a volte devianti, non solo i ragazzi adottati possono avere disturbi di personalita’, dipendenze, aggressivita’, guai con la giustizia, gravidanze precoci. L’adolescenza e’ una fase di vita delicatissima, le lusinghe e i pericoli sono tanti, l’amore in molti casi non basta, anche con i figli naturali. E l’esperienza dei genitori adottivi, che si preparano e spesso affrontano difficolta’ piu’ o meno grandi, puo’ essere una risorsa di grande aiuto per tutti i genitori. Come dico sempre per aver conosciuto adolescenti difficili dentro e fuori dal mondo dell’adozione, nessuna famiglia e’ al sicuro, ma nessuno deve perdere la speranza.

E’ comunque innegabile che l’adozione ha una grande specificita’. E’ un cammino pieno di incognite, e per tutti i protagonisti ha una caratteristica importante: e’ come se le emozioni fossero amplificate, sotto una lente di ingrandimento. Puo’ andare tutto molto bene, o anche “abbastanza bene”, non diversamente da quello che succede in tutte le famiglie. Ma quando i ragazzi hanno vissuto esperienze molto pesanti tutto si complica, e a volte con l’adolescenza “scoppia la crisi”: i genitori si trovano cosi’ ad affrontare situazioni che mai avrebbero immaginato per la propria famiglia. Continua in questo libro il confronto tra mamme in difficolta’, che si confortano e consigliano a vicenda, trovando finalmente comprensione e sostegno.

Sono stanche e preoccupate, le mamme; preoccupate per i figli, che sono sempre al centro dei loro pensieri. Anche quando la crisi piu’ acuta e’ passata, rimane spesso il problema irrisolto di riuscire a motivare i ragazzi e a far acquistare loro fiducia e autonomia per costruirsi un futuro. A volte dopo tanti inutili tentativi sembra che non ci possa essere una via d’uscita:

“È un periodo di sconforto per molti di noi, parlo di chi come me le sta provando tutte e ancora non vede una soluzione. Questi nostri figli, afflitti dalle fragilità che conosciamo, si aggrappano solo a cose futili che riescono a dare loro un appagamento momentaneo: tatuaggi, piercing, sostanze, l'uso e l'abuso del telefonino... per non parlare poi del loro desiderio di vita che non coincide con il nostro...

Quando è così, la tentazione di lasciarli al loro destino è forte, sono grandi ormai e dovrebbero potersela cavare da soli… Qualche volta penso a questa amara possibilità, ma poi mi pento di averlo pensato. Come potrei vivere?

Percorro una strada perennemente in salita, mi sento come in un labirinto, arranco con affanno per trovare la via d'uscita, quando credo di averla trovata, grande è la delusione perché si rivela un miraggio.

Diciamo sempre che devono trovarla dentro di loro la forza, ma se non ne hanno? Sembra che niente e nessuno riesca a dare una mano a queste nostre anime perse. Ci siamo solo noi che, per quello che possiamo, tentiamo di agevolare una loro sana crescita.

Questa vita non è fatta per loro anime ferite.

"Crescita" forse questa è la parola chiave che ci dona speranza. Dobbiamo solo sperare che con la maturità, che ahinoi tarda ad arrivare, si indirizzino verso una strada meno accidentata sperando che nel frattempo non si facciano troppo male.

Noi stanche e sfiduciate come possiamo ritrovare le forze per andare avanti? Fortuna ha voluto che ci incontrassimo, almeno sappiamo di non essere sole… magra consolazione forse, ma e’ gia’ tantissimo.

Restiamo intanto unite e facciamoci coraggio tutte insieme”.

Sono preoccupate, le mamme, anche per se stesse. Per le loro speranze disattese, le illusioni spezzate. “Volevo solo una famiglia normale” e’ la frase piu’ ricorrente tra loro; i momenti di normalita’, di tranquillita’ o di allegria familiare sono un dono raro e prezioso. Le mamme si mettono in discussione, cercano di adattare i loro comportamenti ai bisogni e ai modelli di questi figli, cosi’ diversi dai propri. E anche quando riescono a domare la crisi piu’ acuta, faticano ad elaborare la frustrazione e ne soffrono:

“Volevo scrivere come sto.

Per chi non conosce l’antefatto: ho avuto un periodo di scontro duro con mio figlio, ma dopo innumerevoli ricoveri in psichiatria lui si è come riassestato. Ha appeso al chiodo i guantoni da pugile e lì io e mio marito abbiamo fatto una scelta precisa (guidata da chi ci seguiva in terapia). La scelta dell’empatia e del soddisfacimento, dell’accoglimento dei suoi “bisogni”.

Abbiamo scelto di mostrarci dalla sua parte, di fare in modo che lui colmasse oltre misura i suoi desideri di appagamento e di aspettare che il bisogno di riequilibrarsi arrivasse da lui. In parte ha funzionato. Oggi chi non ci conosce può pensare che facciamo una vita apparentemente normale.

Noi sappiamo che non è così.

Solo noi vediamo i dissesti, i disequilibri e siamo ogni giorno dei funamboli. Abbiamo tamponato la tragedia, fatto rientrare l’emergenza e ora siamo “stabimente instabili”.

Ma io come sto? Male, direi.

E’ un malessere profondo legato alle mie personalissime aspettative di genitorialità.

Per me essere madre significava trasmettere i miei ideali, i miei valori, condurre per mano un bimbo ed aiutarlo a diventare uomo.

Io ho tantissime cose in cui credo davvero, sono una passionale, un’entusiasta e avrei voluto che i miei figli, crescendo con me, ne assorbissero almeno una piccola parte.

Ma di fronte alla violenza di mio figlio mi è stato detto che per salvare lui, avrei dovuto fare un passo indietro. Non combattere, non contrastare, non cercare di imporre quelli che secondo i miei modelli sono comportamenti “sani”… ma mettermi dalla sua parte.

Mi hanno spiegato che i miei concetti educativi, i miei modelli, valgono per me, persona agiata, cresciuta con calore, affetto e benessere (non parliamo di ricchezza ma di un tetto, un letto). Non ho mai dovuto lottare per sopravvivere, non ho dovuto rivedere i miei modelli di attaccamento, e quindi io non posso pensare di entrare in empatia con mio figlio se non accetto e rivedo tutto questo.

Io credo di averlo fatto, spero di averlo fatto e devo dire che qualche risultato l’ho avuto, in termini di risposta emotiva da parte di mio figlio.

Però il senso di frustrazione interna non mi abbandona mai.

Io non ho cresciuto mio figlio come ritenevo giusto fare: i compromessi, le concessioni, le scelte e le non scelte sono state guidate dall’obiettivo del suo salvataggio. Tutto il resto viene dopo.

Così le mie azioni di mamma non rispondono quasi mai ai miei pensieri.

Quando nella vita quotidiana parlo con le altre mamme, sento fare discorsi sull’unità familiare, sulla necessità di monitorare quello che i ragazzi guardano, sull’importanza di forzare un minimo di dialogo a cena per mantenere un contatto con la loro nuova vita adolescenziale, mi sento malissimo… Tutto perfetto… quello che volevo fare anch’io ma che non ho potuto fare.

So che questo mio sentire probabilmente è comune a molte di voi, ma ho proprio bisogno di dirvi quanto è profondo in me questo dolore, ho bisogno di scriverlo, di urlarlo perchè mi fa sentire sempre più infelice e sto cercando di reagire…”


Le aspettative deluse. Difficile venire a patti con le aspettative (aspettative di normalita'), rinunciare ai propri modelli (modelli di semplice legalita' e moralita’) e desideri (desideri di rispetto), insomma rinunciare a tutto quel pacchetto di comportamenti, emozioni, affetti che “normalmente” caratterizza i rapporti familiari e sociali e che in queste famiglie sono un miraggio... Che fatica per queste mamme, con i figli e anche con se stesse.

“Per andare avanti abbiamo tutte mediato, accettato, digerito e tirato avanti. I nostri figli sono stati e continuano ad essere "diversi" da tutto quello che sognavamo di costruire insieme a loro. L’accumularsi del dolore dentro di noi a volte richiama la nostra attenzione. Accudiamo i nostri ragazzi con tutte noi stesse, ma poi dobbiamo trovare anche la strada piu’ difficile, quella per accudire noi stesse 💖”.

Eppure… eppure queste mamme non si arrendono mai, non perdono la speranza, continuano a pensare di aver ricevuto un dono e cercano di meritarselo ogni giorno… cercando anche tutti i possibili aiuti dalle istituzioni, da operatori e specialisti, chi piu’ e chi meno esperto.

Gia’, perche’ non tutti gli specialisti hanno le competenze necessarie; e il rischio, con gli operatori che non hanno competenza specifica sull’adozione, e’ sempre quello di sbagliare obiettivo: di concentrarsi sui SINTOMI della crisi, ovvero sui comportamenti dei ragazzi e sulla relazione con i genitori adottivi, anziche’ sulle CAUSE, ovvero su quello che c’e’ stato PRIMA dell’adozione. La psicologia specializzata sta facendo molti progressi, ma molto c’e’ ancora da fare. E anche quando e’ necessario un allontanamento temporaneo dei ragazzi, molte strutture non sono adeguate per competenze e capacita’ progettuali… anche di questo le mamme ci raccontano attraverso le loro testimonianze dalle pagine del libro.

Sulle difficolta’ in adozione la competenza e' limitata e i dati a disposizione sono ancora pochissimi, ma l'interesse sta crescendo man mano che migliaia di bambini adottati all’inizio degli anni 2000 raggiungono l’adolescenza. L’Universita’ Cattolica del Sacro Cuore ha svolto una ricerca sulle adozioni difficili, di cui e’ pubblicata una sintesi nell’Appendice del libro. Voglio ringraziare la professoressa Rosa Rosnati e il suo Team di ricercatrici, della Facolta’ di Scienze Politiche e Sociali - Dipartimento di Psicologia, per questo importante lavoro e per il continuo impegno nello studio della Psicologia dell’Adozione, che certamente contribuira’ ad individuare sempre meglio i rischi e i fattori di protezione, e permettera’ di migliorare la formazione degli operatori: assistenti sociali, educatori, avvocati, giudici...

Il post adozione e’ ancora carente, lo sappiamo, e la formazione degli operatori e’ un fattore chiave. D’altra parte da queste esperienze abbiamo imparato che, SE e quando scoppia la tempesta, il dolore e’ nei ragazzi e soltanto loro potranno superarlo, per quanti sforzi facciano le famiglie e gli specialisti. Molto pero’ si puo’ fare, stando loro vicini e cercando di muovere le leve giuste perche’ raggiungano la consapevolezza e la volonta’ di superarlo, perche’ decidano di cominciare a costruire il loro futuro anziche’ distruggere il passato e se stessi.

Quello che e’ certo e’ che, come gia’ si diceva nel primo libro, queste mamme “non indietreggiano un solo millimetro nell’amore per i loro figli”. La stagione della disperazione e dello sgomento e’ passata, anche se lo sgomento a tratti ritorna. Alcune delle mamme di cui leggerete nel libro sono sostenute dai papa’, altre no, a volte i papa’ sono addirittura ostili… e la fatica e’ ancora maggiore, la responsabilita’ piu’ pesante, lo smarrimento piu’ inquietante. Ma la speranza non le abbandona mai; sono forti, tenaci e piene d’amore. Si sostengono, provano e ricominciano, si mettono in discussione e sanno chiedere aiuto, senza mai perdere la speranza di trovare per i loro figli l’uscita del tunnel. Ascoltiamo allora le voci di queste M.A.C.: sono Mamme Adottive Coraggiose.