Una volta l'abate Arsenio giunse in un luogo dove c'erano delle canne che erano mosse dal vento. Chiese la ragione di quella agitazione e i fratelli risposero che erano solo delle canne. Il vecchio però sapeva - conclude l'apoftegma - che basta il verso di un passero ad alterare le condizioni di chi vive nel raccoglimento.
Le parole, i comportamenti dei padri, evocano continuamente questo silenzio, originato dalla solitudine e dal deserto. Un silenzio che di fa sguardo, che si trasforma in contemplazione, che rieduca la vista a posarsi sulle cose e ad avvolgerle in un velo di quiete attraverso il quale ci vengono restituite nel loro stupore e nella loro semplicità originaria.
Nel rumore assordante della nostra società fatta di comunicazioni, di notizie che si consumano presto, di flussi telematici, ma che ormai ha dismesso la vera e profonda materia del dire, é possibile ritrovare in questi Detti dei Padri del deserto squarci d'essenze, voli di silenzio, intuizioni di verità che ci restituiscano al ritmo del nostro respiro, al senso del vento, alla fibra tenue di noi stessi, come talvolta ci pare di avvertire nella voce di un passero.
Qualche detto
Bessarione 12 - p. 87
I discepoli raccontavano dell'abate Bessarione che la sua vita era stata come quella degli uccelli nell'aria, dei pesci, degli animali di terra e che era stato tutto il tempo della sua esistenza in pace e senza preoccupazioni. Non aveva infatti il pensiero di una casa, né la sua anima sembrò che fosse dominata dal desiderio di un luogo in particolare, dall'eccesso di cibo, dal possesso di beni o dall'abitudine ai libri. Era libero in tutto e per tutto dalle passioni del corpo. Nutrito dalla speranza del futuro e fermo nella roccaforte della fede, egli sopportava, come un prigioniero, qualsiasi posto, resistendo al freddo e alla nudità oppure alle ustioni provocate dal calore del sole, stando sempre all'aperto. Si graffiava andando in giro su per le rocce dei deserti e gli piaceva spingersi sovente, come se andasse per mare, in vaste e inabitate regioni di sabbia. Se gli capitava di andare in luoghi più civili, dove i monaci conducono una uguale vita tra di loro, stando in comune, rimaneva fuori dalla porta, piangeva e si lamentava come uno che è stato vittima di un naufragio. E se uno dei fratelli fosse uscito, lo avrebbe trovato nella condizione di un mendico, a sedere, come uno dei poveri del mondo e, fattosigli vicino, gli avrebbe pietosamente detto. "Perché piangi, uomo ? Se ti manca qualcosa di necessario, a seconda delle nostre possibilità, lo potrai avere. Adesso entra dentro, mangia insieme a noi e ristorati." Ma lui avrebbe risposto che non si poteva fermare sotto un tetto, prima di aver trovato i beni della sua casa, dicendo infatti che in modi diversi aveva perduto molte ricchezze : si era imbattuto nei pirati, aveva fatto naufragio, decadendo dal suo alto rango e diventando da nobile ignobile. E l'altro, dolendosi per un tale racconto, rientrando nella cella, preso un pezzo di pane, glielo avrebbe offerto dicendo : "Prendi questo, padre. Il resto te lo concederà Dio, la patria, la nobiltà, le ricchezze di cui tu parli." Ancor più addolorato, stringendo fortemente i denti, egli avrebbe aggiunto : "Non saprei dire se sarà possibile ritrovare ciò che io cerco dopo averlo perduto. Per adesso sono contento di rischiare ogni giorno la vita, senza avere nessuna tregua nelle mie immense disgrazie. L'unica urgenza infatti è che io vada continuamente errando, finché non avrò finito la corsa".
Sincletica 9 - p. 331
Disse ancora: "Non cercare nel fatto che digiuni il pretesto della tua malattia, giacché anche chi non lo fa, spesso cade negli identici mali. Hai cominciato ad operare il bene? Non fermarti se il Nemico te lo impedisce, poiché la tua pazienza rende inutili i tuoi sforzi. Infatti coloro che intraprendono una navigazione inizialmente sfruttano il vento a favore. Se hanno spiegato le vele e poi capita loro di imbattersi in un vento contrario, non per questo i marinai abbandonano la nave, piuttosto si fermano oppure lottano contro la tempesta e quindi riprendono il mare. Allo stesso modo pure noi, se spira un vento contrario, issiamo, come se fosse una vela, la croce e portiamo a termine il viaggio per mare senza timore.
Detti dei Padri del deserto
Edizioni Piemme, 1997
ISBN 88-384-2899-9