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L’Asso di Coppe. Tutti ne abbiamo almeno uno, in un mazzo di carte piacentine o napoletane.
L’Asso di Coppe è il protagonista, indiscusso, delle tavolate a quattro dei bar nostrani, tra le due coppie leggendarie di compari di gioco.
La nostra ultima commedia vuole farci riflettere proprio su questo microcosmo complesso che è l’interno di un bar di paese.
Se chiudiamo gli occhi, ne abbiamo un’immagine vivida: un tavolo di plastica; 4 sedie sbiadite dal sole; un paio di bottiglie di Peroni semivuote, forse con una cicca di sigaretta che ci galleggia dentro.
In questo bar c’è gente che viene e gente che va: ci sono clienti affezionati, persone che si fermano solo per un caffè o un aperitivo.
Tutti satelliti di questa galassia che si regge proprio sull’Asso di Coppa o cioè in altre parole, sul gossip, sul saperne di più degli altri, sulla critica che lascia il tempo che trova, sulla “creazione” della chiacchiera più succosa, più fresca, più scandalosa.
Con situazioni assurde, scene familiari, sfumature di vita passata e contemporanea, speriamo di farvi fare qualche risata e di parlarvi, sottovoce ma a cuore aperto, di tutti gli assi di coppe del mondo.
“Fools”, opera del grande Neil Simon, adattato e diretto da Simone Ignagni,
è un vero e proprio inno alla “demenza” e alla “stupidità”, una favola composta sulla falsa riga della commedia degli equivoci che, tuttavia, riesce ad andare ben oltre il solito canovaccio. “Fools” infatti indaga quel confine sottilissimo fra ilarità delle situazioni e dramma dei singoli personaggi, generando tutta una serie di riflessioni e domande: può la stupidità preservare dall’infelicità? Si può godere della pienezza dell’amore se si è privati della profondità di pensiero?
L’adattamento cerca di attingere a piene mani dalla “foolishness” dei personaggi (3 dei quali inventati di sana pianta dal regista e inseriti organicamente nella fitta trama) nel tentativo di porre attenzione ai nodi più profondi alla base della drammaturgia: chi è il vero stupido? E quanto la manipolazione sociale da parte dei poteri forti si serve della propria superiorità per governarci a proprio piacimento?
La commedia in due atti, ha come protagonista Felice Sciosciammocca, celebre maschera del teatro di Eduardo Scarpetta. La trama ruota attorno all'amore del giovane nobile Eugenio per Gemma, una ballerina figlia di Gaetano Semmolone, un cuoco arricchitosi dopo la morte del padrone. Il ragazzo è ostacolato però dal padre, il Marchese Ottavio Favetti, che si oppone al matrimonio del figlio per via del fatto che Gemma è figlia di un cuoco. Eugenio si rivolge quindi a Pasquale il fotografo e al suo amico scrivano Felice per trovare una soluzione. Felice, con Pasquale e la sua famiglia, si introdurranno a casa del cuoco fingendosi i parenti nobili di Eugenio. La situazione si complicherà con l’arrivo di Luisella, seconda moglie di Felice, e la presenza a casa di Gaetano del vero Marchese Favetti, assiduo corteggiatore della ragazza, che frequenta la casa con lo pseudonimo di Bebè. Il figlio, scopertolo e minacciatolo di rivelare la verità, lo costringerà a dare il suo consenso per le nozze.
Alberto Saporito, erede con il fratello Carlo e il vecchio zio Nicola di un'arte inattuale come quella dell' "apparatore di feste", ha sognato un delitto: l'assassinio da parte di una famiglia di vicini, i Cimmaruta (che vivono una condizione di sospetto benessere economico), dell'amico Aniello Amitrano. Anche lui, come molti personaggi eduardiani, scambia il sogno per la realtà, e denuncia il delitto al commissariato. Ma sia le prove che il cadavere stesso mancano. Eppure il fatto/ombra produce conseguenze reali: i vicini finiranno con l'imputarsi a vicenda, di nascosto l'un dall'altro, perché ognuno di loro è pronto a vedere il mostro nell'animo dell'altro.
Le voci di dentro è un affresco corrosivo della nostra società, in cui odio ed invidia sono i convitati di una cena che si consuma ogni giorno tra ipocrisia e corruzione morale. Senza tener conto che, "in un mondo di sordi", ad essere uccisa una volta per tutte risulterà essere proprio LA PAROLA, intesa come strumento di comunicazione, fratellanza, stima reciproca: "E vi sembra un assassinio da niente?"
Liberamente tratto dal libro” I misteri del processo di Monti e Tognetti”
di Gaetano Sanvittore
Roma. 1867. I garibaldini sono alle porte e a Roma e tutto sta per cambiare. Monsignor Baldoni e’ un importante cardinale di Roma, membro del Tribunale della Sacra Consulta che vive con Serafino, il suo perpetuo, una quotidianità tranquilla, fatta, delle piccole cose che danno il senso della vita. E’ cinicamente consapevole che il potere temporale del Papa è ormai vicino alla fine del suo percorso storico ma, tutto sommato, non ne è dispiaciuto perché potrà tornare a fare quello che per lui è più importante. Per questo ha deciso di dare le dimissioni da tutte le sue cariche. Vuole essere, come dice lui stesso, “un prete solo un prete”.
Ma improvvisamente nella notte suonano alla porta: è la principessa Rizzi una nobildonna romana che il Monsignore conosceva fin dal 1849 e che lo costringe ad affrontare una realtà difficile insospettata, fino a quel momento . E allora Gli eventi cominciano a correre, Monsignore cerca di affrontarli al meglio con il disincantato spirito dei romani e si trova, lui Giudice, a dovere nascondere nella sua casa un giovane rivoluzionario. In un alternarsi di risate e commozione i personaggi troveranno alla fine il loro destino. Sullo Sfondo Roma, apparentemente aperta sonnolenta e immutabile.
Ma, a Roma, si sa, è sempre n’artra storia.
Inverno tra il 1943 e il 1944, Roma. La Seconda Guerra Mondiale fa da sfondo, la gente vive fra la paura dei rastrellamenti da parte dell’esercito tedesco e dei bombardamenti quotidiani. Povertà e miseria la fanno da padrone.
Ci si arrabatta come si può per crearsi una parvenza di normalità, una parvenza di vita, semplicemente per sopravvivere o non morire.
In questo scenario una scombinata compagnia di varietà, in uno scantinato adibito a rifugio, prova il nuovo spettacolo. Tutti i membri sono seriamente intenzionati a portarlo in tournée, con l’ambizioso obiettivo, però, di portarlo all’Alcazar e in altri teatri più o meno importanti… Ce la faranno?
Un impresario dispotico, la sorella zoppa, un ballerino gay, tre ballerine attempate in competizione fra loro, un incarcaserci impacciato, ma aspirante ballerino, una sarta rifinita e un’attrice drammatica coi pantaloni, prestata alla comicità con dubbio esito.
Sono questi i personaggi che compongono questa compagnia di varietà, di cui il testo di Gianni Clementi racconta le vicissitudini e nel quale il sorriso e le lacrime si alternano.
Lo spettacolo è, però, molto di più per loro. È un modo per vivere una normalità che non esiste, è una visione su un futuro che sanno essere incerto e che potrebbe non arrivare mai.
Soprattutto è l’unico rifugio che li protegga dagli orrori della guerra, dalle violenze dei nazisti e dal dolore della morte e della solitudine.
Uno spettacolo per non dimenticare mai.
9 maggio 2025 ore 18
16 maggio 2025 ore 21
23 maggio 2025 ore 21
La sala apre al pubblico circa 30 minuti prima dello spettacolo
Spettacoli e date proposte potranno subire variazioni.
L’abbonamento è strettamente personale.
I fuori cartellone (saggi) non rientrano nell’abbonamento, sono ad ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.
Previa richiesta sarà reso disponibile anche un percorso senza barriere architettoniche.
Per raggiungere il Teatro Comunale di Arce in macchina
Partendo da Roma (o zona circostante):
Prendi l'autostrada A1 (Autostrada del Sole) in direzione Napoli.
Esci all'uscita Ceprano (che è l'uscita più vicina per raggiungere Arce).
Dopo aver lasciato l'autostrada, segui le indicazioni per Arce. La strada da seguire sarà la SP91 o la SP82, a seconda del percorso.
Quando entri nel comune di Arce, segui le indicazioni per il centro del paese
per maggiori info e contatti:
Giuseppe A. Violetta cell. 3392415741
email: giuseppevioletta@yahoo.it
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