Giorno della Memoria

Hessy Levinsons Taft

“Questa è una fotografia che ritrae me, Hessy Levinsons, scattata quando avevo circa sei mesi. È stata pubblicata sulla copertina di una rivista nazista datata 24 gennaio 1935. Vuole rappresentare il perfetto bambino ariano, ma ero io. Una bambina ebrea. Sulla copertina di una rivista nazista”. Hessy Levinsons Taft, che ha ora ottant’anni e insegna chimica a New York racconta che negli anni Trenta i nazisti avevano lanciato un concorso per scegliere il bambino ariano più bello, che sarebbe servito per una massiccia azione di propaganda. Un fotografo professionista, Hans Ballin, aveva fotografato la piccola Hessy su richiesta dei suoi genitori. Spaventati delle possibili ripercussioni hanno chiesto a Ballin la motivazione del suo gesto e il fotografo, ben sapendo che la piccola era ebrea, aveva dichiarato di voler rendere ridicoli i nazisti.

La famiglia di Hessy Levinsons riuscì nel 1938 a fuggire a Parigi, per poi arrivare a Cuba e infine negli Stati Uniti, nel 1949. I nazisti non fecero in tempo a scoprire che il loro modello di bambino ariano era, in realtà, una bimba ebrea… quella stessa bimba che ha da poco consegnato le fotografie a Yad Vashem, non senza provare – sono le sue stesse parole – “Un leggero senso di vendetta compiuta, e un poco di soddisfazione”.

Secondo noi, il fatto che i nazisti non si erano accorti che il loro modello di bambino ariano era un ebreo, sta a significare che non c’è alcuna differenza fra un bambino tedesco e un bambino ebreo. Come dice Hessy una piccola vendetta compiuta e un poco di soddisfazione, poco sufficiente però per recuperare tutto il male fatto.

Carlo Angela

Carlo Angela è stato un medico, politico e un antifascista italiano. Come direttore sanitario della casa di cura per malattie mentali, riuscì a dare rifugio a partigiani antifascisti e a numerosi ebrei, salvando loro la vita.

Lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti e dei loro alleati fu contrastato da pochi uomini, impegnati a salvare più vite possibili. Grazie al suo ruolo Carlo Angela riuscì in quegli anni a falsificare molte cartelle cliniche, ricoverando persone perfettamente sane e togliendole alle grinfie del sistema di sterminio.

Sospettato dalla polizia fascista, Carlo fu interrogato a Torino e rischiò la fucilazione. Angela non pubblicizzò mai questa sua attività, che rimase sconosciuta ai più fino al 1995, quando la pubblicazione di diari di alcuni ebrei da lui salvati ne fecero conoscere le imprese. Nel 2001 una commissione israeliana ha dichiarato Carlo Angela Giusto tra le Nazioni, un riconoscimento per chi ha rischiato la vita per salvare degli ebrei.

Il suo esempio è stato fondamentale, perché non ha appoggiato gli altri tedeschi come hanno fatto tantissime persone, ma ha lottato mettendo in pericolo anche la sua vita, proteggendo tanti ebrei e salvando la loro vita.

Destinatario Sconosciuto

Il libro "Destinatario sconosciuto" racconta la vicenda di due grandi amici, un’amicizia che viene interrotta dal dilagare dell’ideologia nazista.

Il testo è in forma epistolare, raccoglie una conversazione mediante lettera tra i due amici e soci di lavoro, in seguito al trasferimento di Martin in Germania.

Scrivono delle lettere per tenersi in contatto, ma il loro rapporto cambia lentamente ed in modo fuori dal normale. Si può rinunciare ad una persona cara solo per rincorrere un ideale politico? SI può addirittura arrivare a fare del male a persone che in passano hanno fatto parte dei nostri amori? Consigliamo a tutti di leggere questo libro per comprendere cosa succedeva nella vita quotidiana durante la seconda guerra mondiale.

Se questo è un uomo

Il libro “Se questo è un uomo”, scritto da Primo Levi tra il 1945 e il 1947, racconta della sua brutta esperienza vissuta nei campi di concentramento di Auschwitz, durante la Seconda guerra mondiale, quel dolore così profondo che non è riuscito a rimanere lì, dietro quel filo spinato dei campi, ma lo ha portato con sé per il resto della vita che gli restava.

Primo Levi venne sottratto dalla sua vita giornaliera dai nazisti per poi essere condotto nei campi di concentramento, luogo in cui l’autore e i suoi coetanei erano privi di dignità e diritti umani, essi venivano costretti a dividersi dalla propria famiglia, obbligati a fare lavori pesanti, denutriti e privi anche di nome…erano sostituiti dai numeri stampati sulla pelle.

Primo levi in questo libro ci descrive una realtà fatta di violenze senza limiti, violenze non solo fisiche ma anche psicologiche, piene di umiliazioni tanto che non provavano neanche più emozioni, infatti l’autore pensa che questi campi furono costruiti per trasformare gli esseri umani in bestie e costretti a lottare uno contro l’altro per sopravvivere.

L’autore ci racconta che in quel luogo la morte era accanto a loro, ci descrive quanto era difficile quella vita. In contrapposizione, ci descrive come lui trova una forza in sé, il coraggio e la necessità di non lasciarsi andare.

Questo romanzo mi è piaciuto molto perché tratta una storia vera ed estremamente toccante, perché oltre alle descrizioni dettagliate come importante documento storico, oltre ciò che è accaduto ai suoi compagni, la fine di tante vite, l’autore ci parla del coraggio che lui ha trovato dentro sé e della sua capacità di reagire ad un mondo crudele.

Io sono ebreo

Sono dentro questo capanno

al freddo, al gelo.

Ho i piedi doloranti, la schiena dolorante, gli arti doloranti.

Non posso farmi vedere con la schiena sanguinante,

altrimenti mi mandano in quella camera.

Quella camera...con quel gas letale...

Io porto sacchi di materiale pesante ogni giorno.

Io sono uno scheletro,

non mangio da giorni.

Io...non c'è la faccio più.

Ma trovo speranza, guardando quei grigi cancelli.

Io sono forte;

io sono pieno di spirito combattivo;

io sono ebreo.

Io combatterò per i miei familiari rimanendo ebreo.

Uomo apatico, uomo senza pietà,

dove sei?

io uscirò qui da ebreo,

quando tu Hitler perderai la tua vita.

Francesca Capozzoli

Il più grande sbaglio dell'umanità

Per un’idea di razza migliore

Tu uomo, dall’aspetto comune

e dall’aria sicura

mi prendesti con l’inganno

e mi portasti in un campo.

Giorno e notte, confinato dietro filo spinato,

lontano da tutti e da tutto.

Vedevo i miei compagni,

anime che vagavano senza dignità

con occhi pieni di dolore e afflizione

e tu, spietato e privo di umanità.

Solo un numero mi distingueva,

un numero privo di significato

tatuato sul mio braccio consumato.

Vivevo ogni giorno senza sapere

cosa il destino mi avrebbe riservato.

Vivevo il momento con la certezza di voler essere vivo

e l’incertezza di non poterlo essere domani

Poi è accaduto… ora sono morto

e vengo ricordato e commemorato

e tu sarai per tutti

Il più grande sbaglio dell’umanità.

Miriam Musone

L'ultimo respiro

Sentirsi in una gabbia,

senza amici, parenti, senza mamma e papà.

Sentirsi vuoti,

con un buco nello stomaco

ed una pietra al posto del cuore,

sentire la rabbia trasformarsi in lacrime,

lacrime povere, inutili.

Sentire il fiato diminuire,

tanti bambini urlare

con quella poca voce che resta in loro.

Sentire gli occhi bruciare per l’abbondanza di gas,

veleno che segna la nostra morte,

la morte di persone innocenti,

di persone comuni

che non hanno fatto nulla di male,

persone rassegnate a vivere la fine della propria vita

in un mondo ingiusto,

in un posto buio, privo di bontà

e ricco di individui meschini

capaci di scatenare una delle tragedie più grandi al mondo.

Il giorno della memoria,

la Shoah, lo sterminio degli ebrei,

vite innocenti condannate a morte.

Bambini morti con la speranza

di un eroe che venga a salvarli.

L’ultimo respiro,

il più brutto.

Vedere gente caduta in silenzio,

un silenzio pauroso.

Vedere il terrore sul viso di chi hai accanto,

cadere in uno stato di indifferenza.

Tutto e niente oramai nulla più importa.

Chiudo gli occhi,

vedo il buio,

e mi immedesimo in un bambino

che perde la speranza

e si rassegna alla morte.

Maria Piccirillo