12 marzo 2020

Teoria d'artista

Ciò che per ogni altra arte non è che descrizione, per la musica è metafora. (Hanslick)

Vi è una remota teoria o supposizione secondo cui gli artisti nascondano sempre una sofferenza, un’afflizione (a volte palese, a volte recondita) che li turba e li muove. Coloro che sostengono tali idee argomentano, forse non a torto, che la condizione di sofferenza dell’artista sia dovuta alla personalissima sensibilità (s’intenda: superiore alla media); la quale lo porta sì alla altissime cime dell'arte, ma allo stesso tempo, per la medesima causa, è trascinato negli antri oscuri del dolore, il baratro dell’esistenza. Questi due estremi, vetta e abisso, sarebbero per cui irraggiungibili a chiunque altro non sia graziato da cotale sensibilità.

Vorrei riportare in questa sede, spero non risulti eccessivo, un’antica storia che mi è stata riferita come possibile interpretazione per un preludio di un Chopin (fa diesis minore, se la memoria non m'inganna). La vicenda narra di un giovane principe, sarà per noi il Principino, che per un motivo che ignoro fu rinchiuso dal re, suo padre, in una torre le cui finestre erano chiuse da imponenti sbarre. Per celia o scherno il crudele re impose su capo del figlio una corona. Dopo tristi e monotoni giorni di prigionia il Principino pensò di poter scappare chiedendo aiuto alla gente, che era tanta, che passava tutti i giorni ai piedi della torre. Per richiamare l’attenzione, o per palesarsi sarebbe meglio dire data la natura segreta della sua reclusione, cominciò a battere la corona che aveva con sé contro le sbarre delle finestre.Il risultato fu inaspettato (e terribile): la gente accorreva in massa ai piedi della torre per ascoltare il magico e attraente suono. Quello che per il Principino era un grido disperato d’aiuto, per i passanti era la più bella musica mai udita. Nessuno neanche lontanamente, si preoccupò mai di chiedersi la causa dell’inspiegabile concerto, perchè nessuno si sarebbe mai sognato di interrompere quel miracoloso suono.

Il significato che vorremmo dare a questa storia non è poi così difficile da intendere: il Principino altro non è che il prototipo dell’artista che abbiamo tratteggiato poco sopra. La sua condizione è quella di colui che attraversato dalla sofferenza si slancia verso un grido d’aiuto, un’espressione del suo dolore, che viene ignorato, ignorato solo nelle alle cause però. Questa è l’arte: un tentativo incompreso di liberazione. Non è compresa nella sue cause intime (intime nel titanico creatore), addirittura per essere chiamata tale l’arte deve necessariamente non essere compresa quindi interpretata diversamente dalle intenzioni dell'artista. Insomma proseguendo su questa strada il rapporto con l’opera d’arte è asimmetrico, solo uno dei due soggetti in gioco (lo spettatore passivo) gode dell’oggetto, l’artista invece ne soffre, è per lui la sofferenza stessa. Non c’è arte senza ignoranza.

Se queste supposizioni siano da tenere in buon conto, sarà giudice il lettore. Noi abbiamo ritenuto opportuno, visto l’alto numero di sostenitori di queste e simili teorie, di riportarle, seppur sommariamente.

La musica non è l’espressione di un sentimento, ma il sentimento stesso. (Debussy)

Marco Gatti


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