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L'Italia in rivolta

Le manifestazioni in tutta la penisola


Dopo il DPCM, entrato in vigore il 26 ottobre, in Italia ci sono state, e continuano ad esserci, una serie di manifestazioni di piazza, di cui alcune violente, per protestare contro le restrizioni.

A lamentarsi non sono solo ristoratori e lavoratori, penalizzati da queste norme, ma anche black bloc e ultras (“Ma a Torino, Milano, Trieste e Napoli la protesta viene strumentalizzata e degenera: black bloc, ultrà, militanti di Forza nuova e pregiudicati, "non esercenti" faranno poi sapere le questure, hanno messo a ferro e fuoco i centri città.” Fonte: www.quotidiano.net). Chi è sceso in piazza ha paura delle chiusure, le quali porteranno problemi economici, e nessuno vuole rivivere la situazione del marzo scorso. Molte le città dove sono scesi in piazza i manifestanti: Milano, Napoli, Roma, Torino e Palermo, ma anche Firenze, Viareggio e Catania. Vista la grave situazione e gli attacchi violenti, il Viminale afferma che non tollererà eccessi sotto questo punto di vista. I manifestanti chiedono di non dover pagare tasse per questo periodo e di ricevere aiuti concreti (con contributi, però, in base alla perdita di fatturato). Alfredo Zini, che ha organizzato la protesta, spiega le sue ragioni: “Questo decreto è peggio del lockdown. Ci sarà così un mercato parallelo di abusivismo, la gente potrà acquistare alimentari e alcolici e consumarli anche abusivamente per la strada. Chiediamo un allineamento del DPCM e dell’ordinanza regionale, uno dice chiudere alle 18 e l’altra alle 23“.

C’è da dire, però, che non tutte le manifestazioni sono state violente. Napoli è l’esempio perfetto e mostra i suoi due lati: se da una parte è la città che ha fatto più clamore con la prima manifestazione violenta, dall’altra sul lungomare ha organizzato una manifestazione pacifica con duecento persone, le quali si sono limitate a esporre striscioni e urlare slogan tramite megafono. Tutto ciò è stato considerato un atto di grande civiltà da parte di tutti.

Iniziando a salire, una manifestazione c’è stata anche nella nostra città, Roma, proprio vicino alla nostra scuola. A Campo de’ Fiori alcune persone, molte di esse legate a movimenti politici estremisti, hanno fatto partire un corteo non organizzato per arrivare a Montecitorio. Ci sono stati petardi e lanci di vetri e bottiglie verso le forze dell’ordine, mentre i proprietari dei locali della piazza hanno dovuto di corsa togliere tutto e chiudere momentaneamente le proprie attività, al fine di evitare danni. Successivamente, la polizia ha chiuso la piazza, dopo che i manifestanti si sono spostati in via dei Baullari. Nella capitale altre manifestazioni ci sono state in piazza Indipendenza, però in maniera più lieve e civile, con distanziamento, mascherine, rispettando la decisione presa del governo ma chiedendo aiuti precisi.

Nel pomeriggio del 31 ottobre, invece, a Firenze c’è stato un flash mob in San Lorenzo, con una manifestazione non autorizzata durante la quale, però, è stato affermato che “non c’è bisogno di violenza, ma le persone sono stanche”.

Per riportare altri casi a Torino, in piazza Vittorio, sono stati mostrati diversi striscioni, i quali riportavano la scritta “NO al DPCM e al lockdown” e anche i tassisti della città hanno sostato, in forma di protesta, davanti all’Allianz Stadium, per far notare i danni economici che porteranno queste restrizioni.

Da segnalare, invece, il caso a Trieste dove i commercianti-manifestanti hanno iniziato a cantare l’inno d’Italia e i poliziotti, lì solo per garantire il rispetto delle regole, si sono tolti i caschi in segno di solidarietà.


E voi cosa ne pensate di tutta questa situazione? Pensate siano giuste o sbagliate queste restrizioni? Fatecelo sapere sulla nostra pagina Instagram @il.capitello

Inoltre, proprio a proposito delle restrizioni, troverete sul sito una sintesi, scritta da Matteo De Simone, dell’ultimo DPCM (04/11).


15.11.2020

Da Natalucci Alessandro V B

Elezioni USA 2020, vince Biden

Possiamo essere avversari, ma non siamo nemici. Siamo americani.”


Si sono ufficialmente concluse le elezioni Usa 2020 che hanno visto il vice di Barack Obama, Joe Biden sfidare l’attuale presidente Donald Trump. Nel quarto giorno di spoglio il candidato democratico è stato eletto presidente. Il sogno americano di Joe Biden si è avverato dopo più di 40 anni. Quello che viene ormai considerato il presidente eletto degli Stati Uniti, è riuscito a raggiungere il traguardo della Casa Bianca solo alla soglia dei 78 anni. Ci aveva provato altre due volte, nel 1988 e nel 2008. Non si era mai dato per vinto rimanendo in servizio e trascorrendo più di 37 anni al Senato e altri 8 alla Casa Bianca come vice-presidente di Barack Obama dal 2009 al 2017.

Ma come mai il risultato ufficiale è arrivato ben quattro giorni dopo l’election day? La risposta può essere trovata nelle oltre 100 milioni di persone che hanno votato anticipatamente, molte di queste tramite posta. Il risultato quindi non è stato chiaro dal primo momento perché sono stati conteggiati prima i voti in persona e successivamente quelli postali.

Il sistema elettorale degli Stati Uniti è completamente differente da quello presente in Europa e nel resto del mondo, infatti può capitare che il candidato con meno voti sia il vincitore delle elezioni. Questo perché è un sistema basato sul collegio elettorale, composto da 538 grandi elettori, ogni stato ha un numero diverso di grandi elettori, ad esempio la California ne ha 55 e il Wyoming solamente 3, una volta che un candidato vince anche solo di un voto in California, ottiene tutti i grandi elettori dello stato. Per diventare presidente degli Stati Uniti occorrono 270 grandi elettori, poco importa quanti voti di persone reali siano stati raccolti al livello nazionale, nel 2016 per esempio il candidato Repubblicano Donald Trump vinse le elezioni pur avendo perso il voto popolare. Ma come mai degli stati hanno più elettori di altri? Il numero di elettori che uno stato riceve è determinato dal numero combinato dei membri della: U.S. House of Representatives (Camera dei rappresentanti) e dal Senato. La California ha quindi 53 membri all’interno della House of Representatives e due nel Senato. Più alta è la densità della popolazione e più rappresentanti avrà lo Stato, la California infatti ha quasi 40 milioni di abitanti, e il Wyoming meno di 600 mila. Le ultime elezioni si sono giocate come quelle precedenti nei cosiddetti “swing states”, Stati che nella storia hanno alternato la loro fedeltà politica, a differenza di Stati che invece negli anni si sono riconfermati da una parte o dall'altra. A New York, ad esempio, la maggioranza da sempre è democratica, così come il Texas è invece considerato repubblicano. I suddetti Stati sono: Florida, North Carolina, Pennsylvania, Arizona, Ohio, Georgia, Wisconsin e Michigan. Il candidato democratico ha ottenuto 5 degli stati in bilico, così da riuscire a raggiungere i 270 grandi elettori richiesti per essere eletto presidente. Ma Donald Trump non ci sta e rifiuta di concedere le elezioni. Il presidente uscente ha fatto sapere che non ha alcuna intenzione di ammettere la sconfitta. Non solo, ha annunciato che da lunedì partiranno le battaglie legali per ribaltare l’esito del voto: i repubblicani hanno tempo fino all’8 dicembre, entro questa data dovranno essere concluse tutte le controversie, a partire da quelle sul voto postale che è ancora in fase di scrutinio in alcuni Stati. La deadline vale anche per il riconteggio dei voti, per le cause nei tribunali e per l’eventuale ricorso alla Corte Suprema. Le prime parole di Biden dopo l’esito delle elezioni: “Sono onorato che sia stato scelto per guidare il nostro grande Paese”. Insieme a Biden viene anche eletta la senatrice californiana Kamala Harris, che passerà alla storia come la prima vicepresidente donna degli Stati Uniti.


10.11.2020

Da Jacopo Policastro IV A

GEOLOGIA

UNA SCIENZA VIVA


Ammettiamolo. Nessuno di noi pensa alla geologia come a qualcosa di veramente interessante. Quando durante l’anno arriva il momento di studiare il fatidico modulo di “scienze della terra” il pensiero più comune è:” ancora?! Ma i vulcani li abbiamo già studiati l’anno scorso!”

Perché la geologia viene subito associata ai minerali, alle rocce, ai terremoti e ai vulcani. Al massimo c’è l’entusiasmo di chi spera di alzare un po' la media (perché tutto sommato cosa ci vuole a ripetere i diversi tipi di eruzione vulcanica?).

Quello a cui non si pensa mai, invece, è quanto la geologia sia così strettamente legata a tutto ciò che facciamo quotidianamente. Chi decide se un terreno è adatto a costruire una casa o dove far passare la metropolitana? Come si fa a stabilire la datazione di un reperto archeologico? Come si può capire se è sicuro estrarre materie prime (petrolio, gas, minerali preziosi…)? Tutte queste azioni dipendono in parte o completamente dagli studi del territorio che vengono fatti dai geologi.

Nelle scuole italiane la geologia è una delle scienze più sottovalutate e meno studiate. Nella maggior parte dei casi ciò che si studia rimane come una serie di informazioni sterili, lontane dalla realtà e prive di un reale significato; alla fine vengono rimosse totalmente.

L’ignoranza in materia porta quindi a costruire sulle pendici di vulcani attivi, tombare (letteralmente sotterrare) fiumi e corsi d’acqua, costruire enormi dighe senza prendere in considerazione l’impatto dello stravolgimento del territorio, estrarre risorse in maniera indiscriminata. La mutilazione e lo sfruttamento del territorio ha lo stesso peso ambientale delle isole di plastica o dei gas serra, e gli effetti sono altrettanto catastrofici.

Nel 2017, a Livorno, il Rio Maggiore, interrato per un 1,5 chilometri provocò un’alluvione causando 8 morti; era stato tombato nel 1986 proprio per evitare le alluvioni. La stessa cosa accadde a Genova nel 2011. Sono solo alcuni dei tanti casi in cui la natura, maltrattata dall’uomo si è ripresa ciò che le apparteneva.

In un paese come l’Italia, quasi completamente ad alto rischio sismico e idrogeologico, con 10 vulcani attivi su tutto il territorio e posto a cavallo fra due placche continentali, l’ignoranza in questo frangente non è ammissibile. La geologia è una scienza viva, presente nelle situazioni di tutti i giorni, indispensabile per la salvaguardia dell’ambiente, e merita più attenzione di quanta gliene viene data


04/06/19

Giada Cortellesi

CHIACCHIERE CON GUCCINI

Un testo ispirato dal dialogo tra Petrarca e, il suo punto di riferimento, Sant’Agostino così quindi un‘ adolescente del 21 secolo, si confida con il suo punto di riferimento, la Musica, il suo cantante preferito.

Lei confusa e intimorita da una sensibilità “di troppo” e incapace di gestire, si rispecchia nell’artista Francesco Guccini che le risponderà con delle frasi tratte dalla sua canzone “Vedi cara”, rassicurandola di questa virtù e che non essere compresi è una cosa per pochi. Un testo che va interpretato e sentito proprio.


Guccini: vedi cara, è difficile spiegare, è difficile parlare dei fantasmi di una mente.

cecilia: Fantasmi di una mente? È così che ti riferisci al mio, il nostro voler vedere a tutti i costi “l’oltre”? Ma perché fantasmi? perché non è sempre cosa buona? Perché fa stare male? o perché sono profondità che non riusciamo rendere visibili a tutti? Che poi forse a te quest’ultima non ti importa, se non ti colgono appieno non ti importa eppure a me è proprio questo che fa male e spesso vorrei non avere niente di così nascosto da voler condividere.

Guccini: Vedi cara, è difficile a spiegare, è difficile capire se non hai capito già.

Cecilia: Spero di averti capito, ma davvero però, non come gli altri capiscono quel che provo a trovare.

Cerco di andare oltre a tutte le cose, a tutte le persone, a tutto l’essere anche quando “l’oltre” non c’è e quando qualcuno me lo fa notare mi sento piccola così e mi metto la mano davanti alla bocca come ad aver detto una cattiveria e ho paura che gli altri mi vedano come quella che vuole fare la donna vissuta o la pesantona.

Guccini: Vedi cara, certe volte siamo in cielo come aquiloni al vento che a terra ricadranno.

Cecilia: Si! È così! È quello che faccio per trovare qualcosa, infilo la testa tra le nuvole. Però vedi io non ho questa tua capacità di rendere pensieri difficili e lontani così facili e palpabili. Allora adesso pur di non sentirmi giudicata e fuori posto preferisco non dire nulla ma comunque sperare che la persona che ho davanti capisca quello che penso. Così faccio: Quando una cosa non mi interessa perché riconosco che non ha niente di più di quel che è, commento e commento e dico la mia così sicurante non sbaglio, la banalità non sbaglia mai, però poi mi sento stupida e scusa se lo dico e se può sembrare presuntuoso ma mi sento come gli altri e se pur in parte vorrei esserlo per evitare tutte queste crisi infondo poi non lo voglio, non riesco e la mia persona si ribella.

E invece quando c’è qualcosa e c’è qualcuno che mi chiede di indovinare quel qualcosa in più in un concetto allora sto zitta, sperando si capisca comunque perché penso che certe profondità a parlarne o a descriverle si sminuiscano e poi comunque se qualcuno me lo chiede è perché infondo lo sa o qualcun altro tempo fa lo ha già indovinato allora penso che non è comunque alla pari di quella profondità che cerco io.

Pensa a sentirmi parlare io stessa mi sto antipatica.

Guccini: Vedi cara, certe crisi son soltanto segno di qualcosa dentro che sta urlando per uscire.

Cecilia: vabbene posso pure urlare, ma tanto urlo incomprensibile perché poi non si capisce e mi chiamano matta o tante altre frasi

Guccini: certe frasi sono un niente che non serve più sentire.

Non si capisce quando cerchiamo in una sera un mistero di atmosfera che è difficile afferrare,

quando ridiamo senza muovere il nostro viso,

quando piangiamo senza un grido,

quando invece vorremmo urlare,

quando sogniamo dietro a frasi di canzoni, dietro a libri e ad aquiloni, dietro a ciò che non sarà.

Cecilia: Vedi cara è difficile a spiegare, è difficile capire se non hai capito già. Forse ho capito Francesco, ma se non l’hanno capito gli altri?

Guccini: Vedi cara le stagioni ed i sorrisi

son denari che van spesi con dovuta proprietà.

Cecilia: come se stessi sperperando i miei fantasmi. Allora non è colpa loro, ma infatti che colpa hanno loro, loro vengono così e secondo me non decidono neanche in che capoccia atterrare perché sicuramente non atterrebbero nella mia che non so lasciarli andare agli altri, o forse loro infondo non vogliono distaccarsi da me o almeno fino a quando mi avranno aiutato a farli uscire come si deve. La colpa è la mia e alla mia continua voglia di appagamento e riconoscimenti.

Sono una bambina viziata Francesco, ecco i commenti degli altri anche nella mia mente sono ben accetti ormai.

Guccini: Non rimpiango tutto quel che mi hanno dato e non cercare in un viso la ragione.

Tu sei molto, anche se non sei abbastanza,

e non vedi la distanza che è fra i miei pensieri e i tuoi,

tu sei tutto, ma quel tutto è ancora poco,

tu sei paga del tuo gioco ed hai già quello che vuoi.

Io cerco ancora e così non spaventarti

Sii contenta della parte che tu hai,

ti do quello che mi dai, chi ha la colpa non si sa.

Cerca dentro per capir quello che sento,

per sentir che ciò che cerco non è il nuovo o libertà...

Vedi cara è difficile a spiegare,

è difficile capire se non hai capito già…


04/06/19

Cecilia De Santis

TEATRO IN CARCERE

L’evasione dal carcere tramite il teatro grazie all'impegno della regista e docente universitaria

Valentina Esposito


Il 19 dicembre dello scorso anno, abbiamo incontrato presso la nostra scuola Valentina Esposito, docente all'Università “La Sapienza” e regista. È stata ospite nel nostro istituto nel ruolo di direttrice del suo ultimo spettacolo "Famiglia" insieme agli attori Alessandro Bernardini, Alessandro Forcinelli, Fabio Rizzulo e Giancarlo Porcacchia.

L’Esposito lavora da ben 15 anni al suo progetto Fort Apache che consiste nel mettere in scena opere teatrali che vedono come protagonisti detenuti ed ex ristretti che si sono riscoperti attori teatrali.

Il suo obiettivo è quello di dare un nuovo futuro a questi ultimi, proponendogli un nuovo tipo di cultura.

Interessati ed incuriositi dal suo progetto le abbiamo posto alcune domande.

- Che cos'è il progetto Fort Apache e in che cosa consiste?

Il progetto Fort Apache è un progetto teatrale che fa parte delle attività trattamentali che sarebbero tutte quelle attività amministrative penitenziarie nazionali che offrono progetti ai cittadini detenuti per il reinserimento sociale e professionale, secondo l'art. 27 della legge n.354 del 1975, il cosiddetto ordinamento Penitenziario.

Questo progetto, inoltre, aiuta il detenuto anche dopo la reclusione in carcere, a reinserirsi nella società nel momento più delicato, cioè nel passaggio dal dentro al fuori l’istituzione carceraria.

- Quale messaggio si vuole far passare con lo spettacolo "Famiglia"?

Il messaggio che si vuole far passare sono le relazioni “distanti”, quelle che si sono allentate per vari eventi accaduti nella vita dei personaggi e soprattutto del rapporto padre-figlio.

Questo spettacolo non è autobiografico, quindi chiunque può immedesimarsi e riconoscersi nei protagonisti.

Agli attori in aula:

- Com'è stato esprimere le proprie emozioni, in un ambiente dove le emozioni non hanno spazio?

Giancarlo Porcacchia afferma che durante la detenzione si metteva una maschera per reprimere i propri sentimenti, per non farsi vedere debole in quanto non possedeva un'altra maschera al di fuori del carcere più dura e più forte.

Ma grazie al teatro è riuscito a tirare fuori i propri sentimenti, inoltre, mentre si trovava alle prove di teatro in quei momenti poteva sentirsi libero, senza pensare che fosse un detenuto.

Alessandro Forcinelli continua a dire che è giusto che si paghi per le proprie azioni, quindi rispettare le conseguenze ma anche in condizioni umane, infatti nel teatro ha provato più senso di libertà.

Il teatro viene concepito da tutti quelli che lo hanno provato come un modo di “respirare” di evadere, ma in maniera legale, delle ristrettezze della vita dietro le sbarre.

Ritornando dalla regista:

- Il teatro, può prevenire la criminalità?

Il teatro, la prima cosa che fa è proiettare un futuro, un momento immaginario, quindi sì, aiuta a prevenire perché è costantemente in relazione al rapporto causa-effetto.

La cultura non è estranea alla nostra vita, la cultura permette di proiettarci nel futuro come un libro o un film; ci da un insegnamento, un'esperienza di vita.

Nel teatro c'è sempre il compito di dare un prima, una conseguenza e infine un dopo, e l'attore inizia a percepire la realtà con un occhio che guarda sempre a ciò che fa.

Il teatro aiuta molto anche nell'ambito psicofisico, infatti delle persone affette dal morbo di Parkinson durante l'attività sono riuscite ad alzarsi e a camminare. Quindi il teatro mette in relazione emozione, intelletto e corpo.

- Ultima domanda agli attori: Il teatro vi ha aiutato durante e dopo la detenzione?

Fabio Rizzuto risponde che si entra nel carcere con un tipo di mentalità e si esce con tutt'altro tipo e si inizia a dare, dopo la detenzione più importanza agli aspetti più banali e scontati della vita.

In conclusione, il teatro ha aiutato tutti gli attori ex detenuti che ne hanno fatto parte dal punto di vista culturale poiché la maggior parte delle persone che entrano nella detenzione è in condizione di semianalfabetismo, il quale è solo uno delle conseguenze dei percorsi devianti.


04/06/19

Alessia Amodeo 4B