I nuovi arrivati venivano sottoposti ad un periodo di isolamento per prevenire, almeno in teoria, la diffusione nel campo di malattie infettive. Erano adibiti allo scopo, a seconda del bisogno, uno o più blocchi o baracche e persino tende per centinaia di persone.
La quarantena era per i detenuti un'esperienza scioccante: coincideva, di solito, con il periodo in cui apprendevano le norme che regolavano la vita dei lager nazisti, in cui l'SS responsabile del blocco esercitava un potere illimitato, aiutato dai detenuti incaricati, l'anziano del blocco e delle camerate. La rigorosa osservanza dell'ordine del giorno, il brutale risveglio al mattino, ore e ore di esercizi sportivi, l'allineamento sul piazzale dell'appello, l'insegnamento di canzoni e della corretta pronuncia di alcune espressioni tedesche, erano le occupazioni che scandivano le giornate dei segregati. Le pietose condizioni dei locali, il sovraffollamento, la sporcizia, la pressoché inesistente igiene personale e il terrore regnante influenzavano negativamente la psiche dei prigionieri, in particolare di quelli che trascorrevano la quarantena a Birkenau, dove si trovavano le istallazioni dello sterminio di massa.
Anche chi veniva rilasciato doveva, prima di uscire dal campo, sottoporsi ad un periodo di quarantena. Ciò riguardava soprattutto i prigionieri da "educare", essendo ben rari i casi di rilascio fra le altre categorie. Seguivano poi visite di controllo durante le quali ai medici delle SS bastava riscontrare difficoltà motorie, stati ulcerosi, gonfiori, o il sospetto di malattie contagiose, per rifiutare il permesso di rilasciare il lager. Se non sopravveniva un miglioramento, la detenzione veniva prorogata e molti prigionieri non videro mai il giorno della liberazione.
Da “Le condizioni dei prigionieri ad Auschwitz” di Valentina Mearini – liceo San Sepolcro
Un treno di solo andata
Un treno arriva, è carico di bimbi, felici che il viaggio interminabile è finito. E cantano gioiosi giocando nella neve. Sorridendo gli aguzzini li accarezzano, li portano alle docce. Son mille; bimbi ignari, voci bianche, celestiali. In tre ore mille bimbi sono morti. Ricci d'oro in mezzo al fango e nell'aria, i suoni delle risa, i sorrisi dentro al fumo. La morte, sparpagliata a piene mani sopra i corpi martoriati. Sulle teste dei bambini che cantavano. L'uomo, e il pozzo più profondo in cui è caduto. La neve, cade lieve sull'eccidio e non lo copre.
La vastità del campo
Il più grande campo di sterminio della Germania nazista era un'efficiente macchina della morte, studiata nei minimi dettagli. Entrandoci spaventa tutto quell’ordine, ogni cosa è al suo posto, il problema è che ogni cosa è sbagliata.