Quando La Fiat parlava argentino

Una fabbrica italiana e i suoi operai nella Buenos Aires dei militari

(1964-1980)

A seguito di una ricerca pluriennale è uscito per i tipi di Le Monnier: Quando la Fiat parlava argentino. Una fabbrica italiana e i suoi operai nella Buenos Aires dei militari 1964-1980.

🚩Il volume è presente sulle principali piattaforme online: Mondadori store, Ibs.it, Amazon, Libreriauniversitaria.

🚩 E' possibile leggere l'introduzione e l'indice del libro 📚

Questo studio analizza la storia della presenza di Fiat in Argentina attraverso la viva voce dei suoi operai, tecnici e dirigenti facendo ricorso a una documentazione ampiamente inedita. Dall’incrocio tra fonti orali e scritte si articola la storia di una comunità di lavoro in bilico tra dittatura, violenza politica e vita quotidiana.

La storia di Guillermo, che passò vent’anni in catena di montaggio, quella di Diego, che amò la fabbrica come una seconda casa e quella di Francesco, che un giorno non riapparve più tratteggiano il profilo di una grande fabbrica fordista posta ai margini della capitale argentina. Le memorie dei dipendenti, lo sguardo delle forze di polizia, le regole e le discipline dell’impresa compongono una narrazione concentrata sull’esperienza quotidiana di quella comunità. Sullo sfondo della fabbrica si palesa a più momenti la storia dell’Argentina, contraddistinta da cruente dittature e dall’insorgenza armata dei gruppi guerriglieri.

Come è stato possibile che molti operai abbiano accettato una delle dittature più sanguinose della storia dell’America Latina? Che relazione si stabilisce tra consenso e repressione? Attraverso quali strategie la Fiat fece dei propri dipendenti strenui difensori dello status quo? Per quale motivo l’impresa italiana collaborò coi generali?

(dalla quarta di copertina)

«Questo libro dà un contributo cruciale a una storia ancora tutta da raccontare, quella del capitalismo italiano in America Latina, come parte imprescindibile della storia sociale del continente e della storia economica dell’Italia stessa. E lo fa con un metodo innovativo, riconoscendo che la storia di un’impresa non si fa senza la storia dei suoi lavoratori, che la storia dei lavoratori non si fa senza ascoltare le loro parole, e che infine il conflitto sociale all’interno della fabbrica e della società è anche, forse in primo luogo, un conflitto di linguaggi.»

Alessandro Portelli

rassegna stampa

«In questo libro si narra di dirigenti fascisti appoggiati dai lavoratori, di sindacati alleati con padroni e militari, di criminali beatificati dalla chiesa cattolica [...] Una storia che Robertini ricostruisce mettendo insieme, con passione e lucidità, le ricerche in una decina di archivi (tra Torino, Roma e Buenos Aires) con una serie di interviste realizzate con ex operai presenti in quegli anni nella fabbrica di automobili. E sta proprio in questo approccio l'originalità del libro [che studia] l'operaio di base, comune, che accetta, cosciente e paziente, i colpi della repressione, fino ad arrivare non solo al rifiuto delle pratiche conflittuali, ma a un'accettazione culturale della dittatura.»

Giandomenico Curi

«Robertini ha raccolto una enorme mole di materiali, sia sul piano documentale [...] sia sul piano delle testimonianze, intervistando molti operai che hanno vissuto quel periodo storico, con particolare attenzione agli anni del terrore. Ne emerge un quadro complesso e, per certi versi, spiazzante. [...] La Fiat ha esportato in Argentina la filosofia “vallettiana” che ne ispirò le politiche negli anni Cinquanta: dura disciplina e rigida organizzazione gerarchica. A gestire con mano di ferro questa politica un quadro manageriale in cui figuravano (arruolati da Aurelio Peccei, che pure aveva un passato da partigiano!) vari esponenti della diaspora fascista, fuorusciti dall’Italia per non finire ammazzati o in galera. Questo libro, pur partendo da un altro punto di vista, conferma l’ambiguità radicale del peronismo, mostrandocene la faccia più reazionaria [...]. Ma soprattutto smonta la tesi secondo cui la fabbrica fordista sarebbe di per sé l’ambiente ideale per lo sviluppo dell’autonomia e dell’antagonismo di classe.»

Carlo Formenti

«La storia della Fiat in Argentina e della sua comunità operaia è ricostruita da Robertini con tantissime testimonianze orali e scritte.»

«Quando la Fiat parlava argentino aggiunge un capitolo nuovo agli studi sul rapporto tra società e dittatura, e costringe a fare i conti con una storia non riducibile all’immaginario tradizionale che spesso coltiviamo guardando a quegli anni.»

Davide Orecchio

«Robertini racconta della fabbrica Fiat che sorse negli anni Sessanta a El Palomar, sobborgo di Buenos Aires. Una fabbrica fordista, nata per produrre Seicento e dar lavoro a oltre tremila operai. La Fiat Concord si trovò così a doversi barcamenare tra una classe operaia assai poco politicizzata [e pronta ad] appoggiare leader nazionalisti e fascisti. Un caso di realpolitik tutto da studiare, che ci aiuta a svelare pagine poco note di una storia che ci riguarda da vicino, noi qui e ora.»

«Il libro è il risultato di un lungo periodo di ricerca svolto tra Italia e Argentina, consultando giornali d'epoca e raccogliendo testimonianze orali; una ricerca che ha visto lo storico intervistare più di quaranta ex dipendenti della Fiat Concord e far uso della documentazione inedita di più di dieci archivi, tra pubblici e privati, sparsi tra Buenos Aires, Roma e Torino. Una narrazione piacevole anche per i non addetti ai lavori».

«il libro apre una finestra su di un mondo dimenticato che custodisce una grande avventura, un quadro di una storia sociale da riguardare soprattutto oggi che si vanno perdendo troppi diritti dei lavoratori per i quali si è lottato strenuamente [...] Un quadro in cui riemergono scoloriti dal tempo ritmi infernali di lavoro alla catena di montaggio, sfruttamento e controlli».

«Camillo Robertini esplora questa Italia in Argentina, industriale verticale, e si concentra sulla fabbrica Fiat a El Palomar (nell'area di Buenos Aires), vanitosa protagonista del desarrollo e luogo in cui si aggrumavano, e rivelavano, le sue contraddizioni. Alternando le voci degli archivi con quelle dei testimoni, il libro racconta la storia della fabbrica e dei suoi lavoratori: emergono così, tra l'altro, il sostegno delle grandi imprese multinazionali alle dittature militari - e Aurelio Peccei, l'antifascista italiano a capo della Fiat in Argentina, non fa eccezione - e al consenso di ampie parti della classe operaia all'autoritarismo in fabbrica e fuori.»