Kinder Klezmer

Fabio Basile, Roberto Lanciai, Enrico Terragnoli, Claudia Bidoli


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Aprire la 17a Giornata Europea della Cultura Ebraica, nella Sinagoga di via Portici piena di gente e autorità cittadine, con gli intermezzi musicali del Kinder Klezmer Quartet ad alternarsi alla breve ma significativa prolusione del Rabbino Josy Labi sul tema delle Lingue, si è rivelata scelta felicissima e godibilissima.

Non è la prima volta che questo quartetto (quasi un’orchestrina, ci verrebbe da dire, agile e duttile come i musicisti klezmer che si spostavano di villaggio in villaggio nei tempi antichi), un vero «supergruppo» della scena scaligera (e per essere chiari lo diciamo subito: per noi in assoluto la più bella realtà musicale attualmente attiva nella nostra città, senza distinzioni di genere anche perché il Kinder ne tocca più d’uno, almeno jazz, rock, folk, cabaret…) incanta anche chi, magari, non ha dimestichezza con la musica klezmer e i suoi tratti distintivi, in primis quel continuo dialogo tra particolare humour e insopprimibile vena malinconica. E tanto più questa volta in Sinagoga, pur in un concerto ridotto quantitativamente – una mezza dozzina di brani in tutto – ci ha ammaliato bellezza del repertorio a cui il Kinder aderisce con perfetta naturalezza. In virtù di una rara cognizione del materiale di tutti i componenti, della loro elevatissima e ben nota caratura tecnica, della predisposizione alla creatività refrattaria invece al prevedibile o allo scontato, di un comune buon gusto anche nel gioco delle parti.

Fabio Basile alla chitarra elettrica, Roberto Lanciai al sax baritono ed Enrico Terragnoli al banjo, sono, presi singolarmente, altrettanti campioni dei rispettivi strumenti, e insieme vanno a nozze, come perfetta famiglia allargata.

A questo si aggiunge la sempre più luminosa eleganza scenica e interpretativa di Claudia Bidoli, disinvolta sul palco al punto giusto, senza fastidiose esagerazioni ma con evidente personalità, e soprattutto una voce non virtuosistica ma piena di echi, sfumature, sottintesi.

Tutto questo esce splendidamente da Dumbalaika, Dona Dona, El Pato, If I Were a Rich Man, e dalla conclusiva Oyfn Pripetschik, cantata insieme al pubblico (cui era stata distribuita copia del testo), al rabbino, a Don Luca Merlo e a Mansur Giuseppe Baudo, responsabile delle relazioni esterne della Comunità Religiosa Islamica Italiana.

Ovvio l’alto significato di un coro di questo tipo, salutato da grandi applausi.

Beppe Montresor